Da alcune generazioni una famiglia che visse al Castellazzo di Villanova conserva un oggetto che mantiene nel tempo un fascino misterioso. Pur in assenza di pianisti, in un angolo della sala al podere Possessioncella, c’era uno sgabello da pianoforte che la nonna Paolina ha lasciato in eredità all’unica nipote, Marcella Savi. Marcella è di Milano ma torna spesso nelle terre verdiane perché da quelle parti è rimasta la casa dei nonni. Quando passa dal Castellazzo osserva, cerca di immaginare, pensa a quando quei terreni erano di Verdi, quando nei cortili delle cascine i contadini venivano sorpresi dal suo arrivo. Il canale del Mulino scorre fin qui e procede fino a Sant’Agata, poco più avanti, e il reticolo delle carraie sembra congiungere tutti i poderi con la Villa del Maestro. In un libro, “Lo Sgabello di Verdi tra la gente del Castellazzo” (Edizioni Fantigrafica, Cremona, 2018) Quattrini e Demaldé hanno ricostruito un racconto storico descrivendo la vita in questa località, a partire da documenti d’archivio e dalle testimonianze dei discendenti delle famiglie che lavorarono per quel Verdi non solo musicista, ma moderno imprenditore agricolo. Si è così romanzato che lo sgabello fosse un dono di Verdi per uno dei suoi fattori, il quale a sua volta lo avesse passato al figlio e questo, partendo da quelle terre, lo avesse lasciato agli amici di sempre, la famiglia di Paolina, perché rimanesse al Castellazzo. Marcella è sicura che quel che le diceva la nonna fosse vero: lo sgabello era di Verdi. Si è confrontata anche con il Conservatore del Museo del Teatro alla Scala di Milano, Matteo Sartorio, il quale le ha fatto notare che l’oggetto è del tutto simile a quello che appare in una famosa illustrazione nella quale Verdi siede al pianoforte in compagnia del librettista Boito a Villa Sant’Agata. La relazione peritale diagnostica dello Studio Rosati Verdi Demma di Parma (2015) al contempo certifica che lo sgabello è autentico per epoca e manifattura. Marcella, dunque, presenta uno sgabello da pianoforte ottocentesco, conservato da famiglie che vissero nel contesto rurale delle proprietà di Verdi, identico a quello che utilizzava il Maestro. Nel clima trepidante per le sorti di Villa Sant’Agata, mentre va in scena il docu film di Pupi Avati “Le stanze di Verdi” e si costituisce il Comitato “Giuseppe Verdi, il suo tempo e la sua terra”, anche Marcella vuole fare la sua parte e porre all’attenzione del mondo questo trofeo di tradizione, simbolo del Verdi musicista, uomo dalle robuste radici agrarie e attento benefattore.
Leggi tutto l’articolo è quello di Giuseppe Verdi
www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-11-07 19:43:17 da
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