Cannes al via con l’opera rock di Carax: sontuosa e tediosa

[ad_1]

Sontuoso. Ambizioso. Ma anche sovente tedioso, e non per amore di rima. Cannes affida all’opera rock “Annette” di Léos Carax – cineasta ‘estremo’ di casa venerato o detestato, a seconda, dalla cinefilia corrente – il compito di inaugurare l’anno della rivincita elefantiaca sull’edizione perduta dell’annus terribilis 2020. Per i film francesi in particolare, bloccati in sala d’aspetto per due annate, questa numero 74 è praticamente un’edizione biennale. 

Progetto coltivato e tormentato per sette anni, passando da un produttore all’altro, “Annette” è il primo film di Carax in inglese, nonché il suo primo ‘film cantato’: un monumento visionario allo spartito degli Sparks, Ron e Russell Mael, mitico duo rock losangelino sulla breccia da buon mezzo secolo. Gli attempatelli autori appaiono nella sequenza iniziale. Da un loro concept album ancora inedito il regista di “Holy Motors” è per l’appunto partito, sceneggiando la storia un po’come fece Ken Russell per “Tommy” degli Who.

 

 

L’evento c’è, per tempi di gestazione, scarsa prolificità dell’autore e cast stellare: Adam Driver, oggi al top della classifica hollywoodiana, la ‘numero uno’ di Francia Marion Cotillard e il Simon Heberg consacrato in tv da “The Big Bang Theory’s”. E’ stato necessario ricorrere a una cantante lirica vera per supportare le doti vocali di Cotillard, che dopo la Piaf qui incarna un moderno soprano.

Evento, dunque. Ma “visionario ed enigmatico”, come lo ha definito il Direttore del Festival, Thierry Frémaux? È troppo pretendere che un’opera in cui si canta anche ‘entra pure, dammi il soprabito’ riesca anche ad emozionare ? Colpa mia, forse, che sono poco intrigata  da questa coppia appassionata e tempestosa da jet society : lei star della lirica, lui provocatorio stand-up comedian di quelli che mostrano il fondo schiena a fine spettacolo. Una di quelle love stories glamour da tabloid che si dipanano tra palcoscenico, paparazzi e ville da urlo. 

Tutto si canta, anche il sesso e il parto della pargoletta Annette che  non è una bambina vera ma una marionetta. Non c’è bisogno di essere geni per cogliere la metafora : una creatura trattata come bimba-oggetto. Enigmatico?

Attenzione, non è un musical come “La La Land” che pure aprì clamorosamente la Mostra di Venezia nel 2016 . È oscuro, notturno, tragico nella sostanza come “Dancing in the Dark” di Von Trier ( Palma d’oro a Cannes nel 2000) e di “Les Parapluies de Cherbourg” di Jacques Démy (Grand Prix a Cannes nel 1964), che parlava, coi suoi magnifici colori saturi, della ‘battaglia d’Algeri’. Senza però la valenza rivoluzionaria dell’uno e dell’altro.

Senza spoilerare, quando la carriera di lui va a rotoli si accumulano eventi funesti, finché il ‘cattivo padre’ si ridurrà a sfruttare senza scrupoli la ‘miracolosa’ voce scoperta in Baby Annette, per farne una icona planetaria. Ma Annette, dopotutto, non è la marionetta da manovrare che abbiamo visto fino a questo momento, non c’è solo Pinocchio a conoscere una magica trasformazione, e tutte le colpe dei padri arrivano al pettine…

Henry (Adam Driver) ed Anne (Marion Cotillard) operano praticamente ai due poli dello show business, e il montaggio alternato delle loro performance in scena, nella prima parte del film, è ammaliante. Lo sviluppo del ‘drama’ invece si perde in oceani di note che in capo a due ore e venti ti fanno sentire sopravvissuto (a stento) a un naufragio. Né la velenosa denuncia di un pubblico ottuso, stolido gregge pronto a incensarti e a crocifiggerti secondo l’aria che tira, mi sembra poi così nuova.

Diciamo che questo melodramma contemporaneo- perché tale è- serve soprattutto a misurare la poliedrica statura di Adam Driver, anche coproduttore del film. Lo spilungone di “Star Wars”, di “Hungry Hearts”(Coppa Volpi a Venezia) e di “Storia di un Matrimonio” è un autentico acrobata della recitazione. Uscendo dalla proiezione di “Annette” (che in Italia sarà distribuito da I Wonder Pictures, ma andrà anche su Amazon Prime Video) nessuno intonerà “Guy je t’aime..”come cinquantasette anni fa uscendo da “Les Parapluies de Cherbourg”. Le note degli Sparks sono più ostiche di quelle del grande Michel Legrand. Il perfido Driver, però, sarà difficile dimenticarlo.



[ad_2]

Source link

Lascia un commento