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Stuart Franklin via Getty Images
Il sogno azzurro continua: sempre più bello, sempre più lucente, sempre più abbagliante. A Monaco abbiamo battuto, 2-1, anche il Belgio: il 6 luglio affronteremo a Wembley la Spagna, che ha superato una tenace e orgogliosa Svizzera, a San Pietroburgo, soltanto ai rigori. È un’Italia che sa giocare bene, lottare, soffrire. Prosegue la splendida favola del nostro gruppo, così unito, così determinato. Nella notte della festa la malinconia per l’infortunio del bravissimo Spinazzola, uscito in barella e in lacrime. Sarà Emerson a sostituirlo a Londra.
Difficile trovare aggettivi, a questo punto, per la nostra nazionale, e possiamo davvero pensare di vincerli, questi Europei. Gli iberici, visti con gli elvetici, sono alla nostra portata. Non abbiamo mai timori e nemmeno tremori, siamo consapevoli della nostra forza e abbiamo tecnica e carattere da vendere.
Roberto Mancini, giunto alla trentaduesima gara consecutiva senza sconfitte, ha costruito una squadra perfetta in ogni reparto: in difesa Donnarumma, l’erede di Buffon senza più dubbio alcuno, è stato superato soltanto su rigore, da un Lukaku che ha conosciuto la grinta di uno stoico Chiellini, Di Lorenzo e Bonucci hanno lottato, con tempra antica, su ogni pallone e Spinazzola, al solito, è stato travolgente sulla fascia sinistra; a centrocampo, elegante la regia di Jorginho, vivaci Verratti e Barella; in attacco Insigne ha fatto il fenomeno, con Chiesa sempre pronto alla giocata ad effetto, mentre Immobile ha mostrato vivido furore, ma non è riuscito a rendersi insidioso nelle conclusioni.
Ci siamo portati In vantaggio con due gol da incorniciare. Il primo (31’) di Nicolò Barella: con un destro nell’angolino; il secondo (44’), in perfetto stile maradoniano, di Lorenzo Insigne: formidabile destro “a giro”. Il Belgio, in campo De Bruyne e non Eden Hazard, ha accorciato le distanze al 47’: fallo di Di Lorenzo su uno scatenato Doku, il migliore dei suoi, e dal dischetto Lukaku non ha fallito. Anche nella ripresa gli azzurri hanno avuto in mano il senso tattico, strategico, emotivo della partita, stringendo poi i denti sugli assalti finali e disperati della formazione belga.
I nostri giocatori, che prima dell’incontro si sono inginocchiati, per solidarietà con gli avversari, meritano davvero un grande, infinito, immenso plauso. Cinque partite, cinque successi. La dimostrazione, ogni volta, di possedere bellezza e concretezza. Nella nostra storia abbiamo conquistato una sola volta questa Coppa: nel 1968, all’Olimpico di Roma, nella finale-bis contro la Jugoslavia, grazie alle reti di Riva, il breriano Rombo di Tuono, e di Anastasi, il centravanti dalla rovesciata proletaria. Adesso è giunto il momento di un nuovo raccolto. Lo spirito è quello giusto. C’è tanta voglia di andare avanti in questo cammino verso la felicità. Ci credono loro, ci crediamo noi.
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