I segnali di disagio e malessere nella condizione di giovani e minori



Il 10 ottobre sarà la giornata mondiale della salute mentale, una ricorrenza promossa dalle istituzioni nazionali e internazionali per accrescere la consapevolezza su questo aspetto.

Dopo la pandemia, è diventata parte del dibattito pubblico la questione della condizione di giovani e minori, sotto tanti punti di vista: dai divari educativi emersi durante il Covid a forme di disagio ed esclusione sociale che hanno colpito i più giovani in questo periodo. Con le testimonianze, anche tra gli operatori sanitari, di un’accresciuta percezione di peggioramento nella condizione di benessere mentale di bambini e ragazzi.

Ricostruire questi aspetti è sempre molto complesso. Inoltre, come abbiamo avuto modo di approfondire nel rapporto Non sono emergenza, vi è una diffusa retorica emergenziale tesa a descrivere i giovani come ripiegati su sé stessi, che spesso prescinde dalla loro condizione effettiva.

Allo stesso tempo, i segnali di malessere psicologico tra bambini e ragazzi non devono essere sottovalutati, arrivando anche da fonti autorevoli. Come le indagini svolte negli ultimi anni dal ministero della salute sui disturbi del comportamento alimentare tra i più giovani e quella sulle dipendenze comportamentali nella generazione Z (i nativi digitali, nati tra la fine degli anni ’90 e il 2012) a cura dell’istituto superiore di sanità.

Di fronte al rischio di una narrazione aneddotica sulla condizione giovanile, partire dai dati – adottando anche diversi punti di vista – è l’unico modo per orientarsi e capire meglio la situazione in corso. Con tutti i limiti del caso, visto che generalmente le informazioni disponibili non permettono un’effettiva profondità territoriale di analisi. Attraverso l’uso di fonti diverse, proviamo a ricostruire un quadro delle tendenze rispetto al benessere psicologico tra gli studenti.

La condizione dei giovani attraverso l’indice di salute mentale

Un primo strumento a disposizione per ricostruire la condizione di salute mentale nelle nuove generazioni è l’indice specifico, utilizzato da Istat nell’ambito degli indicatori sul benessere equo e sostenibile (Bes).

Si tratta di una modalità per misurare il disagio psicologico (psychological distress), elaborata dall’istituto di statistica attraverso la sintesi dei punteggi totalizzati da ciascun individuo di almeno 14 anni in 5 quesiti estratti da uno specifico questionario (il Sf36: 36-item short form survey). I quesiti selezionati si riferiscono alle quattro dimensioni principali della salute mentale: ansia, depressione, perdita di controllo comportamentale o emozionale e benessere psicologico. A partire dalle risposte, viene elaborato un indice che varia tra 0 e 100: più è elevato l’indice, migliori sono le condizioni di benessere psicologico della persona.

Dopo l’inizio della pandemia, è proprio tra i più giovani (fascia 14-19 anni) che si era riscontrato il peggioramento più consistente dell’indice di salute mentale. Stando ai nuovi dati – relativi al 2023 – questa tendenza non appare del tutto recuperata rispetto al periodo pre-Covid.

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FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (Bes)
(pubblicati: venerdì 12 Aprile 2024)

Nell’ultimo anno di rilevazione l’indice di salute mentale tra gli adolescenti è sceso a 71, rispetto al 72,6 registrato l’anno precedente. I giovani restano la fascia d’età con l’indice più alto, ma in confronto alla media della gente è nitido il contrasto tra prima e dopo la pandemia. Un gap che peraltro non sembra essere ancora del tutto recuperato.

L’altro aspetto significativo è lo spiccato divario di genere. Tra le adolescenti l’indice di salute mentale è stato pari a 67,4 nel 2023, circa 7 punti in meno dei coetanei maschi (74,3). Sebbene uno svantaggio femminile sia comune a tutte le fasce d’età, lo scarto registrato tra i 14 e i 19 anni è particolarmente ampio.

La differenza di genere a svantaggio delle donne si osserva a tutte le età, ma è particolarmente accentuata tra i più giovani e tra i più anziani. Nel 2023, in questi gruppi il divario di genere raggiunge i 7 punti: il punteggio è pari a 74,3 per i ragazzi di 14-19 anni (67,4 tra le coetanee)

Quello sulla salute mentale non è l’unico indicatore che segnala una difficoltà nella condizione di bambini e ragazzi. Dai dati sull’isolamento sociale a quelli sulle dipendenze, fino ai disturbi del comportamento alimentare, i segnali in questa direzione sono numerosi. Tuttavia, se è abbastanza chiaro il quadro complessivo, non è altrettanto semplice ricostruire il fenomeno con una disaggregazione territoriale fine, premessa obbligata per qualsiasi tipo di intervento.

