BARI – Vent’anni fa la Ilcam era una delle principali aziende pugliesi della lavorazione delle carni, fornitore di grandi catene di supermercati. Ma poi sarebbe stata progressivamente svuotata di 25 milioni per finanziare operazioni spericolate nel mondo della sanità, con l’acquisto di una clinica privata che ha avuto alterne fortune. In attesa che il Tribunale penale di Bari stabilisca se l’operazione abbia configurato una bancarotta fraudolenta, quello fallimentare ha messo i sigilli ai beni di quattro degli imputati che sono nel frattempo usciti dal processo per via della prescrizione.
Il curatore fallimentare della Ilcam, Raffaele Bia (con l’avvocato Michele Loiudice) ha infatti chiesto e ottenuto il sequestro conservativo di 2 milioni nei confronti di Giovanni Sicolo, 1,7 nei confronti di Silvio Sisto, 1,6 nei confronti di Vincenzo Ritella e 635mila euro nei confronti di Leonardo Loparco. Si tratta di quattro dei nove baresi coinvolti nella vicenda con l’accusa di riciclaggio, perché – tra il 2003 e il 2006 -, quando le casse della società sarebbero state oggetto di «sistematici e rilevantissimi prelevamenti di risorse finanziarie effettuate in contanti, nonché attraverso» 1.572 assegni per 24,4 milioni, avrebbero incassato una parte di quegli assegni.
Le accuse di riciclaggio sono state dichiarate prescritte nel 2022 dal Tribunale penale, che ha tuttavia riconosciuto il danno causato nei confronti dei creditori della Ilcam e dunque della curatela. Ed ecco che sono partite le azioni risarcitorie. Il decreto di sequestro urgente…
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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-08 06:14:00 da
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