Affari, alleanze e guerra di mafia: il boss Francavilla racconta gli ultimi 10 anni della Società



Giuseppe Francavilla: “Nel settembre 2016 dopo il ferimento di Roberto Sinesi, decidemmo che dovevamo prendere a Rocco Moretti”. Pm, Bruna Manganelli: “Che vuol dire prendere?”. Francavilla: “Ammazzarlo. Facemmo vari tentativi nel podere vicino Amendola dove abita, eravamo tutti armati; ma Rocco Moretti non aveva nemmeno la sorveglianza, quindi non aveva obblighi e non riuscimmo a trovarlo. Facemmo anche un paio di battute tra Foggia e Manfredonia per prendere Mario Luciano Romito perché noi Sinesi/Francavilla siamo alleati dei Libergolis di Monte Sant’Angelo, mentre Moretti è alleato dei Romito di Manfredonia”. La guerra di mafia del 2015/2016 tra i Sinesi/Francavilla e i Moretti/Pellegrino/Lanza – la settima della storia della “Società foggiana” con 10 agguati in 13 mesi, 3 morti e 11 feriti o scampati – nel racconto dei fratelli Ciro e soprattutto Giuseppe Francavilla, i due ex boss dell’omonimo gruppo pentitisi tra dicembre e gennaio scorsi. Le loro dichiarazioni sono state depositate nel processo d’appello “Decimabis” a 12 foggiani condannati in primo grado a circa 130 anni per mafia, estorsioni, usura e altri reati (ne riferiamo a fianco ndr).

Guerra e pace La “Società” è strutturata in 3 batterie: i Sinesi/Francavilla, divisi in 3 sotto-articolazioni facenti capo a Ciro e Giuseppe Francavilla una; a Roberto Sinesi, il figlio Francesco e il genero/cognato Antonello Francavilla la seconda; a Emiliano Francavilla, fratello di Antonello e cugino di Ciro e Giuseppe la terza; i Moretti/Pellegrino/Lanza; i Trisciuoglio/Tolonese legati ai Moretti. “A periodi andiamo d’accordo, come quando ci siamo messi d’accordo per il monopolio della cocaina a Foggia” le parole di Giuseppe Francavilla “per cui quando non ci sono le fibrillazioni si fanno le cose insieme. Quando poi c’è un omicidio, una sparatoria, ognuno si tiene per sé; poi dopo un po’ di tempo ci si torna a parlare e si torna insieme, se si deve tornare insieme. E’ un discorso da prendere con le molle, sono situazioni ingarbugliate con varie fasi”.

La rottura “Le fibrillazioni nascono a settembre 2015 quando venne ferito Mario Piscopia genero di Rocco Moretti, e non riusciamo a capire bene questa situazione. Un mese dopo sparano e feriscono Vito Bruno Lanza sempre vicino a Moretti: fu il clan Sinesi/Francavilla e infatti vengono arrestati Ciro Spinelli e Luigi Biscotti”, nipote di Roberto Sinesi, attualmente sotto processo quale presunto mandante del ferimento Lanza. “La risposta dei Moretti è il ferimento a novembre 2015 di Mimmo Falco: era un nostro uomo molto vicino a Emiliano Francavilla e si era rifiutato di vendere, cioè tradire, un amico; per il ferimento di Falco è stato condannato Fabio Tizzano” vicino ai Moretti.

Botta e risposta “A fine 2015 la Polizia” prosegue Giuseppe Francavilla “rintraccia un Fiat Fiorino, arresta Nicola Valletta” (parente dei Moretti) “altri due scappano, vengono recuperare le armi; si presume che preparassero un agguato contro di noi che diamo una risposta a gennaio 2016. e a Candelaro viene ferito al piede un ragazzo”: Michele Bruno amico di persone vicine al clan Moretti. “Dopo di che sempre a gennaio viene ucciso ‘u sobrer’, cioè Rocco Dedda molto vicino a Roberto Sinesi”, omicidio per il quale è stato condannato in primo grado all’ergastolo Giuseppe Albanese del clan Moretti. “In quel periodo viene arrestato Roberto Sinesi mentre nei primi mesi del 2016 e viene scarcerato Rocco Moretti”, nome storico della mafia foggiana, poi riarrestato a ottobre 2017 e tutt’ora detenuto.

Faccia a faccia “Rocco Moretti chiede un incontro a me che ero libero, e non con Roberto Sinesi perchè detenuto. Ci incontriamo in una casa dietro via Bari: io sono da solo, Rocco Moretti è con Gianfranco Bruno, Massimo Perdonò, Francesco e Fabio Tizzano. Moretti mi dice: ‘dobbiamo togliere tutti i problemi davanti, perché se no finiamo la nostra vita in carcere o moriamo. Poi quando esce Roberto’ (Sinesi) ‘voglio parlare con lui per vedere di chiarire queste cose’. Rispondo: ‘le cose vecchie vostre noi ragazzi non le sappiamo e non le vogliamo nemmeno sapere: vi mettete e ne discutere perché sennò chi ci andiamo sotto siamo sempre noi. Però mi devi fare un fare, un’eccezione: devi prendere Felice Direse’ (parente di Trisciuoglio e esponente di spicco dell’omonimo clan) in quanto io lo ritenevo responsabile dell’omicidio di mia cognato Flavio Lomele, marito di mia sorella, ucciso a dicembre ’99. Moretti mi dice: ‘sì, poi ci parlo io con Salvatore Prencipe’ (già al vertice del clan Trisciuoglio/Prencipe nei primi anni duemila, ucciso a maggio 2023 in un agguato ancora impunito) ‘che mi deve un favore’; questo perché Direse era della stessa batteria di Prencipe; in sostanza Moretti mi dà il lascipassare” per uccidere Direse, agguato mai avvenuto. “Nell’incontro con Moretti si decide anche di dividere al 50% tra le nostre due batterie i proventi illeciti su Foggia, droga e estorsioni”, il racconto del pentito.