Un fenomeno difficile da ricostruire in chiave locale

Negli ultimi anni vi è stato un grande sforzo della comunità scientifica per indagare le cause del peggioramento del benessere psicologico in alcune ragazze e ragazzi, specialmente dopo la pandemia.

Va in questa direzione la ricerca promossa dall’autorità garante per l’infanzia (Agia) insieme all’istituto superiore di sanità (Iss), da cui emergono una serie di fattori di rischio, sia endogeno (relativo al minore e alla sua famiglia) che esogeno (riferiti al contesto in cui vive).

 

Fattori di rischio per il benessere psico-fisico dei minori nel Covid

Fattori endogeni
Fattori esogeni
Esperienze di isolamento, malattia grave e/o decesso di uno o più familiari Assenza di un approccio di sistema (mancato coordinamento delle reti sociali, sanitarie ed educative)
Situazioni familiari complesse (es. separazione dei genitori, assenza o iperprotezione di figure adulte di riferimento, sovraccarico lavorativo dei genitori o lavori ad alto rischio COVID) Mancanza di una rete di servizi sociosanitari ed educativi sufficientemente efficace (es. tra servizi di neuropsichiatria infantile, psicologia, scuola e sociale)
Problematiche psicologiche e neuropsichiatriche preesistenti Inadeguatezza dei sistemi di accoglienza e cura
Stress correlato alla richiesta di prestazioni scolastiche elevate Prolungati periodi di chiusura della scuola
Difficoltà nella gestione temporale della routine quotidiana Percezione costante di incertezza e sfiducia nelle istituzioni
Utilizzo inadeguato e/o eccessivo dei dispositivi tecnologici per le attività didattiche e le relazioni sociali (es. eccesso di social network) Mancanza di zone verdi e chiusura prolungata di luoghi di aggregazione e/o socializzazione
Mancata conoscenza della lingua italiana da parte dei migranti e delle loro famiglie Confusione generata dalla comunicazione da parte dei mass media
Mancanza o inadeguatezza di risorse informatiche Mancanza o inadeguatezza di risorse informatiche
Episodi di violenza sui minorenni e violenza assistita Fragilità socio-culturali ed economiche (es. posizioni lavorative precarie o perdita del lavoro dei genitori)

Fonte: Iss e Agia, Pandemia, neurosviluppo e salute mentale di bambini e ragazzi (2022)

 

Purtroppo, mentre vi è un certo consenso sui fattori connessi al benessere psico-fisico dei minori, non è altrettanto semplice ricostruire tale condizione in chiave territoriale.

Uno sforzo in questo senso è quello effettuato dall’Iss nell’ambito dell’indagine internazionale promossa dall’Oms sui comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare (in inglese health behaviour in school-aged children, Hbsc).

Questa indagine internazionale, svolta ogni 4 anni attraverso un campione di alunni delle scuole secondarie di primo e secondo grado, dal 2010 prevede una rappresentatività sia nazionale che regionale. Con la raccolta quindi di dati per tutte le regioni e province autonome del paese. Nel 2022 – l’ultima edizione svolta – sono state oltre seimila le classi campionate, da tutte le regioni italiane.

6.388 le classi campionate per l’indagine Hbsc nel 2022 in Italia.

Questa indagine, la prima del genere svolta nel post-Covid, offre alcuni indirizzi sul fenomeno, con una maggiore disaggregazione territoriale rispetto ad altre ricerche sul tema.

L’impatto del contesto familiare sulla condizione dei giovani

Un primo elemento che questi dati consentono di analizzare è il contesto familiare. In presenza di un disagio psicologico o di un disturbo, poter contare sul sostegno dei genitori e in generale della famiglia è fondamentale. Tanto è vero che lo studio effettuato durante la pandemia dal garante dell’infanzia e dall’Iss ha fatto emergere questo aspetto come fattore protettivo per la salute mentale dei minori nell’emergenza Covid-19.

Tra i più frequenti [fattori di resilienza endogeni, ndr] sono citati il vivere in una famiglia caratterizzata da un contesto reticolare solido, con la possibilità di affidarsi e chiedere aiuto basandosi su relazioni solide preesistenti; la capacità di resilienza familiare e genitoriale di far fronte all’emergenza in un contesto affettuoso ed equilibrato;

I dati mostrano che al crescere dell’età, diminuisce la facilità con cui ragazze e ragazzi riescono ad aprirsi con i genitori, con una maggiore facilità nel parlare con la madre. La questione riguarda soprattutto le ragazze. Poco più della metà delle quindicenni dichiara di ricevere un elevato supporto familiare (51,8%), a fronte del 60,7% registrato tra i coetanei maschi. Una quota che varia anche rispetto al territorio di appartenenza.

