Depuratori sequestrati, abusivismo e arresti: i mali della Calabria…

Depuratori sequestrati, abusivismo e arresti: i mali della Calabria…


LAMEZIA TERME L’impatto dell’illegalità sulle regioni costiere del nostro Paese, sul mare e sulle sue risorse ha registrato nel 2023 una crescita generalizzata in termini di reati, persone denunciate e sequestri, nonostante una leggera flessione dei controlli (-8,4%). I numeri, come sempre, parlano chiaro: gli illeciti penali accertati dalle forze dell’ordine e dalle Capitanerie di porto sono stati 22.956, con una crescita del +29,7% rispetto al 2022, a una media di 8,4 reati per km di costa, uno ogni 119 metri.

Sono questi i dati significativi che emergono dal rapporto “Mare Monstrum” 2024 di Legambiente sull’aggressione criminale alle coste e al mare del nostro Paese.  
Le persone denunciate hanno superato quota 25mila (esattamente 25.545), in aumento del 43% sull’anno precedente. Cresce l’efficacia dell’azione repressiva, come dimostra il numero di persone arrestate (204, +98,1%) e quello dei sequestri, pari a 4.026, in crescita del 22,8% sul 2022. Un reato su due (50,3%) si concentra nelle 4 regioni a tradizionale presenza mafiosa, Campania (3.095 illeciti penali), Sicilia (3.061), Puglia (3.016) e Calabria (2.371), che guidano nell’ordine, come numeri assoluti, la classifica regionale, seguite dal Lazio (1.529 reati) e dalla Toscana (1.516). Nelle prime dieci regioni figurano Sardegna, Veneto, Liguria e Marche. Proprio questa regione è, invece, la prima come numero di illeciti complessivi (reati e violazioni amministrative) per km di costa (38,9), seguita da Friuli-Venezia Giulia (31,9 illeciti per km) e Basilicata (30,9).

Depuratori sequestrati, abusivismo e arresti: i mali della Calabria…

Il ciclo illegale del cemento rappresenta «la quota più significativa dei reati ambientali analizzati anche in questa edizione di Mare Monstrum, a causa, principalmente, della miriade di abusi edilizi che Proseguono a sfregiare l’Italia». Un fenomeno devastante per lo sviluppo sociale, ambientale ed economico dell’intero paese, che colpisce principalmente due aree: il Sud, in particolare quelle a tradizionale insediamento mafioso, e le aree costiere, le perle estive del Belpaese. Proseguono a crescere i reati accertati nel ciclo del cemento (dall’abusivismo edilizio alle occupazioni del demanio marittimo) lungo le coste del nostro Paese: un assalto senza fine, che solo nell’ultimo anno (2023), su quasi 504 mila controlli, ha portato alla verbalizzazione di oltre 10 mila reati, 10.257 per l’esattezza (+ 11,1% rispetto all’anno precedente), la denuncia di 11.647 soggetti (+ 21,2%) e l’arresto di 14 (-68,9%), con complessivi 1.614 sequestri penali e sanzioni per un valore pari a 36.720.610 euro. A cui vanno aggiunti anche 15.062 illeciti amministrativi per un totale di 34.121 sanzioni comminate. Un vero bollettino di guerra a due passi dal mare. La Campania è la regione con il numero più alto di reati accertati, 1.531, quasi il 15% sul totale nazionale, con un incremento del 21,4% rispetto al 2022, così come di denunce, ben 1.710, seguita dalla Puglia, con 1.442 reati (e 1.546 denunce) – che ha anche il numero più alto di controlli (62.246) e di sequestri (368) –, dalla Sicilia (1.180) e dalla Calabria (1.046 reati, +20,1%).  

In Calabria

In Calabria, a fine marzo, a Scalea, in provincia di Cosenza, i carabinieri forestali hanno posto sotto sequestro un edificio a San Nicola Arcella, realizzato in area a vincolo idrogeologico e sismico senza le previste autorizzazioni, e denunciato il committente dei lavori, il titolare della ditta esecutrice e il progettista. Qualche giorno prima, a Palmi (provincia di Reggio Calabria) gli agenti della Polizia municipale, dopo lunghi e complessi sopralluoghi, hanno posto i sigilli a nove fabbricati abusivi nelle zone di Scinà e Ciambra, denunciando alla Procura della Repubblica ben 33 persone. Tutti dovranno rispondere di numerosi reati urbanistici e ambientali quali la lottizzazione abusiva, l’edificazione in aree di interesse archeologico e a rischio sismico, in qualche caso violazione di sigilli.

