Il presidente dell’Anica replica ai dati del Corriere: «Dal 2017 al 2021 gli investimenti sono aumentati di 14 volte rispetto al Pil, il valore da circolazione internazionale è triplicato, raddoppiato il numero di film che vanno all’estero»
Volentieri avrei fornito al Corriere di Roma i dati sulla situazione delle industrie del cinema e audiovisivo in vista degli articoli pubblicati il 27 novembre. Cerco di farlo qui, e non posso non partire citando la vostra affermazione «L’Italia è in ripresa, tranne un settore fortemente radicato nel Lazio: l’audiovisivo». Le industrie del cinema e audiovisivo conoscono invece una crescita formidabile, che si riflette specialmente a Roma e nel Lazio. I numeri sono pubblici, e riguardano la crescita dei fatturati, la crescita dei posti di lavoro (si fatica a trovare diverse figure professionali), la crescita delle esportazioni dei nostri prodotti nel mondo.
Nel periodo 2017-2021, il numero di film prodotti è stabile (in media, 226 all’anno). Gli investimenti nell’audiovisivo sono cresciuti quattordici volte più del Pil nazionale. Il valore da circolazione internazionale è triplicato, raddoppiato il numero di film che vanno all’estero, le co-produzioni internazionali a +124%. I posti di lavoro sono 180mila, +4,6% (rispetto al 2019). Più volte avete scritto della crescita di Cinecittà, i cui studi debbono raddoppiare, e sono al completo per i prossimi anni; o dell’afflusso di produzioni internazionali in Italia e nella nostra città (i più anziani ricorderanno quando, a metà degli anni ‘90, chi scrive istituì la prima Film Commission d’Italia). Con una seconda notazione personale, vorrei ricordare la delibera «Nuovo Cinema Paradiso» che in quegli anni, grazie all’impegno di Gianni Borgna e della nostra amministrazione, consentì la modernizzazione o l’apertura di ben 250 sale a Roma.
Il mondo, nel frattempo, è cambiato parecchio. I prodotti vengono offerti nelle sale – che restano il luogo-principe e irrinunciabile della fruizione e della socialità – e nelle tv, ma anche sulle Piattaforme e sul web. Dunque, le industrie formano una filiera integrata, cui si deve guardare con occhio industriale, oltre che estetico. E non nostalgico, a fronte dei cambiamenti che corrono. Alcuni sono negativi. Non tutti i prodotti sono all’altezza delle aspettative di un pubblico sempre più esigente, vista la moltiplicazione dell’offerta; non tutti i Cinema sono perfetti.
Sul prodotto, e come migliorarne la qualità, l’Anica (assieme alla Festa del Cinema di Roma, piena, come avete giustamente scritto, di folle di giovani, proprio come Venezia, o Torino, in questi giorni) ha promosso nove Dialoghi pubblici poche settimane fa, con la partecipazione di decine di protagonisti: direttori di Festival, produttori, registi, distributori per le sale, streamer, emittenti tv, distributori internazionali, sceneggiatori, attori. Sulle sale, avete giustamente dato la parola agli esercenti. Io vorrei sottolineare che gli ultimi segnali sono positivi: la riapertura di alta qualità del Barberini, la trasformazione del Fiamma (chiuso da anni, come risulta dalla foto da voi pubblicata) finanziata dal Centro Sperimentale di Cinematografia, o rilanci di successo come il Cinema Troisi.
Quanto agli incassi, sbagliato non ricordare che il 2019 è stato l’anno in cui l’Italia è cresciuta più di ogni altro paese europeo, e che dopo abbiamo sofferto per il Covid più di molti altri (con le restrizioni più severe d’Europa, mentre però le produzioni continuavano a lavorare senza fermarsi). Occhio, però: l’Italia nel ‘22 perde circa il 50% sul ‘19 (la Spagna, mercato più simile al nostro, il 40%; gli Usa il 33%); ma dalla ripartenza del settembre scorso è proprio la cinematografia italiana a sostenere incassi e presenze (oltre il 30%). Le sale non avranno più gli introiti degli anni d’oro, ma tornano e torneranno a crescere.
Le rappresentazioni dell’Italia (a parte il Woody Allen di dieci anni fa, ci sono molti prodotti di oggi che sfondano, specialmente sulle piattaforme, raggiungendo decine di milioni di spettatori) sono fondamentali per la narrazione del nostro Paese, il nostro soft power, l’attrazione del turismo.
Un’ultima considerazione. Ci manca solo che mettiamo in discussione il tax credit, strumento decisivo di crescita e competitività della nostra filiera (mentre tutti i paesi concorrenti ci copiano, o tentano di attirare produzioni alzando i rispettivi incentivi); o che pensiamo di scoraggiare gli investimenti esteri magari con l’argomento che bisogna aiutare «le piccole produzioni», proprio mentre ci lamentiamo dell’assenza di offerte competitive che attraggano il grande pubblico. La filiera del cinema e audiovisivo cresce attraverso diversi modelli creativi (film di qualità, esordienti, grandi autori, opere ad alto budget, animazione, commedia…) e industriali (una pluralità di aziende con strategie differenti, inclusa l’attrazione di investimenti stranieri; anche con un auspicato sostegno a nuove aggregazioni nazionali e per accrescere finalmente le nostre capacità di acquisizioni all’estero). È importante, insomma, che oltre ai titoli riusciamo a vedere tutto il film.
28 novembre 2022 (modifica il 28 novembre 2022 | 08:11)
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roma.corriere.it è stato pubblicato il 2022-11-28 13:44:34 da Francesco Rutelli, presidente Anica
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