Il sistema universitario nazionale, che lo scorso anno, riorganizzando le attività e rimodulando la didattica, ha contrastato con successo l’onda d’urto dell’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di Covid-19, vede nel complesso rafforzata la propria attrattività nei confronti dei giovani diciannovenni, che, al completamento dell’istruzione secondaria, decidono di proseguire il proprio percorso di studi.

Nell’anno accademico 2020-2021, infatti, la temuta contrazione delle nuove iscrizioni non è avvenuta, probabilmente grazie anche alle misure previste dal decreto Rilancio del 2020, tra cui si annoverano stanziamenti addizionali per il diritto allo studio, l’allargamento della “No tax area” e la riduzione delle tasse per gli studenti dei nuclei familiari appartenenti alle fasce Isee più basse.

È quanto si evince dalla classifica Censis 2021 che vede e, uno degli atenei che migliora nettamente rispetto allo scorso anno, è quello di Cassino: torna ai livelli del 2017 e guadagna nuovamente il podio delle università piccole. Il Censis divide infatti la classifica delle università in: mega, grandi, medie e piccole a seconda del numero di studenti e in ognuna di queste classifiche considera sei fattori: servizi, borse di studio, infrastrutture, comunicazioni, internazionalizzazione e occupabilità.

L’Università di Cassino è inserita nella classifica dei piccoli atenei. Quelli, cioè, tra zero e 10.000 iscritti.
In cima alla classifica c’è sempre Camerino e in chiusura c’è sempre il Molise. L’ateneo di Cassino passa da 80,8 punti totali dello scorso anno a 84,7: un balzo in avanti dal sesto al terzo posto. Migliorano tutti i parametri, in particolar modo quello dell’internazionalizzazione: passa dagli 80 punti dello scorso anno agli 87 di quest’anno. Bene anche per quanto riguarda l’aspetto comunicazione: nel 2019 il punteggio era di 89, l’anno scorso di 91, quest’anno si arriva a 97. Stabile a 70 la voce servizi mentre con il segno “più” è anche il parametro delle borse di studio che passa dagli 84 punti del 2020 agli 88 di quest’anno.
In merito alle infrastrutture, nel 2020 si era registrato il calo di un punto, passando da 84 a 83 punti, quest’anno si sale a 86.

Il vero calo, lo scorso anno, si era registrato sul versante dell’occupabilità: 77 punti contro gli 86 del 2019. Tale parametro non torna ancora ai livelli di due anni anni fa, ma migliora rispetto allo scorso anno e sale a 80 punti. In tal modo l’ateneo di Cassino con 84,7 punti supera Tuscia e Sannio ferme, rispettivamente a 84,4 punti e a 84 punti.

Il rettore Betta non nasconde l’emozione e dice: «Mi fa piacere che cresciamo per quanto riguarda la comunicazione e l’internazionalizzazione perché sono due settori su cui ho investito molto; il settore su cui andiamo peggio, i servizi, è inevitabilmente legato al territorio. In ogni caso resto del parere che le classifiche vanno prese sempre con le pinze, anche quando ci sorridono come in questo caso».

Gli altri atenei
Tra i mega atenei statali (quelli con oltre 40.000 iscritti) nelle prime quattro posizioni si mantengono stabili, rispettivamente, l’Università di Bologna, prima con un punteggio complessivo pari a 91,8, inseguita come gli scorsi anni dall’Università di Padova. L’Università di Perugia mantiene la posizione di vertice della classifica dei grandi atenei statali (da 20.000 a 40.000 iscritti).
L’Università di Trento continua a guidare la classifica dei medi atenei statali (da 10.000 a 20.000 iscritti), con un punteggio complessivo pari a 97,3. La speciale classifica dei Politecnici, guidata anche quest’anno da Milano (con un punteggio di 93,3 punti), vede al secondo posto lo Iuav di Venezia (90,3 punti), e al terzo (ma quasi a pari merito) il Politecnico di Torino (90,2), seguito dal Politecnico di Bari, che chiude la classifica.





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