La variante Delta del virus è l’osservata speciale. L’obiettivo, con il sequenziamento di tutti i tamponi molecolari positivi, è quello di isolare nel minor tempo possibile eventuali focolai ed evitare che il contagio si diffonda. Contagio targato Delta dunque, parola di esperti, con una capacità di infettare di gran lunga superiore alla attuale variante Alfa, già nota come inglese, ad oggi prevalente anche nella nostra provincia.
La fortuna, se così si può dire, è che il numero dei nuovi contagi, ovviamente in rapporto ai tamponi eseguiti, è molto contenuto. Ieri i positivi erano 9 e, anche nella peggiore delle ipotesi in cui la Delta fosse predominante, avremmo nove persone infettate con il virus variato. Non siamo, però, ancora a percentuali così elevate. Tuttavia in quattro giorni, da inizio mese a ieri, sono saliti da nove a quattordici i comuni bresciani in cui è stata riscontrata la presenza della Delta tra le persone positive al SarsCov2.
«La variante Delta è più infettiva, anche della variante Alfa, la cosiddetta inglese, e replica tantissimo selezionando le parti migliori di sè. Servono accortezze per fare in modo di non lasciare libero il virus SarsCov2 di replicare: se saremo attentissimi a mantenere le distanze e a vaccinarci il più possibile, il tempo di prevalenza della Delta sarà molto diluito. Se invece il virus comincia a circolare, al massimo entro tre mesi ci sarà una recrudescenza e sarà solo Delta» afferma il virologo Carlo Federico Perno, direttore della Microbiologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.
«Due – aggiunge lo specialista – sono le variabili che ci aiutano a capire che autunno sarà sul fronte dell’andamento dell’epidemia da Covid-19. Da un lato, i comportamenti, con il mantenimento delle distanze e le pratiche di igiene che non devono essere abbandonate così da mettere il virus nell’angolo. Dall’altro, le vaccinazioni anche negli altri Paesi, dal momento che nella maggior parte delle aree solo l’1% è stato vaccinato, spesso con farmaci la cui efficacia non è stata ben dimostrata. Visto che viviamo in un villaggio globale, anche se noi teniamo un comportamento inappuntabile e ineccepibile, ma nel resto del mondo il virus continua a circolare, esso replica e genera varianti, magari più pericolose di quelle attuali». «Ricordiamo – sottolinea il virologo – che le varianti erano chiamate inglese, indiana, brasiliana e sudafricana: nulla si è sviluppato vicino a noi anche se tutte circolano in Italia e la Delta sta lentamente prendendo il sopravvento».
Il ministero della Salute: «Ad oggi non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi o rendano i vaccini attualmente impiegati meno efficaci. Sono in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l’impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati».
«Due – aggiunge lo specialista – sono le variabili che ci aiutano a capire che autunno sarà sul fronte dell’andamento dell’epidemia da Covid-19. Da un lato, i comportamenti, con il mantenimento delle distanze e le pratiche di igiene che non devono essere abbandonate così da mettere il virus nell’angolo. Dall’altro, le vaccinazioni anche negli altri Paesi, dal momento che nella maggior parte delle aree solo l’1% è stato vaccinato, spesso con farmaci la cui efficacia non è stata ben dimostrata. Visto che viviamo in un villaggio globale, anche se noi teniamo un comportamento inappuntabile e ineccepibile, ma nel resto del mondo il virus continua a circolare, esso replica e genera varianti, magari più pericolose di quelle attuali». «Ricordiamo – sottolinea il virologo – che le varianti erano chiamate inglese, indiana, brasiliana e sudafricana: nulla si è sviluppato vicino a noi anche se tutte circolano in Italia e la Delta sta lentamente prendendo il sopravvento».
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Redazione