Sono ore concitate queste per Haider Rashid, che con il suo nuovo film è al Festival di Cannes: Europa (questo il titolo), potentissimo e viscerale, è stato selezionato nella prestigiosa sezione «Quinzaine des Réalisateurs» ed è stato proiettato in anteprima mondiale il 14 luglio, vincendo il “Beatrice Sartori Award”, premio della critica indipendente. Il talentuoso regista fiorentino (classe 1985, padre iracheno e madre italiana), continua la proprio personale ricerca: i suoi lavori hanno affrontato spesso il tema dell’identità, concentrandosi sulle migrazioni e sulle seconde generazioni. Il suo precedente Sta per piovere (2013) è stato il primo film italiano ad affrontare la questione dello Ius Soli, mentre No Borders (2016) è stato il primo documentario italiano a essere realizzato in Virtual Reality.


Europa, le cui riprese sono durate appena 18 giorni, affronta di petto la tragedia epocale dell’arrivo dei migranti nel Vecchio Continente, un «mercato» gestito da organizzazioni criminali che operano in complicità con forze di polizia di frontiera e ufficiali governativi di alto rango. I migranti, in cerca di sicurezza e dignità, vengono abusati da questi rappresentanti della legge che li assoggettano a violenze e intimidazioni, respingendoli oltre i confini europei. Le foreste lungo questi confini vengono anche pattugliate da gruppi organizzati di civili nazionalisti che si definiscono «Cacciatori di Migranti». Kamal, un giovane iracheno che sta entrando in Europa a piedi attraverso la frontiera tra Turchia e Bulgaria, lungo la cosiddetta rotta balcanica, viene respinto insieme ad altri migranti dalla polizia di frontiera bulgara. Alcuni di loro vengono uccisi, altri catturati, ma lui riesce a scappare. Sebbene ferito, cercherà una possibile via d’uscita in una grande foresta, in un mondo ferino dove le regole e la legge non esistono.

«L’idea è nata leggendo delle esperienze di vita reale dei migranti che attraversano il confine tra Turchia e Bulgaria e dalle conversazioni che ne sono seguite con varie persone — ci spiega Rashid — La Bulgaria è il paese in cui mio padre si è recato quando è scappato dall’Iraq alla volta dell’Europa nel 1978. Sebbene il suo viaggio sia stato diverso da quello che intraprende il protagonista del film, in qualche modo mi è sembrato ancora più importante raccontare questa storia. La mia volontà era di evitare qualsiasi tipo di retorica e pietismo e di concentrarmi sul personaggio, sia narrativamente che in termini di rapporto con la cinepresa. Volevo che il pubblico conoscesse sufficientemente il protagonista per provare empatia nei suoi confronti, ma non troppo, così che questa fosse non solo la storia di una persona, ma dei tanti che hanno vissuto questa orribile esperienza, a volte senza farcela».

«Quando il progetto è partito — continua — abbiamo effettuato sopralluoghi in Bulgaria e ho potuto incontrare sul campo migranti, ex funzionari pubblici, e avvocati per i diritti umani, visitando anche la foresta e l’area che sono il teatro della storia. In questa fase del progetto sono emersi lati ancora più oscuri e raccapriccianti della questione migratoria e il film si è evoluto. Il livello altissimo di corruzione ci ha fatto capire come il traffico di migranti sia ancora più redditizio di quello della droga. Tanto a farlo sono le stesse persone. Era necessario portare la vicenda del film sotto questa luce».

Europa è un film impensabile senza la performance del suo protagonista e lo sguardo morale della cinepresa e come in No Borders l’approccio sul personaggio è molto immersivo: «Per quanto riguarda la parte principale, quella di Kamal, l’obiettivo era di trovare un attore che potesse comprendere il senso di perdita e spaesamento che volevo rappresentare a livello emotivo — spiega ancora Rashid — La scelta è caduta su Adam Ali, il cui volto ricordava quello degli attori del cinema muto, che riuscivano a rappresentare una storia solo con l’espressività. Ha spesso dovuto affrontare sfide fisiche ed emotive notevoli durante le riprese, senza far mai uso di controfigure».

Le riprese nel luglio 2019 in Toscana, in un bosco selvaggio chiamato Alpe della Luna, vicino ad Arezzo: «I sopralluoghi sono durati svariate settimane, poiché era importante trovare un luogo che corrispondesse alla foresta originale bulgara e quello dell’Alpe della Luna si è rivelato identico in termini di terreno, alberi e piante. La natura selvaggia e il realismo sono stati privilegiati rispetto alla praticità logistica, perché le situazioni estreme sono quelle più vicine alle realtà che abbiamo cercato di raccontare. Voglio che il film sia per lo spettatore un’esperienza fisica, anche dal punto di vista del suono. Se non si lavora sul contrasto è difficile per il pubblico avvicinarsi alla vicenda di uno sconosciuto e sentirla come vicina. Invece Europa è un film pensato e fatto per porsi delle domande. Tutto quello che si vede è successo nella realtà, continua a succedere, non solo al confine tra Turchia e Bulgaria o Grecia, ma anche nel Mediterraneo, nel mare tra Libia e Italia con la guardia costiera libica, o al confine tra Italia e Francia con i neofascisti che vanno a caccia di migranti, grazie anche a un clima di odio profondo fomentato dalla politica. E temo che succederà ancora, finché le istituzioni nazionali ed europee continueranno a voltarsi dall’altra parte. Il titolo, Europa, è anche una chiamata alla responsabilità».

16 luglio 2021 | 19:39

© RIPRODUZIONE RISERVATA





Source link

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here