[ad_1]
Piacenza in epoca longobarda era sottoposta al rispetto delle leggi emanate da Pavia il 23 novembre del 643, in quella raccolta chiamata “Edictum Rotharis Regis”. Un capolavoro scritto in latino, di codici o leggi ben specifiche, e tra queste spiccano quelle che riguardano i fiumi, e tra essi ovviamente il Po, ma pensiamo anche al fiume Ticino ed al Lambro. In quei secoli di dominazione delle “gens langobardorum” Piacenza vantava sul Grande Fiume un porto fondamentale chiamato nei loro documenti “Lambrum et Placentia”.
Per questo ci siamo concentrati su quelle leggi che riguardano proprio i “portonari”, cioè i gestori dei porti sui fiumi, e proprio a loro toccava riscuotere il “teloneo”, il dazio alle barche in arrivo ed in attracco. E non solo, perché i “portonari” anche materialmente traghettavano da una sponda all’altra le genti, i contadini ed i carriaggi, proprio per questo alcune leggi dell’Editto di Rotari sono a tale riguardo.
Infatti troviamo tra le leggi da rispettare quelle “De portonario qui super flumen portum custodit” cioè del Portonario che custodisce un porto sul fiume e dobbiamo dire che mirano anche a tutelarne la buona fede e buona fama. Chiarisce la legge longobarda, che il portonario accusato di “fugacem hominem aut furem transposuisset” cioè di aver trasportato un fuggiasco o un ladro, ma lui lo nega con giuramento “et portonarius negaverit”, allora “sit exolutus a calomnia” cioè sia assolto da questa grave ed ingiusta calunnia.
Prevaleva la parola di questi uomini, dediti e fidati, per un servizio “statale” prestato alla buona gestione del fiume sul territorio locale, rispettati appunto come funzionari statali.
Però anche al portonario longobardo sul porto del Po piacentino si applica questa altra legge: se egli trasporta un ladro “furonem hominem” con la refurtiva e ne è consapevole, ne diventa complice a tutti gli effetti “collega sit furoni” con relativa pena.
Anche per gli schiavi fuggitivi, se li porta con una barca o li traghetta all’altra sponda in modo consapevole “qui sciens transposuit fugacem”, allora dovrà pagare al loro padrone il valore stimato cioè “reddantur sub exstimatione pretii” con anche greve pena pecuniaria da versare alla Corte del re in Pavia. Nel caso un portonario invece traghetta un uomo libero fuggiasco “hominem libero fugacem” e sa per certo che è un fuggiasco “et cognoverit”, se non può trattenerlo “si eum tenere non potuit” dia subito l’allarme per poterlo rintracciare, con una severa pena se trasgredirà.
Queste sono alcune delle leggi longobarde, sintetiche ma efficaci, applicate agli uomini addetti ai porti di Po, quando ancora il fiume privo di arginature, si “muoveva” creando meandri che oggi solo le antiche mappe ci mostrano con precisione. E se Pavia era la capitale del Regno di questo popolo, Piacenza venne elevata a Ducato longobardo, un privilegio.
www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-12-01 06:00:00 da
0 Comments