L’agguato a Sinesi “A quell’incontro segue un periodo di relativa tranquillità; nel frattempo viene scarcerato Roberto Sinesi che però si sottrae all’incontro con Moretti. Incontro io di nuovo Moretti che mi chiede: ‘e Roberto?’. Io trovo una scusa. Parliamo di nuovo di affari, è presente anche Salvatore Prencipe. Nell’estate 2016 parlo con Roberto Sinesi che accetta di incontrare Moretti dicendo però che dobbiamo esserci solo io, lui, Moretti e il genero Piscopia che era stato sparato a settembre 2015. Però in questo periodo mentre io me ne vado al mare a Peschici succedono un po’ di bordelli per una questione sull’autorizzazione per vendere il fumo” (l’hashish) “che in quel momento ce l’hanno in mano i Moretti. Vado a dire a loro” (al clan Moretti) “questa situazione. Loro ce l’hanno con Roberto Sinesi perché dicono che ‘fa sempre le stesse cose, che vogliono campare e ingrossare solo loro’ (riferito ai Sinesi). Insomma ce l’hanno con Roberto che dopo qualche giorno viene sparato e ferito mentre è con la figlia e il nipotino pure ferito”: per questo triplice agguato avvenuto il 6 settembre 2016 è sotto processo Albanese.

Il depistaggio “Il giorno dopo la sparatoria a Sinesi mando a chiamare Rocco Moretti, ci vediamo in un capannone. Lui nega d’essere stato lui a far fare l’agguato. Mi dice: ‘dobbiamo capire questa situazione: se non sono stato io, non sei stato su e allora che e è sceso Gesù a farlo?’. Ma io so che Rocco Moretti c’entra col ferimento di Sinesi, inutile girarci intorno: ma a quel tempo voleva tenerci buoni a me e mio fratello sapendo che se ci fossimo mossi potevamo dare una grossa mano ai Sinesi. Dopo questo incontro io e mio fratello mandiamo tre persone a sparare ai figli di Trisciuoglio” (rimasti illesi la sera dell’8 settembre, tre condannati) “Lo faccio per depistare: sapevo benissimo che non erano loro ad aver sparato a Sinesi. Vogliamo però far pensare che sono stati i Trisciuoglio a sparare a Sinesi e noi ce l’abbiamo quindi con i Trisciuoglio”. “Decidemmo di far sparare ai Trisciuoglio” aggiunge il fratello Ciro Francavilla “per mettere un po’ di confusione, tutti contro tutti ma per l’agguato a Sinesi sospettavamo di Rocco Moretti”.

Caccia a Moretti “Dopo l’agguato a Sinesi ci riuniamo io, mio fratello, Francesco Pesante, Alessandro Aprile, i fratelli Frascolla, Sergio Ragno, Giovanni Rollo; decidiamo di prendere a Rocco Moretti, ammazzarlo. In un successivo incontro viene anche questo ragazzo del Gargano, Matteo Pettinicchio” (ritenuto il braccio destro di Enzo Miucci reggente e capo del clan Libergolis) “per prendere a Moretti che però non troviamo. Né riusciamo a trovare il manfredoniano Mario Romito”, poi ammazzato dal clan Libergolis il 9 agosto 2017 nella strage di mafia garganica con 4 vittime.

La vendetta “In quel periodo viene scarcerato Francesco Sinesi figlio di Roberto. Mi dice: ‘qua perdiamo solo tempo, Io devo ammazzare Albanese’ perché lo ritiene responsabile del ferimento del padre. Dico di non essere d’accordo perché dobbiamo prendere a Rocco Moretti, ma Francesco replica: ‘no, no, mi organizzo io e faccio questa cosa’. Succede così il fatto dell’omicidio di fine ottobre 2016 nel bar H 24”: il clan Sinesi/Francavilla vendica il ferimento del boss, uccide Roberto Tizzano, ferisce Roberto Bruno, entrambi parenti di esponenti del clan Moretti/Pellegrino/Lanza, ma Albanese obiettivo dei killer si salva rifugiandosi in bagno. Condannati in tre, inflitti 20 anni a Francesco Sinesi quale mandante.

L’ultimo vertice “Il clan Moretti per rispondere all’agguato nel bar attenta alla vice di Giuseppe Soccio, uno dei nostri, ma non lo prendono. Dopo di che tutti ci teniamo riservati nel senso di stare attenti quando si esce. Segue una situazione di stallo. A Pasqua 2017 Franco Tizzano mi dice che ‘lo zio vuole parlarmi’, cioè Rocco Moretti. Ci vediamo in una rimessa di camion. Moretti mi dice: ‘chiedo scusa e perdono per il bambino’ (perché i killer che spararono a Sinesi fecero fuoco nonostante la presenza del piccolo) ‘la responsabilità è mia. Mo’, lui Roberto’ (Sinesi) ‘ha fatto a Bruno’ (ferimento Lanza) ‘che non è morto; mo’ è successo a Roberto e non è morto. Quando esce’ (nel frattempo infatti Sinesi il 9 settembre 2016, tre giorni dopo il ferimento viene arrestato per estorsione) ‘se vuole mettere un punto mettiamo un punto, altrimenti possiamo continuare. Al momento però blocchiamo tutto’, nel senso di starci tutti tranquilli. Sugli affari illeciti si decide che ognuno si fa il suo; loro del clan Moretti avevano in mano la lista dei pagamenti trimestrali delle estorsioni che furono divisi, come per il giro delle macchinette”.


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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-22 06:00:01 da


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