Una giungla alle porte della città nell’area dell’ex dispensario di viale Napoli. Una situazione di degrado assoluto denunciata più volte alla Asl di Frosinone, proprietaria dello storico e abbandonato stabile, da parte dei residenti. Proteste che, tuttavia, non hanno sortito alcun effetto. Lo spettacolo che si para innanzi agli occhi è davvero deprimente: presenza di colonie di ratti, serpenti, nonché emerge una problematica di carattere igienico-sanitaria, senza dimenticare il pericolo d’incendio a causa della folta vegetazione incolta, altae secca. È abbandonato da decenni.
Dall’alto scruta una buona parte della vecchia Frosinone. E resiste.

Nonostante le intemperie, la totale assenza di manutenzione e i tante volte annunciati progetti di ristrutturazione mai andati in porto. Doveva essere riconvertito in centro diurno, comunità terapeutica perdisagiati psichicie ancora centro per bambini e perfino sede dell’Accademia di Belle arti. Alla fine non se n’è fatto nulla. Il vecchio dispensario di viale Napoli è ancora lì. Come detto è di proprietà dell’Asl e il suo valore di mercato è di mezzo milione di euro.

Ha funzionato dagli anni Trenta fino agli anni Ottanta. Dopodiché è iniziato un lento e progressivo declino. Il dispensario è costruito sul vecchio cimitero napoleonico. È caratterizzato da una serie di corpi avanzati e arretrati che si alternano su quattro lati.
Facciata monumentale con l’ingresso sul corpo centrale. I lavori sono iniziati il 18 maggio 1932 e l’inaugurazione c’è stata il 28 ottobre 1933. Il 15 gennaio 1934, dall’impresa Cerullo, sono state completate le rifiniture.

Anche se l’architetto progettista non è Giovanni Jacobucci, in base a delle lettere del 1933 indirizzate a Carmine Moscati, direttore dei lavori e capo ufficio tecnico dell’amministra zione provinciale, si evince che ne ha curato i disegni per le decorazioni. Negli anni la struttura è stata utilizzata anche per le vaccinazioni e i raggi. Poi l’abbandono e l’incuria. L’esterno è circondato dalla vegetazione, ma è anche l’interno che grida vendetta. Dentro il tempo sembra si sia fermato, chili e chili di lastre, cartelle cliniche e cumuli di carta con le schede dei malati. Una montagna di documentazione da cui si potrebbe fare la storia della provincia.





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