Matteo Biatta via ZUMAPRESS.com
Partiamo dall’inizio, perché qui, si dice in redazione, ci vuole proprio un articolo su “cattolici e Pd”. Beh, insomma, il cardinal Bassetti, capo della Cei, dichiara, e non con il tono della crociata, che per carità, senza alcuna “ingerenza”, ma “senza mettere in discussione la laicità dello Stato è auspicabile qualche modifica al ddl Zan”. E poi monsignor Paglia, presidente dell’Accademia Pontificia”, un po’ più duro, sostiene che il testo, così come è, assomiglia “più a un manifesto che a una legge”. Il cronista, che ricorda bene le barricate erette ai tempi di Riuni sulle unioni civili, nota la differenza con allora. E avverte come sia un po’ curioso che, a fronte di una richiesta di interlocuzione, che evidentemente è rivolta al Pd più che a questa destra, le barricate le abbia erette proprio il segretario cattolico, colui il quale, quando uscì da palazzo Chigi, incassò la solidarietà dei gesuiti e del mondo cattolico.
E allora il cronista prova a cercare quei cattolici adulti che, allora, si confrontarono con l’ostilità delle gerarchie, la cui presa sui partiti non era così fluida come nella Chiesa di Bergoglio, che ha fissato una certa distanza rispetto allo Stato italiano, confidando nella stabilità incarnata da Mattarella, ma evitando di dare l’idea di un canale privilegiato con questo o quell’interlocutore politico. Anche il premier, e nulla è un caso nella simbologia d’Oltretevere, è stato ricevuto in forma privata.
Ebbene, in parecchi rispondono che “sono in religioso silenzio” e preferiscono non parlare. La ragione è che “Enrico non lo riconosco più, ed è meglio non fare polemiche”. E questa è di per sé una notizia, che rivela un certo disagio per come viene gestito il passaggio: “Il clima non è ostile, non a caso quella nota verbale del Vaticano era riservata, c’è la necessità di un dialogo e di sintesi, ed è il Pd quello che si arrocca. Roba da matti”.
Tra una chiacchiera e un’altra, si apprende che la battuta più fulminante l’ha fatta il mite Lorenzo Guerini: “Vabbè che ci siamo scordati De Gasperi, ma ricordiamoci almeno Togliatti”. Perché una volta la “questione cattolica” la sinistra ce l’aveva ben presente: la necessità di non spaccare il paese su questi temi, la ricerca del compromesso possibile nelle condizioni date, eccetera eccetera. Dicono che Letta, in fondo, l’obiezione la comprende e la condivide, però il tema è tutto politico, “è che in Parlamento c’è Salvini, non Parolin”: cioè il problema è che tutte queste “aperture” sono finte e hanno solo l’obiettivo di rimandare la legge modificata alla Camera, e di affossarla. E per questo non ha intenzione di rinunciare a quella che Dario Franceschini chiama la “roulette russa” del voto segreto.
Proprio la metamorfosi di Letta è oggetto di un florilegio di interpretazioni, che oscillano dalla tesi politica della “tattica”, a quella personale del “conto aperto” con Renzi, a quella della mutazione antropologica del moderato tornato da Parigi in versione gauchiste, al punto da sentire il bisogno, ospite di In Onda, di rivelare una lontana parentela con Antonio Gramsci dopo aver acquisito la sua fama di mediatore anche in quanto nipote di “zio Gianni”.
Beppe Fioroni, cui non fa difetto la franchezza, racconta di essere molto sorpreso: “Il mio amico Enrico si deve porre una questione di fondo, perché il Pd è nato come partito di centrosinistra per unire quelle culture che il Novecento aveva diviso e per non far sentire nessuno ospite sgradito. Ed è più povero se alcune di queste culture vengono inaridite”. E prosegue: “Sarà che non sono mai stato renziano, ma non sono ossessionato da chi evoca Renzi, sono ossessionato dal fatto che su questi temi è necessario il confronto per una legge più avanzata, che non affermi il prevalere di diritti dell’uno su quelli dell’altro, ma una pluralità che deve essere armonica e fruibile per tutti”.
Vivaddio, almeno uno che parla chiaro, forse perché, non essendo più in Parlamento, non è ossessionato nemmeno dalla ricandidatura. Quelli ossessionati dalla ricandidatura sono affaccendati in un tentativo discreto di pressing sul segretario per evitare la roulette del voto segreto e accogliere qualche emendamento di Renzi, ma non di Salvini. Morale della favola, la questione cattolica c’è ancora, perché c’è nel paese, ma non si riesce più a raccontarla come una volta, capisci solo che c’è un muro, ora che la Chiesa li ha fatti cadere.