Mariano Sabatini ha espresso la sua creatività su più fronti, ha scritto per quotidiani e periodici, firmato programmi televisivi, ideato e condotto rubriche radiofoniche. Dopo aver pubblicato diversi saggi nel 2016 è uscito il suo primo romanzo L’inganno dell’ippocastano (Premio Flaiano e Premio Romiti Opera Prima), seguito nel 2018 da Primo venne Caino.
Sabatini, ormai lontano dal mondo televisivo nel quale non si riconosce più, da qualche settimana è fuori con Scrivere è l’infinito (Vallecchi, pagine 205 euro 14), testo dove rivela i metodi, i rituali, le manie dei grandi narratori. Più di cento testimonianze raccolte in quindici anni, una summa di incontri e dialoghi che permettono al lettore di entrare nelle case e nelle menti delle penne più autorevoli, carpendone segreti e abitudini. Nella schiera dei nomi spiccano Michael Cunninghan, Jeffery Deaver, Joe R. Lansdale, Lawrence Block, Amitav Gosh, ma anche autori nostrani come Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Gianrico Carofiglio, Lidia Ravera, Paolo di Paolo, Romana Petri e Licia Troisi. Alla base dell’opera l’annosa questione se scrittori si nasca o si diventi, domanda più che mai attuale dato che ogni giorno spunta una nuova scuola pronta a lucrare su sogni e illusioni.
C’è chi confessa di amare scrivere in terrazza in estate bagnandosi di continuo col tubo usato per innaffiare le piante; chi lo fa con i nipoti che gli giocano intorno e l’immancabile birra; chi rende meglio se costretto a produrre in un tempo circoscritto, sgranocchiando cioccolata e sorseggiando caffè americano; chi prima di iniziare ha bisogno di ascoltare musica al buio. C’è poi chi dopo aver consegnato un manoscritto si premia regalandosi un viaggio o chi ritualmente, quando il libro è in prime bozze, brucia ogni traccia originaria del testo che i lettori avranno tra le mani.
Di certo l’applicazione e la pratica della scrittura sono importanti, ma ancor di più lo è leggere. Sabatini stesso, che da piccolo rubava i libri da casa degli amici, crede infatti si nasca con la fame di storie e che solo dopo aver letto moltissimo si possa cominciare a scrivere in autonomia.
Ma scrivere non è per tutti, decidere di farlo vuol dire condannarsi, assoggettarsi a quell’impeto che prima o poi prenderà il sopravvento dissolvendo ogni riferimento. E chi è pronto a naufragare nella fragilità e nell’indeterminatezza? Chi autonomamente abbandona la rassicurante stabilità per lanciarsi in un mondo, quello editoriale, che tra ombre, tranelli, dinamiche commerciali e circhi relazionali regala solo ad alcuni ciò che meritano? Questo libro è un omaggio a quegli sconsiderati che ci hanno provato e ci sono riusciti, che troneggiano sulle vittime delle proprie illusioni, le stesse che loro hanno trasformato in realtà. Un omaggio alla scrittura, al suo tendere e regnare sull’infinito possibile, al suo regalar sembianze nuove a persone imperfette e mutevoli, che nelle parole trovano sollievo e consapevolezza, gli stessi che donano al mondo coi loro scritti.
© Riproduzione riservata