Brindisi, parla Morleo: «Mi hanno fatto trovare il piatto pronto»


BRINDISI – «Perché non l’hanno ammazzato da qualche altra parte? Me l’hanno fatto trovare là il corpo di Salvatore. Me l’hanno accoltellato e me l’hanno messo in casa. Mi hanno fatto il piatto pronto. Ecco perché mi sono disfatto del corpo, perché ho capito che mi volevano distruggere, qualcuno mi voleva distruggere a me». Interrogato in udienza, davanti alla Corte d’Assise di Brindisi, Enrico Morleo, 57 anni, accusato di aver ucciso gli imprenditori Salvatore Cairo e Sergio Spada, attivi nel settore del commercio delle pentole e degli articoli per la casa, ha respinto le accuse mosse dal pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza secondo il quale gli omicidi sono stati premeditati ed eseguiti con metodo mafioso per eliminare concorrenti scomodi all’azienda di Cosimo Morleo, imputato con accuse identiche. E ha detto ai giudici di aver sempre avuto il dubbio che qualcuno, dopo aver ucciso Cairo, la mattina del 6 maggio 2000, abbia lasciato il cadavere alla legnaia, dove lui lavorava all’epoca, con l’obiettivo di farglielo trovare. Chi sia quel «qualcuno», l’imputato non lo ha detto. «Non lo so chi». Ha sottolineato più volte di aver avuto gli incubi e ha spiegato il contenuto di una intercettazione ambientale finita agli atti del processo, rispondendo a una domanda del suo difensore, Giacinto Epifani del foro di Lecce. La conversazione ascoltata due mesi prima che venisse arrestato, assieme al fratello Cosimo, si riferisce a un sogno che Enrico Morleo racconta alla moglie dicendo di aver visto «una testa tagliata, mani tagliate, coltelli».

Morleo ha ammesso di aver tagliato il corpo con una motosega a scoppio, di aver dato fuoco ai resti in un bidone e di averlo svuotato in un pozzo, in campagna, a sud della zona industriale, dove mercoledì scorso ha condotto i giudici della Corte e dove i vigili del fuoco hanno trovato frammenti della teca cranica, di un piede, un paio di scarpa e una cintura.

«A cosa si riferiva?», ha chiesto in udienza l’avvocato. Risposta: «Agli incubi che avevo del povero Salvatore». «E lei ha pensato di giocare i numeri?», ha chiesto ancora il legale. «No, mia moglie. Giocava, uno-due euro. Ma non le ho mai detto gli incubi che avevo e che ho tuttora». Morleo ha anche spiegato per quale motivo sua moglie rivendicasse del denaro dal fratello Cosimo, smentendo le dichiarazioni rese da Massimiliano Morleo, l’altro fratello, diventato collaborare di giustizia e principale accusatore. Secondo il pentito, ci sarebbe stato un compenso tra 50 e 60mila euro, promesso e parzialmente corrisposto a Enrico Morleo da parte di Cosimo Morleo che, alla fine gli avrebbe versato 5mila euro.

«Mia moglie, persona pulita che ha sempre lavorato, rivendicava i soldi di un terreno», ha spiegato. «Quel terreno lo pagai in nero 14 milioni (di lire, ndr), poi Cosimo lo ha venduto e avrebbe dovuto portarmi i soldi ma non li abbiamo mai visti. E mia moglie si incaponiva».

Sul fratello collaboratore ha confermato il contenuto delle intercettazioni: «Che schifo di cristiano è quello. Non mi nascondo. Se lui pregava la morte mia, io che potevo dire?». E ancora: «Quando ha iniziato a collaborare ha fatto cadere la faccia a terra a tutti. Massimiliano ha sempre detto che un giorno o l’altro se capitasse a lui un incidente del genere, tipo a livello di droga, si sarebbe pentito. L’ha sempre dichiarata questa cosa». L’imputato, inoltre, ha riferito in aula di aver ricevuto delle lettere scritte da Massimiliano Morleo: «Ho avuto delle minacce, me le ha scritte dal carcere prima del pentimento. Ho detto, se non faccio quello che sta dicendo questo qua, chissà cosa mi metterà addosso».

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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2023-12-24 13:46:48 da Gloria Indennitate


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