Cerignola, ingiusta detenzione per la rapina in una gioielleri: la decisione della Cassazione

Cerignola, ingiusta detenzione per la rapina in una gioielleri: la decisione della Cassazione



Cerignola, ingiusta detenzione per la rapina in una gioielleri: la decisione della Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha messo una pezza sull’ordinanza della Corte di Appello di Bari che aveva rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione per la misura cautelare della custodia in carcere, dal 5 giugno al 23 settembre 2019, applicata dal Gip del Tribunale dauno nei confronti di Luciano Di Marco, gravemente indiziato, in concorso con la moglie, della rapina alla gioielleria Sciscio di Corso Aldo Moro a Cerignola (immagini video), compiuta l’8 marzo 2019, che fruttò ai malviventi un bottino da 72mila euro. 

L’ordinanza era stata revocata con successiva emissione di decreto di archiviazione. A seguito della perizia antropometrica che aveva evidenziato l’incompatibilità di Di Marco e e della donna con i soggetti effettivamente responsabili della rapina, l’ordinanza era stata revocata; poi era stato emesso il decreto di archiviazione. La Corte d’appello aveva motivato il diniego dell’istanza sul rilievo che successivamente alla ricostruzione della vicenda processuale, con il suo atteggiamento “gravemente colposo”, l’indagato avrebbe colposamente omesso di rappresentare elementi a sostegno della sua estraneità ai fatti di qualunque natura, “concausa dell’avvenuta ritardata scarcerazione”; e avesse fuorviato gli inquirenti rafforzando il convincimento della ragionevole colpevolezza. 

La testimonianza: “Sono un uomo distrutto”

Contro le ragioni della Corte d’Appello di Bari, Luciano Di Marco aveva proposto ricorso per cassazione attraverso il suo legale, deducendo l’errata applicazione ed interpretazione della legge penale in riferimento all’art. 314 codice di procedura penale I, e II comma, nonché l’omessa ed illogica motivazione in ordine agli artt. 274 e 280. “Dopo aver ricostruito la vicenda che ha condotto all’applicazione della misura cautelare, si assume che alcun comportamento colposo é ravvisabile nei confronti dei ricorrenti i quali hanno dovuto ricostruire i loro spostamenti per dimostrare la loro completa estraneità ai fatti. Inoltre nell’ordinanza gravata non viene effettuata alcuna analisi delle condotte dell’istante poste a fondamento della misura cautelare ed in ordine all’effetto causale delle stesse sull’applicazione della misura” scrive la difesa. Con il secondo motivo ha dedotto la contraddittoria motivazione in ordine all’art. 314. “Si censura in particolare l’ordinanza impugnata laddove non é chiaro a quale dei due indagati si riferisca; inoltre non vi é alcuna sentenza che abbia valorizzato il comportamento dell’istante né è specificata quale sia la diretta conseguenza delle condotte contestate ai ricorrenti” si legge.

I 120 giorni di Luciano di ingiusta detenzione

Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, mentre il ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

Nel giudizio della Corte di Cassazione si legge che “l’ordinanza impugnata non fa buon governo dei principi di diritto sopra enunciati” e, che “la Corte territoriale, nel rigettare l’istanza ex art. 314 codice procedura penale, sull’assunto della sussistenza di una condotta ostativa dell’istante, asseritannente consistita nell’aver colposamente omesso di rappresentare elementi a sostegno della sua estraneità ai fatti di qualunque natura e tale da porsi come concausa dell’avvenuta ritardata scarcerazione, non ha in realtà in alcun modo individuato in cosa fosse consistita detta condotta e se, ed in che modo, la stessa possa aver inciso sull’adozione ed il mantenimento della misura cautelare, limitandosi ad affermare che “tale atteggiamento gravemente colposo ha di fatto fuorviato gli inquirenti rafforzando il convincimento della ragionevole colpevolezza dell’istante nell’attività criminosa contestata”.

In conclusione l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

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www.foggiatoday.it è stato pubblicato il 2025-03-24 10:23:00 da


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