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FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Iss
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Maggio 2024)

Oltre due terzi degli studenti maschi della provincia autonoma di Bolzano (71,7%), della Valle d’Aosta (66,5%) e della Puglia (66,2%) dichiarano un elevato supporto della famiglia. Tra le giovani la quota è sistematicamente più bassa, anche se supera il 60% in 3 territori. Oltre all’area di Bolzano, due regioni del mezzogiorno come Sicilia e Campania. Quest’ultima è anche la regione con il minor divario di genere: la quota di giovani che si sentono supportati dalla famiglia è analoga tra maschi e femmine e sfiora il 61%.

Al contrario, meno del 45% delle ragazze di Friuli Venezia Giulia, Marche, Emilia Romagna e Veneto dichiara un elevato supporto familiare.

La scuola per gli adolescenti

Insieme alla famiglia, la scuola è l’altra istituzione con un ruolo centrale. È qui infatti che bambini e ragazzi trascorrono buona parte del proprio tempo, vivendo esperienze che possono influenzarne il benessere e lo sviluppo.

Anche in questo caso, l’apprezzamento verso la scuola è inversamente correlato all’età. I rispondenti 11enni a cui “piace molto la scuola” sono il 21% tra le ragazze e il 15% tra i maschi. La quota si dimezza a 13 anni (7% maschi, 10,7% femmine), per poi calare ulteriormente tra i 15enni (5,6% maschi, 7% femmine). In questa fascia d’età, il 61,8% si sente accettato dagli insegnanti, ma solo poco più di uno su 3 (35,4%) percepisce un interesse da parte dei docenti. Due su 3 (66,6%) si sentono accettati per come sono dai compagni di classe.

Fortemente correlata con i rapporti con insegnanti e compagni è la percezione di stress rispetto all’esperienza scolastica. La difficoltà di gestire lo stress è uno dei fattori più spesso chiamati in causa per l’impatto sulla dimensione psicologica e sociale.

Troppo stress si può accompagnare alla comparsa di comportamenti a rischio (ad esempio il consumo di alcolici, il fumo o l’uso di sostanze psicoattive), oppure essere associato a una maggiore frequenza di sintomi psico-somatici, tra i più comuni mal di testa, dolori muscolari e/o disturbi del sonno.

Circa il 60% degli studenti intervistati dichiara di sentirsi molto o abbastanza stressato dalla scuola, una quota cresciuta rispetto alla precedente rilevazione del 2017/18. La percentuale varia rispetto ai territori, all’età e al genere degli studenti. Non raggiunge il 50% in provincia di Bolzano (40,6%) e in Calabria (49%), mentre supera il 62% in Veneto e Valle d’Aosta. Il picco massimo tra le ragazze 15enni: quasi l’80% dichiara di sentirsi abbastanza o molto stressata dall’impegno scolastico (60,2% tra i coetanei maschi).

I giovani tra amici e uso del tempo libero

Un altro aspetto frequentemente discusso, e che le indagini più autorevoli consentono di approfondire, è l’uso del tempo libero. Abbiamo avuto modo di approfondire come già prima del Covid fosse emersa la tendenza degli adolescenti di vedere meno spesso i propri amici nel tempo libero. Un fenomeno spiegabile anche con l’incremento nell’uso degli strumenti digitali e dei media sociali.

Su questo aspetto il dibattito si è molto concentrato, purtroppo non di rado con approcci allarmisti e paternalisti che non aiutano a comprendere meglio il fenomeno. Sarebbe opportuna infatti una distinzione tra la fisiologica evoluzione dei mezzi di comunicazione (su cui è necessaria un opera di alfabetizzazione digitale per poterli padroneggiare) e i casi in cui l’abuso di tali strumenti diventa il sintomo di un malessere di altro tipo. Esattamente come in altri tipi di dipendenze.

L’indagine sui comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare consente di ricostruire l’entità di questo fenomeno.

13,5% degli adolescenti mostra un uso problematico dei social media.

Parliamo di ragazze e ragazzi che presentano almeno 6 dei 9 criteri definiti dalla metodologia di rilevazione. Tra questi rientrano l’ansia di accedere ai social, la volontà di passare sempre più tempo online, sintomi di astinenza quando offline, fallimento nel controllo del tempo, trascurare altre attività, liti con genitori a causa dell’uso, problemi con gli altri, mentire ai genitori, usare i social per scappare da sentimenti negativi.

Anche in questo caso è ampio il divario rispetto all’età, al genere e alla condizione sociale del minore. Raggiunge il picco tra le ragazze di 13 e 15 anni (rispettivamente al 20,5% e al 18,5%). Da notare come oltre due terzi delle adolescenti di questa età dichiari di aver utilizzato spesso i social media per scappare da sentimenti negativi.

