Sant’Agata, Katia Sartori prosciolta dall’accusa di minacce

Katia Sartori, ex presidente della Pubblica Assistenza Sant’Agata, nella mattinata del 13 settembre è stata prosciolta dall’accusa di minacce nei confronti di un ex dipendente dell’associazione che l’aveva querelata dopo aver ricevuto alcuni sms ritenuti appunto minacciosi. Con lei era stato denunciato – con la medesima accusa – un altro membro della Sant’Agata (difeso dall’avvocato Marco Malvicini): per lui e Sartori il giudice Ivan Borasi, al termine dell’udienza predibattimentale, ha pronunciato una sentenza di non luogo a procedere in ragione del ritiro della querela di chi denunciò all’epoca.

Il procedimento chiuso il 13 settembre deriva dall’indagine più grossa della guardia di finanza, coordinata dalla procura, che aveva portato all’emissione di una misura di cautelare ai domiciliari nei confronti di Sartori per peculato e falso, è accusata (insieme all’ex vicepresidente) di aver utilizzato i fondi della Sant’Agata per scopi personali. Rinviata a giudizio nei mesi scorsi, Sartori ha scelto di andare a dibattimento certa di poter dimostrare la propria innocenza, come è accaduto in questo caso.

Sartori, il 3 dicembre 2021, due mesi dopo l’indagine per peculato e falso, finì di nuovo ai domiciliari e ci rimase due mesi a causa della denuncia per minacce. I messaggi sarebbero stati inviati dal volontario accusato con lei, ma la mandante fu ritenuta Sartori stessa: entrambi hanno sempre respinto le accuse. 

Il 13 settembre la sentenza di non luogo a procedere. I legali di Sartori, Eolo Alessandro e Antonio Ingroia hanno fatto sapere che chiederanno la riparazione del danno per ingiusta detenzione: «Quell’accusa le costò l’arresto e la detenzione preventiva di ben due mesi». Dal canto suo Sartori afferma: «Mi hanno chiesto di patteggiare e ho rifiutato così come non ho accettato un accordo stragiudiziale. Volevo che un giudice constatasse che non avevo assolutamente fatto nulla e che il provvedimento era ingiusto. Quei due mesi di arresti domiciliari sono stati terribili. Non ho voluto né ho accettato di percorrere strade più brevi e sicuramente più facili, ma di certo non giuste. Ero convinta di dimostrare la mia innocenza e così è stato, e sono altrettanto fiduciosa anche per l’altro processo: «Non ho mai sottratto un euro dalle casse della Sant’Agata».