Probabilmente, mai come in questo momento storico, la NATO è sulla bocca e nei pensieri della gente, visto che ricorre, pressoché quotidianamente, in ogni telegiornale e giornale, come una delle protagoniste assolute del conflitto Russo – Ucraino.
E allora, visto che questa Organizzazione Internazionale sembra avere in mano le redini del futuro del mondo occidentale, credo sia necessario conoscerla un po’ meglio, ancor di più, capirne le dinamiche e, ancor di più, avere ben chiari gli scopi che si prefigge.
NATO è l’acronimo di “North Atlantic Treaty Organisation”, vale a dire un’alleanza tra le due Nazioni del Nord America, Stati Uniti e Canada ed i 29 Paesi Europei, che fan parte dei 31 Membri che attualmente aderiscono a questa Organizzazione, che è l’unica al mondo, ad avere una natura politico-militare e, soprattutto, a disporre di Comandi e unità sotto la propria direzione, prontamente ed automaticamente impiegabili. Per dare un’idea del potere della NATO, basta pensare che l’ONU, l’organizzazione più grande al mondo, con 191 Nazioni aderenti (praticamente tutte) non ha, nella sua disponibilità permanente, neanche un soldato.
Il principio più forte, che lega i 31 Paesi transatlantici e che costituisce l’anima esistenziale della loro unione, è quello della “Difesa collettiva”, citato nel famoso Articolo 5 del Trattato, che sancisce ”The Parties agree that an armed attack against one or more of them in Europe or North America shall be considered an attack against them ….such action as it deems necessary, including the use of armed force, to restore and maintain the security of the North Atlantic area”. In pratica, se uno o più Membri dell’Alleanza vengono attaccati, gli altri sono obbligati a partecipare alla reazione, che può essere anche militare.
La sicurezza dell’area Nord Atlantica viene garantita anche nell’Articolo 4, che recita “The Parties will consult together whenever, in the opinion of any of them, the territorial integrity, political independence or security of any of the Parties is threatened.”: Tradotto letteralmente “Le Parti si consulteranno ogniqualvolta, a giudizio di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle Parti sia minacciata”. Quindi, oltre all’attacco diretto, la NATO prevede anche che una semplice percezione di minaccia di uno o più Membri possa innescare una graduale reazione dell’Alleanza, sino all’opzione militare.
Pertanto, appare chiaro che la NATO è un’Organizzazione con una natura assolutamente difensiva, i cui scopi sono quelli di proteggere gli Stati Membri, mediante l’attuazione di un concetto di “mutuo soccorso”.
Con tale assetto ideologico-organizzativo, l’Alleanza Atlantica affrontò e vinse la cosiddetta “Guerra Fredda” contro il Patto di Varsavia, analoga Organizzazione Internazionale dell’Est Europa, che aveva nell’Unione Sovietica il suo fulcro fondamentale. Con il crollo dell’U.R.S.S, la guerra non combattuta fu vinta e la NATO rimase temporaneamente senza un nemico, per cui alcuni illusionisti politici, in gran parte europei, cominciarono a predicare che il mondo occidentale vincitore potesse spartirsi i famosi “dividendi della pace”, costituiti dalla montagna di soldi risparmiabili con la fine della “corsa agli armamenti”.
Ma se da una parte, un gigante politico militare era imploso, vittima principalmente del suo utopico sistema ideologico, dall’altra parte non si poteva coscientemente pensare di smantellare una macchina poderosa, organizzata ed oliata come era la NATO. Poteva essere accettabile l’idea di ridimensionarla e ridurla, ma di certo non di eliminarla.
Ironicamente, si può dire che, in soccorso dei “garantisti della NATO”, che si trovavano soprattutto oltre oceano, venne il terrorismo internazionale e la minaccia del fondamentalismo islamico, che identificavano nel “demone americano” il loro principale nemico, contro cui, infatti, lanciarono i più sanguinosi attacchi.
Si trattava però di una minaccia che andava oltre quell’area Nord-atlantica, entro cui il Trattato teoricamente confinava gli interventi dell’Alleanza, per cui gli Stati Membri, su pressione americana, adottarono l’escamotage di partecipare a operazioni “sotto egida ONU”. Fu cosi che, a partire dalla fine degli anni ’90, con la missione in Bosnia, al grido “le Nazioni Unite ce lo chiedono”, la NATO cominciò a inviare proprie truppe fuori dal Teatro europeo, ma a condizione che i suoi soldati agissero sotto Chapter VII della Carta dell’ONU, vale a dire potessero usare la forza. D’altra parte, i militari americani soffrono di pura idiosincrasia verso il casco blu che, notoriamente, permette solo l’autodifesa.
Dopo la Bosnia, il Kosovo, poi l’Iraq ed infine l’Afghanistan. L’Alleanza aveva cosi sdoganato la sua presenza extra europea e si era emancipata dalla sua natura strettamente difensiva, andando così sempre più incontro alle esigenze geo-strategiche nazionali americane.
