BARI – Una sfida a colpi di champagne, tavoli riservati e pistole portate in bella vista per incutere timore: così i giovani rampolli delle famiglie mafiose pugliesi dominavano la notte nei locali.
È il quadro inquietante che emerge dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dagli atti del tribunale del Riesame di Bari, legati all’inchiesta sull’omicidio di Antonella Lopez, 19 anni, uccisa nella discoteca Bahia Beach di Molfetta.
La gara del potere tra i clan
Secondo il pentito Michelangelo Maselli, le serate si trasformavano in vere e proprie esibizioni di potere tra i giovani delle famiglie Strisciuglio, Capriati e Parisi-Palermiti.
La sfida? Entrare con più persone, occupare più tavoli e ordinare più bottiglie, soprattutto di champagne pregiato. Il tutto ostentato sui social, con TikTok come vetrina preferita.
«Era una sfida tra clan rivali per dimostrare la propria egemonia», racconta Maselli.
E aggiunge: «Christian e Bino, i figli di Raffaele Capriati, pubblicavano i video delle serate al Cromie, mostrando file di Dom Perignon. Dovevano superare gli Strisciuglio e quelli del Cep». Ma dietro il lusso, c’era molto di più.
Armi in mostra per incutere paura
Il prestigio, per questi giovani boss, non si misurava solo con le bottiglie.
Il collaboratore di giustizia Gianfranco Catalano descrive Eugenio Palermiti, figlio del boss di Japigia, come ossessionato dall’idea di essere visto armato.
«Gli piaceva che la gente sapesse che era armato, per far dire: “Il figlio di Gianni è pericoloso”». Una prova di forza e appartenenza al clan.
Palermiti junior si presentava ai locali con una pistola calibro 7.65 ben visibile, tanto da far infuriare persino altri affiliati.
«Gli dissi che se non se ne andava, avrei avvisato suo padre», racconta Catalano.
Ma lui non si fermava. Quando arrivò al Bahia Beach il 22 settembre 2024, accompagnato dalla sua comitiva, entrò senza pagare il biglietto, facendo leva sulla sua fama criminale.
Buttafuori intimiditi e omertà generale
La sua sola presenza bastava a terrorizzare i bodyguard.
Secondo l’ordinanza del Riesame, gli addetti alla sicurezza «erano già intimoriti prima ancora che lui mostrasse la pistola».
Tra loro, anche un agente di polizia locale, ora indagato per falsa testimonianza, che avrebbe ammesso: «Quelli che sono malandrini, fermali tu».
Nessuno dei presenti, quella notte, ha collaborato con le indagini.
«Più di mille ragazzi in discoteca, e nessuno ha visto niente», sottolineano i giudici. Un silenzio assordante, figlio della paura e dell’omertà che protegge i clan.
Una condotta da vero mafioso
Per il tribunale, il comportamento di Palermiti era studiato per evocare la forza intimidatoria del clan.
Entrava senza pagare, umiliava i buttafuori e dominava la scena con arroganza, sicuro dell’impunità garantita dal clima di paura.
La notte in Puglia, tra lusso e violenza, sembra seguire un copione mafioso ben collaudato.
E i giovani rampolli dei clan, più che divertirsi, cercano di conquistare il loro posto al vertice della criminalità locale. A colpi di champagne e pistole.
Lo riporta quotidianodipuglia.it
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