GROSSETO. A ben guardare, i danni maggiori, dall’inizio delle inchieste delle varie trasmissioni sulla morte del manager del Monte dei Paschi, Davide Rossi, li ha avuti lui. Perché si è ritrovato sul banco degli imputati, in due processi diversi e perché è stato costretto a cambiare il nome dei suoi negozi e a vendere il locale del quale è stato proprietario per trent’anni.
Lunedì 18 novembre però, per Antonio Degortes, almeno uno degli incubi cominciati con il dolore per la morte di Rossi, suo grandissimo amico, è finito. Al processo per diffamazione, nel quale era imputato, per aver criticato il servizio del giornalista Pier Angelo Maurizio durante la trasmissione Quarto grado del 26 aprile 2019, è stato assolto dal giudice Marco Bilisari.
Era accusato di diffamazione, per una puntata della rubrica “Il dito nell’occhio” pubblicata su Facebook, nella quale criticava il contenuto del servizio trasmesso. Difeso dagli avvocati Roberto Baccheschi e Roberto Martini, quella di oggi è stata la prima sentenza pronunciata nei confronti dell’imprenditore. Sentenza di assoluzione, perché il fatto non costituisce reato.
Il vice procuratore onorario Leonardo Brogi aveva chiesto una condanna a 4 mesi di reclusione.
Tutto era cominciato – come nel caso delle puntate dedicate alla morte di Davide Rossi mandate in onda sempre da Mediaset durante la trasmissione Le Iene – quando erano spuntate interviste di persone, alcune delle quali pregiudicate e tutte con il volto nascosto e la voce modificata, che parlavano della presenza di festini a luci rosse, dove sarebbero circolati anche fiumi di cocaina, organizzate dall’imprenditore alle quali partecipavano, oltre allo stesso manager del Monte dei Paschi, anche i magistrati che poi avevano archiviato la sua morte come suicidio.
Degortes aveva criticato quelle puntate mandate in onda da Quarto grado etichettandole come «inchieste farlocche», parlando di «fantasie e contraddizioni», «fra testimoni incappucciati e teorie astruse».
Testimoni che avevano avuto problemi con la giustizia. Uno dei quali, per esempio, era stato condannato dal tribunale di Siena per stalking, proprio nei confronti dell’imprenditore.
L’imprenditore in aula: «Costretto a cambiare nome ai miei negozi»
Il nome di Degortes non viene mai fatto durante le diverse puntate dedicate al suicidio di Davide Rossi. Viene sempre e solo indicato un imprenditore senese che viveva in Maremma e che aveva la barca ormeggiata al porto.
E che organizzava, appunto, feste. Sì, ma nel suo locale a Castiglione della Pescaia, la Capannina. «Locale che alla fine ho dovuto vendere – ha spiegato Degortes al giudice, quando è stato sentito durante il processo – perché frequentato da molti giovani e giovanissimi. I loro genitori certo non sarebbero stati contenti di farli andare a ballare nel locale di colui che organizzava festini a base di sesso e droga». Stessa cosa per il nome dei suoi negozi di abbigliamento. Dalle insegne è sparito il cognome dell’imprenditore, Degortes, cambiato in Area 9. Le commesse gli avevano infatti detto che alcuni clienti avevano fatto riferimento a quei festini, la cui esistenza non è mai stata accertata.
Ora, dopo l’opposizione all’archiviazione della querela presentata dall’imprenditore nei confronti delle Iene, dopo che è stata aperta anche una commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Davide Rossi e dopo aver vinto anche la battaglia legale contro l’accusa di violazione del diritto d’autore, con l’archiviazione del procedimento, è arrivata la sentenza. Degortes non ha diffamato Quarto grado. Ha soltanto criticato l’impostazione della trasmissione. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.
www.maremmaoggi.net è stato pubblicato il 2024-11-18 19:23:35 da Francesca Gori
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