Ecco per quali motivi il Tar ha bocciato il ricorso della Lista Bassi
“Le affermate irregolarità delle operazioni elettorali non sono dimostrate o risultano irrilevanti ai fini del presente giudizio. Il fatto che il padre di uno dei candidati della lista vincente si sia intrattenuto fuori dal seggio con alcuni votanti consegnando loro ‘sacchetti di limoni e fogli di carta’ è circostanza indimostrata e, comunque, irrilevante, atteso che da essa non è possibile desumere alcuna illegittimità delle operazioni elettorali. Il ritardo di circa mezz’ora delle operazioni di spoglio nella Sezione n. 8 rispetto alle altre Sezioni è irrilevante. È inammissibile la doglianza relativa a quanto riferito dalla rappresentante della lista dei ricorrenti secondo cui, nella Sezione 8, sarebbe risultata mancante una scheda ma ‘al fine di chiudere il verbale i componenti del seggio avevano ‘optato’ per diminuire di un’unità il numero dei soggetti recatisi al voto’, così riallineando falsamente i conteggi”.
In queste poche righe, dopo una lunga premessa di “fatto e diritto” il Tar della Liguria spiega nelle motivazioni della sentenza il perché ha rigettato il ricorso dei componenti della lista del candidato sindaco di Bordighera, Massimiliano Bassi, che chiedevano l’annullamento delle elezioni del 14-15 maggio scorsi per una serie di irregolarità nei dieci seggi in cui si è votato. Tutto è partito dalla sola differenza di nove voti con cui il riconfermato sindaco della cittadina delle Palme, Vittorio Ingenito, si è aggiudicato le elezioni.
Dall’iniziale ipotesi, però, di riconteggio dei voti
si è passati alla richiesta di annullamento delle elezioni. Ma non è tutto. Per quanto concerne il presunto abbassamento di un numero di votanti, per fare quadrare i conti, visto che era presente una scheda in meno, il giudice sottolinea che per far valere questa evenienza, era necessario presentare una denuncia di falso.
“Tale contestazione – si legge agli atti – è inammissibile perché attiene alla denuncia di un falso in atto pubblico la cui cognizione è riservata al Giudice ordinario che deve necessariamente essere adito mediante la proposizione della ‘querela di falso’ che, tuttavia, i ricorrenti non hanno presentato, qualificando i fatti suddetti come un ‘errore’ della verbalizzazione”.
E prosegue: “È evidente, peraltro, che il riferito riallineamento volontario e fittizio dei dati apposti su un atto pubblico (il verbale) non costituirebbe un semplice “errore” ma un vero e proprio “falso”, il cui accertamento può avvenire unicamente con le indicate modalità che, però, i ricorrenti non hanno ritenuto di perseguire, con conseguente inammissibilità della doglianza. La consolidata giurisprudenza ha precisato, infatti, che la contestazione sulla veridicità del contenuto del verbale di Sezione, data la forza fidefacente di tale atto pubblico, ‘non possa essere validamente contrastata se non mediante l’esperimento della querela di falso, e che pertanto nessun rilievo probatorio può riconoscersi alle dichiarazioni sostitutive dell’atto notorio’ (…)”.
In pratica, non potendo puntare il dito contro gli scrutinatori
accusandoli di aver commesso il falso, col rischio di essere controdenunciati per calunnia, nel caso in cui non fosse stato provato il dolo, i ricorrenti hanno parlato più genericamente di “errore”, sbagliando loro stessi – a detta del giudice – i termini della contestazione. Inoltre, quanto la dichiarazione della rappresentante di lista – in merito all’aggiustamento del numero dei votanti per far quadrare i conti, per il giudice: “Non è idonea a superare la fede privilegiata del verbale delle operazioni elettorali, ovverosia di un atto pubblico redatto da pubblici ufficiali (…). Ne consegue che le dichiarazioni del rappresentante di lista ‘non meritano alcuna considerazione ai fini del decidere, né impongono al giudice procedente di attivarsi in via istruttoria, configurando esse una non consentita forma surrettizia di testimonianza, inidonea a superare la fede privilegiata che assiste i verbali delle operazioni elettorali’”.
Fabrizio Tenerelli
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