Nel frattempo, la NATO avviava il suo allargamento verso est, annettendo al Trattato praticamente tutte le Nazioni dell’Europa orientale, un tempo appartenenti al Patto di Varsavia. Una policy che si sviluppò soprattutto per volere degli USA i quali, addirittura, svolsero un ruolo determinante nelle vicende interne di alcuni di questi Paesi, al fine di portarli nell’orbita occidentale. E proprio l’Ucraina ne è un esempio tra i più eclatanti.
E’ plausibile pensare che i Membri europei della NATO non avessero particolari interessi verso tale espansione politico-militare, visto che la stava attuando anche l’Unione Europea, ma con una logica esclusivamente economica, che non solo non costituiva una provocazione verso la Russia, ma addirittura ne incontrava i favori.
L’evoluzione della NATO di quegli anni fu animata anche da un orientamento di apertura verso la stessa Russia, che arrivò a definire una collaborazione di “Partnership for peace” molto concreta e strutturata, con l’istituzione del “NATO Russia Council”, in cui le due parti si incontravano con regolarità e con buoni risultati. Ma questa via del buon senso e della pace, che si protrasse sino al 2012, cominciò essere in gran parte minata proprio dal continuo allargamento dell’Alleanza verso est, trovando poi nella questione dell’Ucraina la barriera definitiva ed insormontabile. Tale crisi ha fatto precipitare definitivamente la situazione ed i mesi che hanno preceduto l’attacco russo sono stati gestiti in presa diretta dagli Stati Uniti, che non si sono neanche preoccupati di salvaguardare almeno le apparenze, relegando la NATO ad un mero ruolo di sottomessa cassa di risonanza delle linee americane, funzione magistralmente assolta dal Segretario Generale Stoltemberg, che è sembrato un vassallo del Presidente Biden.
I Paesi Membri europei, a parte qualche sussulto francese, sono stati tutti allineati e lo hanno ampiamente dimostrato al Meeting NATO di Madrid del luglio 2022 allorché, oltre ad approvare l’ammissione di Finlandia e Svezia, con un processo di ingresso in tempi record di pochi mesi (es. la Macedonia ha impiegato 10 anni), è stato approvato il nuovo “Strategic Concept” dell’Alleanza, in sostituzione di quello risalente al 2010. Si tratta del documento fondamentale della NATO, con valenza assolutamente politica, che ne costituisce la spina dorsale concettuale, in quanto definisce i rischi, le minacce, i settori di impiego, i compiti e gli interessi che devono caratterizzare qualsiasi attività degli Alleati.
Questo nuovo Concept prevede che la Russia, da Partner privilegiato per la pace, diviene il nemico nr. 1 dell’Alleanza Atlantica, con buona pace per qualsiasi possibilità di tentare un riavvicinamento delle parti. Di conseguenza, ancora una volta l’Europa torna ad essere un Teatro di scontro bellico, al momento solo potenziale, ma non c’è dubbio che si conferma un’area di scontro economico, tanto reale quanto letale, con le conseguenze per le Nazioni del Vecchio Continente che ci sono già ben note e che, invece, il popolo americano non conosce e difficilmente conoscerà.
Un altro importante punto del nuovo documento riguarda la Cina, in merito alla quale viene testualmente affermato che “le sue ambizioni dichiarate e le politiche coercitive sfidano i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori”. Gli alleati vengono invitati a “lavorare insieme per affrontare le sfide sistemiche” poste da Pechino, che preoccupa l’Alleanza anche per i suoi rapporti con la Russia con la quale sta “sviluppando una partnership strategica” per attuare congiuntamente “una spinta autoritaria contro l’ordine internazionale basato sulle regole”.
Pertanto, la North Atlantic Treaty Organisation, Alleanza difensiva, si occuperà dell’area indo-pacifica, una zona del mondo che non si può definire di certo tranquilla. E a conferma che la NATO vuol far sul serio, il 25 gennaio scorso, ha avviato un’attività di studio biennale, denominata “Futures in the Indo-Pacific”, che dovrà monitorare e valutare gli sviluppi della situazione in quella regione. Tenuto conto che l’Alleanza non si occupa di economia, é facile immaginare quali siano gli scopi di approfondimento di questa attività.
E questo può essere considerato solo l’inizio, per cui c’è da chiedersi se tale orientamento operativo verso l’Estremo Oriente, sempre più agitato dal problema di Taiwan, rientri nei reali interessi di gran parte di quelle Nazioni europee che, comunque, hanno approvato un Concept che è già stato considerato una provocazione dalla Cina.
Oggettivamente, anche questo sembra andare incontro alle esigenze geo-strategiche di un solo Membro dell’Alleanza, che ora potrebbe contare sul potenziale aiuto di tutta la NATO per risolvere un problema che, in fondo, riguarda solo lui.
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