Trump porta i giganti dei social in tribunale

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Facebook, Twitter e Google: Donald Trump porta i giganti dei social media in tribunale dopo il ban dalle piattaforme. L’ex presidente degli Stati Uniti d’America, infatti, è tornato al contrattacco citando in giudizio i colossi statunitensi del settore Internet che hanno prima censurato e poi bannato l’account del tycoon newyorkese dopo la rivolta di Capitol Hill.

Trump porta in tribunale Facebook, Twitter e Google ed i rispettivi amministratori delegati

In particolare, nell’intentare tre cause separate contro Facebook, contro Twitter e contro Google, Donald Trump chiede non solo il ripristino dei suoi account. Ma pure un risarcimento danni.

Citando la difesa del Primo Emendamento, Donald Trump mercoledì scorso, durante una conferenza stampa, ha reso noto che, nell’avviare le tre cause separate contro i tre giganti dei social media, si è rivolto alla corte federale in Florida.

Con un’azione legale con cui, tra l’altro, non cita in giudizio solo Facebook, Twitter e Alphabet, che è la controllante di Google. Ma anche i rispettivi amministratori delegati. Ovverosia, Mark Zuckerberg, Jack Dorsey e Sundar Pichai.

Donald Trump ha incaricato un team di avvocati affinché sia fatta giustizia

Per le tre cause intentate ai tre giganti dei social media, Donald Trump sarà assistito da un team di avvocati. Un team che è capeggiato da John P. Coale, già noto per altre cause che hanno visto citate in giudizio le multinazionali del tabacco.

Gli avvocati di Trump sono certi di vincere le tre cause. Con l’ex presidente degli Stati Uniti che, nel corso della conferenza stampa, ha posto l’accento su un fatto. Ovverosia, a suo dire, quello che i social hanno fatto a lui può essere fatto a chiunque.

Attualmente Donald Trump non può pubblicare nuovi video dal suo account sul portale video di Google YouTube. Così come non può accedere a Twitter in quanto la società omonima ha bandito permanentemente il suo profilo. Mentre Facebook ha sospeso Donald Trump dal social per un periodo pari ad almeno due anni. Riservandosi poi di riattivare l’account di Donald Trump se e solo se il rischio per la sicurezza pubblica sarà diminuito.

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