Ergastolo con 12 mesi di isolamento diurno per Giuseppe Rendina, 47enne di Trinitapoli accusato del duplice omicidio di Gerardo e Pasquale Davide Cirillo, padre e figlio di 58 e 27 anni, assassinati nei campi tra Cerignola e Manfredonia.
Lo ha deciso quest’oggi, al termine di una Camera di Consiglio durata poco più di 3 ore, la Corte d’Assise di Foggia (presidente Mario Talani). Per l’uomo, reo-confesso (“Li ho uccisi perchè mi sono visto senza scampo”), la Procura (pm Alessio Marangelli) ha chiesto la condanna all’ergastolo, con 18 mesi di isolamento diurno, con la contestazione dell’aggravante della premeditazione. Conclusione alla quale è giunto anche il patrono di parte civile, l’avvocato Michele Pierno, nella sua discussione.
L’arringa difensiva dell’avv. Francesco Paolo Ferragonio, invece, chiedeva l’esclusione dell’aggravante della premeditazione, il riconoscimento delle attenuanti generiche e la riduzione di un terzo della pena secondo il rito abbreviato (chiesto ma non celebrato sussistendo, tra i capi d’accusa, aggravanti punibili con l’ergastolo). Le motivazioni della sentenza saranno depositate nel termine di 90 giorni.
Rendina, lo ricordiamo, è attualmente imputato e in attesa di giudizio anche in un secondo procedimento, sempre per omicidio: quello di Giuseppe Ciociola, l’agricoltore 59enne ucciso nel marzo 2022, in un casolare di campagna in località Alma Dannata, a Zapponeta.
Alla base del duplice omicidio Cirillo, vi sarebbe un debito di 20mila contratto con i morti, e che ora ne pretendevano la restituzione. Il fatto è avvenuto il 31 luglio di tre anni fa: i cadaveri delle vittime furono ritrovati il giorno seguente, nascosti sotto teli agricoli e coperti da tubi per l’irrigazione. Il cerchio si era stretto attorno a Rendina il 3 agosto, quando lo stesso fu prelevato nella sua abitazione di Trinitapoli e arrestato (le immagini video). Per gli inquirenti, il movente del duplice omicidio sarebbe da rintracciare in un debito di circa 20mila euro che il presunto assassino aveva contratto con i due agricoltori, che ne pretendevano la restituzione immediata.
LA CONFESSIONE | “Mi prestarono soldi con un tasso mensile del 15 %”, aveva spiegato l’imputato in aula, rispondendo alle domande delle parti. “Quella mattina ero andato in campagna con Gerardo che mi ha minacciato di morte: ‘Sono un uomo pericoloso’, mi disse. So che aveva dato una pistola al figlio Davide, che portava sempre nel marsupio. Non lo lasciava mai nemmeno per andare in bagno”. “Quel giorno, Davide non voleva lasciarmi andare perché il padre lo obbligò a farmi pagare. Ma non avevo i soldi. Io sapevo che in campagna c’era una pistola nascosta all’ingresso, tra due sacchi. L’ho presa e ho sparato d’istinto a Davide, che rimase ferito. Dopo un quarto d’ora circa è arrivato Gerardo, che mi ha inseguito e minacciato chiedendo del figlio. Nel frattempo, Davide – ferito e insanguinato – è uscito dalla rimessa degli attrezzi e ho sparato a Gerardo che è caduto a terra. Poi ho rincorso Davide, si è girato e gli ho sparato. Infine ho preso dei tubicini vicino alla strada e ho coperto i corpi. Per questa situazione – ha concluso l’uomo – ho perso la mia famiglia. Era meglio se mi facevo sparare io”.
La sequenza dei fatti trova puntuale rispondenza in una intercettazione ambientale, ordinata nell’ambito delle indagini per l’omicidio Ciociola, captata proprio durante l’esecuzione dei Cirillo. Nel file, depositato negli atti di indagine, si sentirebbero sia gli spari che le parole di una delle vittime (“Giuseppe non dico niente a nessuno”) e poi il rumore di oggetti pesanti trascinati al suolo, forse proprio i corpi delle vittime, chiusi in due grossi sacchi e occultati sotto cumuli di tubi irrigui.
0 Comments