Al cemento lungo le coste si “sommano” l’abbandono e gli smaltimenti illegali di rifiuti, gli scarichi in mare e la “mala depurazione”. Nel 2023 le forze dell’ordine insieme alla Capitanerie di porto hanno accertato altri 6.372 reati che coprono l’interno spettro di queste attività illecite. Reati in netta crescita, che sfiorano il 60% di incremento rispetto all’anno prima, così come crescono le persone denunciate, 7.741 (+ 89%), gli arresti (186, con un’impennata del 226,3%) e i sequestri, 2.114 (+ 51,5%). In flessione, invece, gli illeciti amministrativi, che sono stati 5.229 (-26,8% rispetto al 2022), le relative sanzioni amministrative, pari a 5.647 (-22,1%), così come il valore economico delle sanzioni irrogate, che superano comunque i 258 milioni di euro (258.297.256 euro per la precisione).

La mala depurazione continua a essere una croce che il nostro paese si porta addosso, soprattutto al Sud e soprattutto in Calabria, dove il rosario delle inchieste e dei sequestri si ripete senza apparente fine. Secondo quanto riportato sul portale WISE (Water Information System for Europe)1 della Commissione Europea e dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, in Italia abitazioni e industrie (alcune) generano un totale di 78 milioni di abitanti equivalenti (a.e.) di acque reflue, pari a 156 milioni di vasche da bagno. Nel nostro Paese il trattamento dei reflui viene eseguito da 3.691 impianti su tutto il territorio nazionale: 1.762 effettuano un trattamento biologico con rimozione di azoto e/o fosforo, 1.757 solo trattamento biologico e 172 un trattamento primario.

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Passando alle immancabili cronache giudiziarie, uno degli ultimi provvedimenti risale a pochi giorni prima che arrivasse l’ennesimo deferimento europeo al nostro paese, 4 marzo di quest’anno, giorno in cui la Dda di Catanzaro ha chiuso l’operazione “Scirocco”, emettendo 18 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti (compresi 4 funzionari pubblici locali) in merito alla gestione di 34 depuratori calabresi (che coprono 40 comuni ubicati nelle 5 province calabresi), oltre al sequestro di sei società del valore di 10 milioni di euro. L’8 luglio scorso, il gup Arianna Roccia ha stabilito il rinvio a giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, di tutti gli imputati, 26 persone fisiche 5 società, accogliendo la richiesta del pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Paolo Sirleo.
L’accusa è che le società coinvolte si sarebbero aggiudicate le gare d’appalto con ribassi, in un caso del 54%, che non avrebbe consentito lo svolgimento effettivo del servizio, con ovvie conseguenze ambientali. Sarebbe stato omesso, infatti, il servizio di manutenzione degli impianti determinando lo sversamento diretto in mare delle acque reflue. Inoltre, sarebbero stato falsificati i formulari per lo smaltimento dei rifiuti e pagati da parte delle amministrazioni servizi nei fatti non eseguiti dalle società assegnatarie degli appalti. Tra le contestazioni anche un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della ‘ndrina locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli (per questo caso l’accusa è stata stralciata e verrà discussa davanti al Tribunale di Crotone).

Complessivamente, sono ben 11 gli impianti (sul totale dei 34 sotto indagine) in cui è ipotizzato il reato di inquinamento ambientale a causa degli sversamenti nei fiumi, mare e terreni circostanti. Un caso particolare riguarda il depuratore di Montepaone dove alla foce del fiume Beltrame, nel golfo di Squillace, sarebbero stati rilevati valori di inquinamento delle acque più del doppio di quelle normali. Altre irregolarità sono state riscontrate al depuratore di Caraffa di Catanzaro, autorizzato anche allo smaltimento delle acque reflue provenienti dagli 34 oggetto di accertamenti. Secondo quando emerso, le acque non sarebbero state trattate e smaltite correttamente, bensì sversate nei corpi idrici e nei terreni circostanti.  
Tre mesi dopo, anche il depuratore del Comune di Girifalco è finito sotto sequestro. Le indagini condotte dal Nucleo Operativo di Polizia Ambientale dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Soverato hanno riscontrato diverse anomalie ed in particolare è stato rinvenuto un tubo “by-pass” dal quale fuoriuscivano reflui fognari non depurati che scaricano direttamente nel fosso “Maligno”. Oltre al sequestro, ai responsabili è stata comminata una sanzione amministrativa per scarico di reflui in uscita con superamento limiti tabellari che prevede una sanzione pecuniaria da 3.000 a 30.000 euro. (Gi.Cu.)

Qui il rapporto completo “Mare Monstrum 2024” di Legambiente

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www.corrieredellacalabria.it è stato pubblicato il 2024-09-04 11:39:37 da Redazione Corriere


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