ANCONA – Il 24 ottobre del 2023 uccise la moglie con 43 coltellate. La Corte d’Assise oggi ha condannato all’ergastolo Franco Panariello. Il 56enne, originario di Torre del Greco, ha compiuto il feminicidio a Cerreto d’Esi, dove viveva ormai da anni con la sua famiglia anche se si stava separando dalla vittima. La sentenza è arrivata dopo due ore di camera di consiglio, letta dal giudice Roberto Evangelisti che presiedeva la Corte composta anche dalla giuria popolare. Il carcere a vita per Panariello è stato deciso sulla base di diverse accuse: omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e dalla minorata difesa, per l’orario notturo in cui si consumò, per l’utilizzo dell’arma e per aver violato il divieto di avvicinamento alla vittima. L’imputato infatti aveva il braccialetto elettronico, dopo una denuncia per maltrattamenti che la moglie gli aveva fatto (per quel procedimento è stato condannato a 5 anni lo scorso ottobre), ma quel giorno il dispositivo non suonò quando entrò in casa della moglie. Il braccialetto si sarebbe scaricato o Panariello non lo aveva messo in carica. Un particolare che non è stato mai debitamente chiarito nel processo. La richiesta di una condanna all’ergastolo è stata avanzata anche nella requisitoria del pubblico ministero Paolo Gubinelli che ha osservato come il femminicidio compiuto «non è stato un delitto d’impeto perché non c’è stata nessuna discussione tra il marito e la vittima, quella sera». La Procura non ha ravvisato nemmeno la premeditazione parlando piuttosto di un eccesso di violenza «overkilling» per le 43 coltellate.
La Corte ha condannato l’imputato a risarcire anche le parti civili che si sono costituite nel processo, i due figli di Marrocco (60mila euro di provvisionale ciascuno) e la sorella della vittima (20mila euro) rappresentati dagli avvocati Andrea Nobili e Giuseppe Villa. L’avvocato di Panariello, Ruggero Benvenuto, ad udienza tolta ha voluto denunciare un fatto grave. «Un parente dei familiari di Marrocco mi si è avvicinato – ha detto il legale – e mi ha minacciato dicendomi “abbi paura perché io t’accido”, in dialetto napoletano. E’ un fatto grave, mi riservo di sporgere denuncia». Questo sarebbe accaduto a processo finito con la Corte già uscita dall’aula. La difesa ha preannunciato il ricorso in appello per la sentenza di ergastolo «perché non sono state valutate appieno la confessione e la condotta nella collaborazione processuale del mio assistito».
www.anconatoday.it è stato pubblicato il 2024-12-17 20:36:23 da
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