L’uso problematico dei social è più frequente tra chi viene da una famiglia a basso status socio-economico: tra questi ragazzi raggiunge il 15%, contro il 12,7% di quelli con status medio-altro. Le variazioni sono ampie anche rispetto al territorio di appartenenza.

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FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Iss
(ultimo aggiornamento: giovedì 2 Maggio 2024)

La Campania è la regione italiana dove si registra la maggiore frequenza di un uso problematico dei social media tra gli adolescenti (16%). Seguono, con quote poco inferiori al 15%, Calabria e Puglia.

L’importanza di una rete sociale e di servizi su cui fare affidamento

Alla luce di queste tendenze, va sottolineato come il ruolo di una forte rete sociale sia stata fondamentale durante la pandemia per contenere i fenomeni di disagio tra i più giovani.

I professionisti hanno individuato anche meccanismi di resilienza esogeni che hanno agito o potrebbero aver agito quali fattori protettivi per il benessere, il neurosviluppo e la salute mentale delle persone di minore età. Tra i più frequenti (…) la presenza o creazione di reti sociali, sanitarie ed educative capaci di mettere in atto un meccanismo di collaborazione sinergico a supporto dei ragazzi e dei genitori (…)

A partire dalle tante comunità educanti presenti sul territorio, aspetto messo in evidenza dall’indagine dell’istituto superiore di sanità e del garante dell’infanzia.

Per quanto riguarda il mondo educativo, hanno agito quali fattori protettivi esogeni, la presenza nelle scuole di attività particolarmente stimolanti (ad esempio, laboratori per i bambini con bisogni educativi speciali); la formazione di insegnanti e alunni; l’attivazione di servizi extrascolastici volti a offrire occasioni di socialità anche attraverso lo sport

Si comprende quindi quanto mettere in rete queste esperienze, costruire un coordinamento tra la scuola, le organizzazioni sociali, i servizi sanitari e sociali rappresenti l’unico modo per governare questi processi. Nell’emergenza pandemica, quando questo coordinamento è mancato, ciò ha avuto riflessi sulla vulnerabilità di bambini e ragazzi.

Vivere in un’area caratterizzata da scarso coordinamento della rete di servizi (es. tra servizi di neuropsichiatria infantile, psicologia, scuola e servizi sociali) ha portato a difficoltà nell’ approccio di sistema e a un mancato coordinamento della rete sociale, amplificando le vulnerabilità.

In parallelo con la costruzione di queste reti, il rafforzamento di servizi specifici per tutelare la salute mentale dei minori appare fondamentale. Per fare un esempio, in base all’ultimo annuario statistico del ministero della salute, i centri di assistenza di neuropsichiatria infantile e adolescenziale sono articolati nel 2022 in 58 strutture residenziali e in 53 semiresidenziali, ma queste non risultano presenti in tutte le regioni.

413 posti letto in degenza ordinaria nei reparti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.

Inoltre, a fronte di un fabbisogno stimabile in 700 posti secondo i professionisti del settore, sono attualmente circa 400 i posti letto nei reparti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Ciò porta a una commistione tra i servizi rivolti agli adulti e quelli per i minori, un aspetto ribadito come critico dal garante dell’infanzia nell’ultima relazione al parlamento.

(…) ha assunto una posizione pubblica a proposito dei casi di ricovero di minorenni con problemi di salute mentale negli stessi reparti degli adulti. Nell’occasione ha ricordato che è dal 2017 che l’Autorità garante richiede particolare attenzione affinché si eviti la compresenza di minori di età e di maggiorenni in ragione della mancanza di posti letto dedicati all’età evolutiva. In tale circostanza Garlatti ha rinnovato la richiesta, contenuta nello studio condotto in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità (vedi supra), di garantire su tutto il territorio nazionale un numero congruo di posti letto nei reparti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza.

Poter monitorare in chiave territoriale fabbisogni e servizi è l’unica premessa per impostare politiche efficaci per la salute mentale dei minori. A partire dall’istituzione di un sistema informativo univoco, come auspicato dal gruppo di lavoro per il rispetto della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

La perdurante mancanza di un sistema informativo nazionale per la salute mentale delle persone di minore età rende difficile poter analizzare in modo accurato e appropriato le attività territoriali e gli andamenti regionali.

Solo così sarà possibile alimentare attraverso i dati un dibattito pubblico che già sta avvenendo nel paese, spesso senza gli strumenti adeguati. E soprattutto tradurre in azioni concrete i bisogni emersi, individuandoli alla luce di un patrimonio informativo solido, trasparente e condiviso.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sono tratti dall’indagine sui comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare, effettuata dall’Iss nell’ambito dello studio internazionale Hbsc promosso dall’Oms (in inglese health behaviour in school-aged children).

Foto: Rosie Sun (unsplash) – Licenza


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www.openpolis.it è stato pubblicato il 2024-10-08 09:15:00 da luca giunti


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