GROSSETO. Non ci siamo solo noi. Ci sono persone che vivono in questa città, invisibili o quasi di giorno, accampati di notte dove capita, a Barbanella, alla stazione, in centro storico, in qualche rifugio coperto dove, con una coperta addosso, passano la notte. Quell’estrema povertà per la quale tanti scrollano le spalle, alcuni anche con fastidio, ma che in città è in crescita.
Basti pensare che i volontari di “Abitare la notte” nel 2024 hanno distribuito una media di 24 pasti al giorno. Saliti ad oltre 40 in gennaio e febbraio, con punte vicino ai 50. E, ogni giorno, alla mensa della Caritas sono un centinaio le persone che ricevono qualcosa di caldo da mangiare.
Quindi che città è Grosseto di notte? E’ una città dove gli invisibili sono ancora più invisibili. Quello che accade di notte ha riverberi di giorno solo se interessa la cronaca nera. Azzuffatine, episodi più gravi di violenza, spaccio o cose simili. Diventa eclatante se si verificano episodi ancor più gravi.
Fanno rumore soprattutto le morti dei clochard. Allora ci ricordiamo che esiste anche chi vive di notte, chi non ha un tetto sopra la testa, ma dorme in posti di fortuna. È vero, per alcuni è una scelta vivere in strada. Per altri è una necessità. Anche per molti italiani che si sono venuti a trovare, per motivi molto diversi, da una vita “normale” ad essere risucchiati nel gorgo della povertà. Che come ogni gorgo, spinge sempre più giù. Fino all’abisso, che prende il nome di solitudine, disperazione, fragilità, alcool, droga.
Eppure c’è chi la Grosseto notturna la conosce. Le forze dell’ordine certo. Ma anche tanti volontari che scelgono di dedicare un po’ del loro tempo per rendere meno dura la vita in strada.
Da poco più di un anno le realtà che, in città, si dedicano a questo tipo di servizio – grazie all’iniziativa di Caritas – si sono messe in rete dando vita all’esperienza di “Abitare la notte”. L’espressione dice tutto. Abitare la notte, infatti, vuol dire scegliere di calarsi nei tanti abissi di chi arranca, di chi non ha avuto la capacità di reagire alle batoste della vita, di chi ha scelto un’esistenza disordinata, di chi è rimasto solo.
Sono quattro le realtà che hanno dato vita ad una sorta di network della solidarietà, sotto l’egida di Caritas diocesana: Cisom, Associazione Isaia, Azione Cattolica, Ceis.
Ogni sera un gruppo di volontari esce intorno alle 19.30, partendo da Caritas, dove nella cucina alcune volontarie preparano un pentolone con una pietanza calda, preparato da altri volontari che stanno in cucina. Minestrone, passata di verdure: sono queste le pietanze che solitamente vengono preparate.
Inizia così il giro nelle zone della città dove si sa di trovare persone che vivono in strada o trovano alloggio nei dormitori.
Nel presentare l’impegno di Abitare la notte, don Enzo Capitani, direttore della Caritas, pensa a Reinhard, il senza fissa dimora che, fino a qualche tempo fa, dormiva in una cabina telefonica in piazza De Maria. Adesso l’uomo, 66 anni, tedesco, è in ospedale, dopo una brutta caduta avvenuta nella pensilina di via Inghilterra, dove da un po’ si è trasferito.
«Lui è uno che non vuole farsi aiutare, che ha fatto la scelta di vivere così – dice don Enzo -. Se gli porti qualcosa lo accetta, ma non vuole spostarsi da dove vive, da quella che considera la sua casa. Ma è una persona. Con una grande dignità. E che ha fatto una scelta che va rispettata. Qualche tempo fa, prima che finisse in ospedale, ho incontrato il parroco della Santa Famiglia che gli portava la colazione. Fossero tutti così i preti… Però Reinhard è uno che vive senza disturbare nessuno, in fondo è una piccola fiammella di speranza».
«Il progetto – spiega don Claudio – è stato finanziato da Caritas italiana attraverso i fondi 8xmille, a dimostrazione che ogni firma consente di poter portare avanti iniziative come questa, che puntano a restituire dignità alle persone. In questo senso, il progetto si sta orientando anche verso la presa in carico delle persone rispetto ai loro bisogni sanitari. Nel corso del 2024 (periodo gennaio-dicembre) i pasti distribuiti nelle uscite serali sono stati 4538; le zone visitate ad ogni uscita sono 18».
I dettagli nella tabella
Questo progetto era nato originariamente col nome “Amici della notte” e con questo nome fu organizzato anche il primo corso di formazione a Roma con “Binario 95” progetto della Europe Consulting Onlus, una cooperativa sociale di tipo A e B costituita nel 1997, che oggi conta circa 75 dipendenti di cui 35 soci più due soci volontari e opera nell’ambito dell’assistenza socio-sanitaria, dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, dell’accoglienza, dell’orientamento ed inclusione sociale delle persone senza dimora, dell’immigrazione, della comunicazione, dell’informatica orientata a servizi sociali o culturali e dell’editoria.
