La Corte europea dei diritti
umani ha rigettato i ricorsi contro l’Italia e altri Stati di
due donne italiane che sostengono che l’inazione dei governi
contro il cambiamento climatico gli ha causato problemi di
salute. I ricorsi sono arrivati alla Cedu nel marzo del 2021,
pochi mesi dopo gli ormai famosi ricorsi contro la Svizzera da
parte di un gruppo di donne anziane, che ha portato alla
condanna dello Stato elvetico, e quello di alcuni ragazzi contro
il Portogallo e altri paesi, che è stato invece dichiarato
inammissibile.
Le due donne italiane sono nate rispettivamente nel 2000 e
2002, e vivono l’una a Sedico, in provincia di Belluno, e
l’altra a Ferrandina, in provincia di Matera.
La prima sosteneva che “il disagio provato a causa dei
cambiamenti climatici ha avuto ripercussioni negative sulla sua
salute mentale”. Descrivendosi come “affetta da problemi
comportamentali, ha affermato di provare una forte ansia di
fronte a disastri naturali, come la tempesta di Vaia”. Inoltre
affermava che “il suo stato d’ansia è ulteriormente aggravato
dalla prospettiva di vivere in un clima sempre più surriscaldato
per il resto della sua vita”. La giovane che vive a Ferrandina
sosteneva che quest’area sta subendo una serie di impatti del
cambiamento climatico, tra cui l’aumento delle temperature e il
caldo estremo nei mesi estivi, oltre a gravi inondazioni, e che
questi stanno incidendo sulla sua salute. Nel suo ricorso
dichiarava di soffrire di allergie, eruzioni cutanee e problemi
respiratori che risentono delle alte temperature, e di soffrire
di uno stato di ansia dovuto all’impossibilità di uscire nelle
giornate calde e di essere preoccupata di poter trascorrere del
tempo all’aperto in futuro a causa del riscaldamento globale”.
Per decidere sul merito dei due ricorsi i giudici della Cedu
si sono basati sui “criteri chiave” per il riconoscimento dello
status di vittima degli individui nel contesto dei cambiamenti
climatici, contenuti nei ricorsi contro la Svizzera e il
Portogallo. Il primo è “l’elevata intensità dell’esposizione
della persona agli effetti negativi dei cambiamenti climatici”.
Il secondo è “la necessità pressante di garantire la protezione
dell’individuo”. Per entrambe occorre che le “prove” superino
una “soglia molto alta”. Applicando questi criteri la Cedu è
giunta alla conclusione che le due italiane non hanno “fornito
alcuna prova delle loro affermazioni”.
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