[ad_1]
Quando sabato è stato firmato il documento per l’apertura della procedura di licenziamento di 152 lavoratori, nessuno alla Gianetti Ruote di Ceriano Laghetto ha informato Assolombarda. Eppure l’azienda che produce cerchioni per i mezzi pesanti e per le moto in provincia di Monza e Brianza è un’associata della costola di Confindustria. Al di là della mancata comunicazione con la casa madre, quello che è avvenuto aggiunge un ulteriore elemento di fragilità a quell’avviso comune sottoscritto meno di una settimana fa a palazzo Chigi tra le associazioni delle imprese, i sindacati e il Governo, per anteporre l’utilizzo della cassa integrazione ai licenziamenti. Se la singola azienda agisce all’oscuro dell’associazione che si è fatta carico dell’impegno è evidente che l’avviso comune diventa ancora più difficile da attuare. Di più: di fatto carta straccia.
La decisione di mandare a casa tutti i lavoratori è una mossa che non è piaciuta affatto ai vertici di Assolombarda. Gli operai e gli impiegati sono venuti al corrente della decisione dell’azienda da una mail, l’associazione addirittura dal passaparola che si è generato subito dopo. E così si è ritrovata i sindacati contro, ma soprattutto l’accusa di aver disatteso l’avviso comune. Quell’avviso dice che l’associazione si fa garante dell’impegno delle sue associate a sperimentare tutte le forme alternative al licenziamento, dalla cassa integrazione ai contratti di solidarietà, e di considerare gli esuberi come l’ultima strada. Non è previsto un obbligo perché il Governo ha deciso di eliminare il blocco dei licenziamenti per le grandi imprese, ma è evidente che si sceglie subito la linea più estrema allora quell’impegno non è stato neppure preso in considerazione.
Ora Assolombarda spiega che farà tutto il possibile, nei tavoli di confronto, per cercare una soluzione condivisa “nel rispetto di tutte le parti coinvolte e avendo ben presente l’impegno sottoscritto, lo scorso 29 giugno, con la firma dell’avviso comune con il Governo e i sindacati”. La traduzione di questo posizionamento è la seguente: l’avviso comune ha una valenza, non è un liberi tutti. Non è uno stop dei licenziamenti alla Gianetti, ma la decisione attesta la volontà di sedersi intorno a un tavolo e ragionare insieme all’azienda e ai sindacati.
La presa di posizione di Assolombarda prova a salvare la logica dell’avviso comune, ma il clima della Sala Verde di palazzo Chigi di mercoledì scorso è compromesso. I sindacati temono un effetto domino. “Bisogna evitare che Gianetti Ruote faccia da apripista, occorre fare in modo che resti un caso isolato e che anzi torni indietro”, dice il segretario generale della Uim Rocco Palombella. E la preoccupazione, mista a rabbia, è anche delle altre sigle. Insieme alla Uilm, infatti, si sono mosse anche la Fiom e la Fim-Cisl: insieme hanno chiesto un incontro urgente al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e a quello del Lavoro Andrea Orlando.
L’obiettivo è portare la crisi della Gianetti al tavolo del Mise. Una mossa che mette in evidenza un’altra falla dell’avviso comune e cioè il rischio di un diverso grado di tutela dei lavoratori. Formalmente l’avviso vale per tutti, ma a livello locale un’iniziativa autonoma come quella del management della Gianetti rischia di essere più frequente se i riflettori non si accendono. Insomma il rischio è quello di trovarsi di fronte a crisi di serie A e a crisi di serie B. Vale per la visibilità della crisi stessa, ma anche per le dimensioni dell’impresa. Una crisi di una piccola realtà, che non arriva al tavolo del Mise, può diventare più complessa da risolvere se l’azienda ha più facilità a disattendere all’avviso comune.
Al tavolo del Governo ci arriva anche Whirlpool. Martedì pomeriggio è previsto un incontro al Mise tra la sottosegretaria Alessandra Todde, i rappresentanti dell’azienda e i sindacati. La vigilia è carica di ottimismo sia sul fronte del Governo che su quello di Fiom, Fim e Uilm: ci sono buone probabilità che l’azienda decida di usufruire di tredici settimane aggiuntive di cassa integrazione invece che fare andare avanti la procedura per la chiusura dello stabilimento di Napoli che lascerebbe a casa 350 lavoratori.
Il management italiano è favorevole alla richiesta di una nuova tranche di ammortizzatori, in linea con lo spirito dell’avviso comune, mentre il board americano preme per chiudere definitivamente l’esperienza. Al di là dell’esito del tavolo, è evidente che il percorso per far rispettare l’avviso comune è più ordinato, più visibile anche a livello mediatico, più importante anche per i partiti che su Whirlpool hanno sempre fatto promesse. Tre mesi in più di cassa integrazione aiuterebbero anche loro. Poi però bisogna costruire una soluzione per il futuro dello stabilimento. Tre mesi possono essere decisivi, ma anche certificare una lenta agonia se non si trova qualcuno disponibile a investire a Napoli. Ma questa è una questione più ampia. Già partire dal rispetto degli impegni presi, per le imprese e per i sindacati, sarebbe un buon punto di partenza.
[ad_2]
Source link