«Con i volontari che, dopo il corso, hanno deciso di aderire – racconta don Enzo Capitani, direttore di Caritas diocesana – ci siamo messi in moto per strutturare questo progetto a cui abbiamo, poi, dato il nome attuale: Abitare la notte. La cosa importante da evidenziare è che questo è un progetto che abbraccia realtà diverse fra loro e la Caritas ha funzionato da collettore anche dal punto di vista ecumenico, perché tra noi c’è l’associazione Isaia, espressione della Chiesa apostolica».
Perché “Abitare la notte”? Don Capitani lo spiega così.
«Di solito siamo portati a pensare che abitiamo il tempo diurno e separiamo da noi la notte. È come se avessimo la sensazione che la notte non sia abitata, ma piuttosto sia deserta, mentre non è vero! In una realtà di provincia come Grosseto forse questa consapevolezza ha iniziato a palesarsi da poco, ma non dobbiamo dimenticare che, ad esempio, ci sono persone che di notte vanno a lavoro e quindi anche la notte è abitata! È chiaro – prosegue – che le tenebre nascondono. Se così è, occorre allora che la notte sia resa abitabile, affinché ci sia vita. Per chi è senza dimora – dice ancora il direttore di Caritas diocesana – anche la notte viene abitata, perché dorme all’aperto o comunque in giacigli di fortuna».
Attualmente sono cinque le uscite settimanali dei volontari, seppure l’obiettivo è arrivare a sei. L’orario attuale è 19.30-21.30 e la mattina del martedì, mercoledì e giovedì dalle 6 alle 7, ma anche da questo punto di vista l’obiettivo ulteriore è effettuare un’uscita nella fascia mezzanotte-due della notte.
«Il progetto non solo è impostato per distribuire cibo caldo o ospitalità, ma anche mandare un segnale alla nostra comunità che non necessariamente durante la notte non si può camminare o usufruire di alcuni servizi. è vero che siamo arrivati ad una situazione esplosiva sotto molti punti di vista, ma proviamo a spegnere l’incendio invece di alimentare polemiche e scontri dialettici! Ci sono angoli della città che, visti di notte, possono mostrarsi in modo diverso».
Con questo progetto, inoltre, Caritas e le associazioni aderenti, vogliono anche sottolineare che la notte non è solo una condizione temporale.
Per questo don Capitani lancia un appello anche ai mezzi di informazione a utilizzare linguaggi che aiutino a disinnescare «la notte perenne che, ad esempio, abita sui social, dove viene utilizzato un linguaggio che alimenta tensione, scontro. Diamo voce, invece, anche alla sentinelle che ci sono anche nella notte e che agiscono perché l’aurora arrivi per tutti. Dar loro voce potrebbe provocare un circolo virtuoso, per cui anche altri acquisiscano la consapevolezza di poter essere a loro volta nuove sentinelle che abitano la notte come segni di speranza nei confronti di una comunicazione che semina odio. Non facciamoci schiacciare entro i confini del buio».
Mirko Salticcioli è il tutor del progetto.
«Dietro ai numeri ci sono delle persone – dice -. Quando noi portiamo i pasti siamo consapevoli che davanti abbiamo una persona. Oltre al cibo portiamo un conforto, le parole, un dialogo. Queste persone hanno bisogno anche di coccole. Noi da loro riceviamo molto di più di quello che diamo».
Una buona parte del cibo che viene distribuito arriva da locali che, a fine serata, regalano l’invenduto: «Lo fanno con il sorriso – aggiunge – consapevoli di dare un aiuto importante. Pensate che alcuni di loro ce lo scaldano anche, prima di darcelo. Insomma, in questa città c’è chi fa parlare il cuore».
Carla Di Stefano, invece, è una delle cuoche che prepara i pasti: «Preparo ogni volta 40-50 pasti. Non conosco le persone per cui cucino – dice – ma per me è importante sapere che il mio lavoro è per loro un aiuto. Questo mi dà conforto e mi spinge ad andare avanti».
Marco Mattera fa parte del Cisom, il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta: «Anche noi con la nostra struttura siamo vicini a queste persone, anche con il dialogo. E le nostre sedi nelle grandi città, le abbiamo anche a Bologna e Milano, confermano che i numeri di Grosseto sono analoghi. Anche qui la povertà estrema è diffusa».
Angelo Casali fa parte dell’Associazione Isaia, il reparto operativo di sostegno umanitario di Isaia Peace Warriors, i guerrieri di pace impegnati nel volontariato a favore di chi vive nell’emarginazione e nel disagio sociale. Un’associazione espressione della chiesa apostolica.
«Quello che ci consola – dice – è che molti giovani chiedono di fare i volontari per noi. E che quando vengono una prima volta a fare i giri, poi vogliono tornarci».
Adesso l’obiettivo è organizzare un nuovo corso di formazione per operatori di strada destinato ai giovani. «Per stare in strada di notte serve un’apposita formazione. Abbiamo preso già contatti con l’Amministrazione per provare ad organizzarlo».
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