Coniugi uccisi a Serranova, il Pm annuncia in aula: «Il testamento è genuino»



CAROVIGNO – Marito e moglie uccisi a fucilate il 28 febbraio 2023 nella loro abitazione, nelle campagne di Serranova, per un movente riconducibile a liti anche per questioni ereditarie. Ma pure contrasti precedenti tra alcuni fratelli per un terreno, sospetti sul testamento di un altro fratello ritenuto falso dagli altri e la scoperta ieri mattina in udienza che quelle disposizioni in chiave ereditaria sono «genuine», stando alla perizia chiesta dal pm. Nell’udienza del processo per l’omicidio di Antonio Calò, 70 anni, e Caterina Martucci, 64, in cui è imputato Cosimo Calò, 86 anni, fratello di Antonio (ai domiciliari con braccialetto elettronico), il pm Francesco Carluccio ha anticipato le conclusioni del perito che ha analizzato il testamento sul quale c’è la firma di Angelo Calò, fratello della vittima e dell’imputato. Per quel testamento pende un procedimento penale nei confronti di Carmelo Calò, 79 anni, altro fratello della vittima e dell’imputato.

Il 79enne avrebbe dovuto essere ascoltato come teste, ma l’esame è stato rinviato essendo ancora convalescente dopo un intervento chirurgico. Ieri è stata sentita Maria Vincenza Calò, 75 anni, sorella della vittima, dell’imputato e di Carmelo Calò: nel corso dell’esame della donna è venuta a galla la novità relativa al testamento. La teste ha descritto alla Corte presieduta da Maurizio Saso i rapporti tra i fratelli, già riferiti ai carabinieri subito dopo i fatti, e la scoperta del testamento prima del duplice omicidio, per il quale era stato conferito incarico per verificare se fosse vero o meno. «Posso chiedere se voi avete fatto fare una perizia?», ha domandato la donna al pm che la stava interrogando. Un capovolgimento dei ruoli che ha permesso di avere un’anticipazione rispetto alle conclusioni della perizia. L’eredità lasciata da Angelo Calò sarebbe costituita da un’abitazione da 100mila euro in buoni postali e sarebbe stata favorevole ad Antonio Calò. La donna, rispondendo alle domande dell’avvocato Danilo Di Serio, difensore dell’imputato, ha detto: «Mia madre donò a Cosimo una porzione di terreno, lui si rese conto che non gli interessava e lo acquistò Antonio per due milioni di lire». Ha precisato che la somma venne pagata in contanti, ma l’atto non fu registrato.

«Antonio aveva difficoltà economiche e voleva venderlo alla figlia di Carmelo perché su quella porzione era stato realizzato un parcheggio per la sala da ballo in cui Antonio faceva il parcheggiatore». La sala da ballo era stata aperta da Carmelo Calò. La donna ha detto di aver scoperto che il fratello Angelo aveva lasciato un testamento che sarebbe stato trovato da Antonio Calò. A quel punto decisero di dividere il denaro: «Ma Carmelo e Antonio non volevano firmare pensando di bloccare tutti e costringere Cosimo a cedere il terreno». Quest’ultimo, dopo la morte di Angelo a maggio 2022, sarebbe andato a Serranova e ci sarebbero state delle minacce ad Antonio: «Cosimo gli ha detto: non finisce qui». Cosimo non sarebbe andato al funerale del fratello. Ascoltato in udienza anche un sanvitese dal quale, stando agli atti, dieci giorni prima del duplice omicidio, Cosimo Calò andò per acquistare un fucile pagandolo 150 euro: «Era un calibro 12. Mi chiese di regalargli 10 cartucce. Diceva che vivendo in campagna, aveva paura».


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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2024-10-23 14:00:51 da


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