28 imputati per centinaia di furti


Furti come se piovesse. Commessi anche più volte in un giorno. Insomma, una specie di “lavoro”. E’ quanto emerso dalla prima udienza del processo scaturito dall’operazione dei carabinieri “Tower” che ha smantellato, nel 2017 un’organizzazione per delinquere finalizzata ai furti – in abitazione, su auto, in aziende – e che vede coinvolte 28 persone, molte delle quali di etnia sinti residenti nei campi nomadi di Caorso e Torre della Razza. In un caso, compare anche il reato di minacce a un organo amministrativo: il sindaco di Caorso, Roberta Battaglia.

Davanti al collegio presieduto da Alessandro Rago, con i giudici a latere Federico Baita e Isabella Farini, ha preso il via il dibattimento. Il pubblico ministero Matteo Centini ha chiamato a deporre alcuni carabinieri che hanno svolto le indagini. Ha iniziato il racconto un luogotenente, all’epoca in servizio al Nucleo investigativo. Il militare non ha concluso la propria deposizione che terminerà nella prossima udienza, fissata alla fine di gennaio. Nutrito il gruppo di avvocati difensori, tra cui i piacentini Cristina Balteri, Sara Botti, Claudio Castagnetti, Paolo Lentini, Emanuele Montani.

L’associazione per delinquere riguarda, a vario titolo, i reati di furto, furto in abitazione, ricettazione, estorsione, truffa e circonvenzione di incapace. Altri ancora devono rispondere del reato di uso indebito di mezzi di pagamento elettronici (bancomat rubati nelle case o nelle borsette e poi utilizzati per ritirare soldi). All’inizio il sostituto procuratore Centini chiese il rinvio a giudizio per 39 persone. Uno di questi, però, perse la vita ucciso da una coltellata: era Rocco Bramante. L’uomo era ritenuto il capo della banda di sinti dedita alle razzie. Bramante morì in seguito a una coltellata a una gamba ricevuta davanti a una bar di Caorso il 13 gennaio 2020, in presenza della moglie. Il 63enne accusato di omicidio preterintenzionale, processato con il rito abbreviato, era stato condannato in primo grado a 10 anni di reclusione.

Dei 38 rimanenti, 28 sono ora processati mentre per altri 10 la posizione è stata stralciata. Il blitz dell’Arma scattò il 15 marzo del 2019. Dopo lunghe indagini, i carabinieri del Nucleo investigativo e dei colleghi di alcune stazioni avevano scoperto che un gruppo di sinti (imparentati tra loro) ma anche non di etnia nomade, sia maschi sia femmine dai 25 e 49 anni, agivano tutti con un preciso ruolo e con specifiche competenze. Un sodalizio criminale con a capo una figura carismatica, il 52enne Rocco Bramante, che, secondo gli inquirenti, aveva a disposizione una squadra ben rodata e altrettanti canali di ricettatori che per anni hanno compiuto raid sul territorio.

Una delle attività da cui il gruppo traeva sostentamento era il commercio di materiale ferroso che veniva venduto a due ditte piacentine. Dalle numerose intercettazioni telefoniche, eseguite dai carabinieri, è emerso uno spaccato del modus operandi di tante persone, la cui giornata era scandita dal compiere furti, organizzare razzie, procurarsi soldi. In alcuni casi, le persone intercettate parlavano di aver scambiato armi, presumibilmente rubate, in cambio di cocaina. Il gruppo di sinti, secondo gli inquirenti, nel 2017 operava su diversi fronti: dai furti nelle abitazioni a quelli sulle auto, ai portafogli nei bar, ma anche alla ricettazione di ferro, alluminio e rame di illecita provenienza. Insomma, “un’azienda” strutturata con a capo Bramante, che decideva chi ruba, chi ricetta, chi valuta la refurtiva, chi gestisce le donne che vanno a rubare o irretiscono uomini anziani con la promessa di favori sessuali per poi depredarli. Furti di qualsiasi cosa avesse un valore, di corrente elettrica dalle centraline Enel, di cibo e altri generi nei supermercati, di richieste di assistenza al Comune di Caorso e alla parrocchia.

I carabinieri avevano anche piazzato un Gps nell’auto di una coppia di sinti, un uomo e una donna, una Fiat Punto bianca. E dalla denunce dei derubati, è risultato che la vettura si trovava sempre in prossimità dei luoghi dove erano stati compiuti i furti. L’uomo, inoltre, era anche stato riconosciuto, nelle foto segnaletiche, da diverse vittime. Infine, c’è l’episodio che ha riguardato il sindaco di Caorso, Roberta Battaglia. Bramante, secondo le accuse, era solito andare alla discarica di Caorso prelevare i metalli che poi rivendeva. Il Comune mise un guardiano. L’uomo venne intimorito da Bramante, il quale, secondo le indagini, si presentò poi nell’ufficio del sindaco dicendole: «Tu, donna, non puoi impedirmi di fare quello che voglio» e puntandole contro il dito. Un gesto che, disse Centini, era la dimostrazione di un «comportamento tipico della criminalità organizzata».

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www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-12-19 16:35:43 da


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