Il decreto del presidente del tribunale vaticano che ha disposto la citazione a giudizio degli imputati nell’ambito della vicenda legata agli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra è dei giorni scorsi. E a processo, accanto al cardinale Becciu e altri monsignori e finanzieri c’è anche l’aquinate Tommaso Di Ruzza, in qualità di responsabile dell’organismo della Santa Sede per la lotta al riciclaggio, l’Aif, ora Asif – Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria – l’istituzione competente della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano «per la supervisione (vigilanza e regolamentazione) ai fini del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo e per l’informazione (intelligence) finanziaria».
L’inchiesta è proprio quella denominata “Sloane Avenue”, aperta sugli investimenti finanziari della segreteria di Stato a Londra. Segreteria che ha annunciato di volersi costituire parte civile con l’avvocato Paola Severino.
La richiesta di citazione a giudizio è stata presentata nei giorni scorsi dall’Ufficio del Promotore di Giustizia, nelle persone del promotore Gian Piero Milano, dell’aggiunto Alessandro Diddi e dell’applicato Gianluca Perone e riguarda personale ecclesiastico e laico della Segreteria di Stato e figure apicali dell’allora Aif, nonché personaggi esterni, attivi nel mondo della finanza internazionale. Contattato sul caso il primo cittadino di Aquino, Libero Mazzaroppi, ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.
La genesi
«Le indagini partono nel 2019 su denuncia dell’Istituto per le Opere di Religione e dell’Ufficio del Revisore generale, in piena sinergia tra l’Ufficio del Promotore e la sezione di polizia giudiziaria del Corpo della Gendarmeria» fanno sapere dalla Santa Sede. «Le attività istruttorie sono state compiute in stretta e proficua collaborazione con la Procura di Roma e con il Nucleo di Polizia economico-finanziaria e Gicef della Guardia di Finanza di Roma. Apprezzabile anche la cooperazione con le Procure di Milano, Bari, Trento, Cagliari e Sassari e le rispettive sezioni di polizia giudiziaria» continuano dalla sala stampa vaticana. Le attività istruttorie, svolte anche con commissioni rogatoriali in numerosi altri Paesi stranieri (Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo Slovenia, Svizzera), avrebbero consentito di portare alla luce una «vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che avrebbero generato consistenti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse, destinate alle opere di carità personale del Santo Padre».
Le contestazioni
I reati contestati ai dieci indagati e a quattro società vanno dalla truffa all’estorsione. Nel dettaglio all’aquinate Tommaso Di Ruzza viene chiesto conto di un’ipotesi di peculato, abuso d’ufficio e violazione del segreto d’ufficio.
Nell’inchiesta – lunga e complessa – secondo quanto si apprende da fonti vaticane, ci sarebbe proprio un capitolo dedicato all’ex Aif, con i fari puntati sul suo presidente di allora René Brülhart e dell’ex direttore Tommaso Di Ruzza: secondo i magistrati l’Aif avrebbe «trascurato le anomalie delle operazioni di Londra». E Di Ruzza, sempre in base al quadro accusatorio, avrebbe operato «come una sorta di consulente della Segreteria di Stato» con una «funzione decisiva nel processo di liquidazione».
Accuse, ovviamente, tutte da dimostrare.
Il cardinale Angelo Becciu, che inizialmente non era stato interessato dall’inchiesta, ha dichiarato alle agenzie: «Dimostrerò la mia innocenza: su di me una gogna mediatica». Tra una ventina di giorni gli imputati potranno farlo nelle sedi opportune.
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