Calcutta, ti sei divertito al Rock in Roma? – Reely!

Calcutta, ti sei divertito al Rock in Roma? – Reely!




Domenica sera siamo stati al concerto di Calcutta al Rock in Roma e abbiamo cantato per un’ora e mezza, senza sosta.

Eh già, perché Calcutta ha esordito dicendo “mi è stato detto che non so intrattenere, quindi proverò a dire qualcosa” per poi non dire assolutamente nulla per tutta la durata del concerto, se non dei timidi “grazie” e qualche “vi voglio bene”, giusto per riprendere fiato.

Lui, l’artista meno divo della musica italiana, così tremendamente riservato da risultare a tratti schivo, custodisce una dote che pochi dei suoi colleghi hanno; quella di riuscire a parlare a tutti, senza troppe distinzioni.

Tra le 33mila persone presenti ieri sera all’Ippodromo delle Capannelle c’erano giovani donne e giovani uomini, ma anche moltissimi adolescenti e madri e padri con i figli sulle spalle (a danno della visuale di qualche malcapitato). Tutto ciò sembra un paradosso se si pensa ai suoi esordi come “artista di nicchia”. Eppure quell’artista nato per narrare i sentimenti di pochi si è fatto nel tempo portavoce di un sentimento collettivo; quel senso di inquietudine e di abbandono dei millennials che si è poi esteso alla generazione Z e che, alla fine dei conti, ci abbraccia un po’ tutti, indipendentemente dall’età.

Le voci unite in coro a urlare – e non semplicemente a cantare – i grandi successi di Calcutta come Frosinone, Oroscopo, Cosa mi manchi a fare, fino ad arrivare agli ultimi brani come Controtempo e Tutti ci dimostrano che la musica riesce ancora ad essere un grandissimo collante generazionale, indipendentemente dalle categorie in cui ancora oggi si tende a circoscriverla.

Edo, dicci, ti sei divertito al Rock in Roma alla fine?

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