Bari, ora viene il bello: missione «San Nicola»



BARI – Il risultato, prima di tutto. La certezza che, spesso, mette tutti d’accordo ricordando che esistono priorità incontrovertibili. Prendiamo il caso del Bari, in versione timida a La Spezia ma capace di imporre la prima decellerata ai liguri in casa in un avvio di stagione ricco di slanci. Volete chiamarlo un dettaglio? Non scherziamo. Nel calcio nulla accade mai per caso. Anche quando sei convinto che la dea bendata ti sia venuta insoccorso, alla voce «legni» colpiti dalla squadra egregiamente guidata da Luca D’Angelo. Il risultato, già. Impossibile che non racconti di cose positive. E se per una volta non ti riesce brillare in fase offensiva perché considerare una dimunutio l’aver mantenuto la porta inviolata. Con un pizzico di fortuna, certo. Ma anche con il carattere di chi non ci stava a porgere l’altra guancia.

Ci sta, poi, guardare dentro la partita. Analizzandola con l’attenzione giusta per provare a capirci qualcosa di più. S’è visto un Bari diverso, nettamente diverso nello spirito e nell’impostazione. E Longo non s’è nascosto quando si è trattato di dire che «volevamo giocare proprio così». Come? Più bassi e conservativi, con più centimetri e più chili per provare ad arginare la fisicità dello Spezia. Missione compiuta? Certo, diciamo che è andata come previsto e che alla fine i fatti hanno detto che la strategia non era così avventata. Si poteva fare di più? Decisamente sì. Perché un conto è decidere di tenere le linee più strette e di abbassare il baricentro… altro è faticare terribilmente nello sviluppo del gioco. Troppi errori tecnici, anche troppa frenesia. Dal Bari, insomma, ci si aspettava di più a prescindere dal tipo di tattica usata. Ci sono tante strade per andare a far male all’avversario, non solo quella di alzare la pressione.

Questo è un dato di fatto, da qualsiasi latitudine si guardino le cose. Molto più complessa è la strada delle spiegazioni. Longo, lasciando fuori sia Falletti che Sibilli e puntando su una squadra più strutturata, sapeva di perdere qualcosa sul piano del palleggio. Però forse nemmeno lui si aspettava tanta pochezza in fase di sviluppo dell’azione. Transizioni mai portate con tempi e scelte giusta, moltissimi errori tecnici. E allora, al di là di tattica e necessità di adattarsi all’avversario, si potrebbe parlare di giornata poco ispirata. Troppi singoli lontani dallo standard migliore. Da Maita a Mantovani, passando per Lasagna e Dorval. Nulla che non faccia parte di un normale corso delle cose in una stagione, storicamente, lunga e complicata.

E a proposito di dibattiti, hanno fatto discutere i cambi di Longo che, nella fase decisiva della partita, ha scelto di puntare su Bellomo e Saco rinunciando alla creatività che avrebbero potuto garantire sia Sibilli che Falletti. L’idea del tecnico era chiara e non erano previste divagazioni sul tema. L’imperativo della fisicità, senza se e senza ma. Resta, però, il dubbio che a un certo punto ci fossero gli spazi per poter giocare in modo più coraggioso. In tre o quattro occasioni il Bari ha avuto la possibilità di affondare ma sarebbero serviti piedi «diversi» e, soprattutto, diversa velocità di pensiero. E non perché il pareggio non fosse un risultato accettabile, anzi. Piuttosto, la certificazione ulteriore del percorso di creescita di una squadra capace di giocare partite diverse senza perdere per strada identità ed efficacia.

Per fortuna si torna in campo subito. Martedì contro la Carrarese e sabato l’esame Reggiana, entrambi al «San Nicola». Due vittorie in otto partite sono bottino misero per chi prova a coniugare il verbo dell’ambizione. Servono fatti prim’ancora che prestazioni convincenti. Punti, solo punti, tanti punti.


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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-27 14:14:53 da


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