Bomba contro un palazzo: a San Pietro Vernotico torna la paura


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SAN PIETRO VERNOTICO – Il boato ha squarciato il silenzio della notte tra martedì e mercoledì a San Pietro Vernotico, facendo piombare di nuovo nella paura i residenti delle palazzine di edilizia residenziale pubblica ad angolo tra via Leopardi e via Melli. Un ordigno è stato fatto esplodere davanti al portone d’ingresso attorno all’una.

La deflagrazione ha divelto il portone e causato danni anche alla muratura. Fortunatamente non ci sono stati feriti. Sul posto sono interventi i vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi e i carabinieri della stazione di San Pietro Vernotico, assieme ai militari del Norm e della compagnia di Brindisi.

Di certo c’è che per confezionare l’ordigno è stato usato un petardo di grandi dimensioni. Le domande a questo punto sono principalmente due: chi lo ha fatto esplodere e per quale motivo?

Per risalire agli autori e definire il movente, gli uomini dell’Arma hanno iniziato a visionare le immagini registrate dalle telecamere dei sistemi di videosorveglianza della zona e hanno avviato l’ascolto di alcuni residenti. C’è chi sostiene di aver sentito poco prima del boato, il rombo di una moto in fase di accelerazione.

Fra i residenti, c’è un sanpietrano tornato a essere libero da quasi un anno, dopo aver scontato il conto con la giustizia, pagando per una condanna inflitta per associazione di stampo mafioso. Si tratterebbe di un uomo, il cui nome di recente è stato fatto da un collaboratore di giustizia ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, nella descrizione delle attività di natura illecita. Il verbale sarebbe confluito tra gli atti dell’inchiesta della Dda, coordinata dalla pm Carmen Ruggiero, sfociata il 22 luglio scorso nell’esecuzione di cinque fermi da parte dei carabinieri, poi convalidati dal gip nell’ambito delle indagini sulla scia di intimidazioni avvenute tra ottobre 2022 e febbraio 2023 ai danni di commercianti.

Non è escluso che l’esplosione dell’ordigno sia stata una ritorsione dopo quei provvedimenti. Possibile anche che sia stato un segnale di un assestamento tra gruppi criminali in seguito all’inchiesta, per dare dimostrazione con la forza di chi ha preso le redini sul territorio. Le indagini restano alla procura di Brindisi che nelle prossime ore valuterà se trasmettere la prima informativa di reato alla Dda di Lecce.

Il gruppo ricostruito dalla Direzione distrettuale antimafia salentina, così come confermato di recente dal Tribunale del Riesame, sarebbe stato di stampo mafioso e riconducibile a Cristian Tarantino, 36 anni, di San Pietro. Secondo l’accusa, anche se ristretto nel carcere abruzzese di Sulmona, Tarantino avrebbe impartito direttive usando i social network dopo essere riuscito a procurarsi un computer con connessione internet e un telefono con scheda Sim. Per il tribunale del Riesame, alla luce di alcune intercettazioni, il gruppo stava progettando altre azioni di carattere intimidatorio, a scopo estorsivo, ai danni di commercianti di San Pietro, dopo quelle iniziali nei confronti del nuovo compagno della ex moglie di Tarantino.

Per recidere i contatti con l’esterno, la Dda ha ottenuto l’applicazione del regime del 41 bis per Tarantino, che nelle ultime settimane è stato trasferito nel carcere di Sassari, dove ci sono altri detenuti al carcere duro.




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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-09-26 09:35:54 da

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