La Cassazione domani discuterà i
ricorsi per risolvere il conflitto di competenza sollevato dalle
parti civili e dal Codacons contro l’annullamento della sentenza
della Corte d’assise di Taranto per gli imputati coinvolti
nell’inchiesta ‘Ambiente svenduto’ sulle emissioni velenose
dell’ex Ilva. L’annullamento, disposto dalla Corte d’assise di
appello di Taranto, ha provocato l’azzeramento del processo e il
suo trasferimento al Tribunale di Potenza perché due giudici
onorari tarantini (in servizio all’epoca dei fatti) sono tra le
oltre mille parti civili nel processo. Quindi, la Cassazione
dovrà decidere se il processo dovrà essere celebrato a Potenza
(dal primo grado) o se dovrà proseguire (con l’appello) a
Taranto. Inoltre – riferisce il Codacons – i Riva stanno
notificando alle parti civili “un decreto ingiuntivo” con il
quale chiedono la restituzione delle provvisionali esecutive
liquidate dalla sentenza di primo grado, annullata dai giudici
dell’appello. “Oltre al danno, quindi, anche la beffa”, sostiene
il Codacons.
Il processo di primo grado si era concluso il 31 maggio del
2021 con 26 condanne nei confronti di dirigenti della fabbrica,
manager e politici. Le più gravi, a 22 anni e 20 anni di
reclusione, per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e
amministratori dell’Ilva. Sentenza annullata in appello il 13
settembre scorso. La richiesta della difesa di trasferire il
processo a Potenza era stata respinta in precedenza perchè,
spiegano i giudici d’appello, la Corte di primo grado aveva
fatto riferimento alla circostanza che, al momento della
costituzione come parte offesa nel processo (2016), i due
magistrati avevano già dismesso le funzioni esercitate in quel
distretto. Secondo la Corte d’assise d’appello, invece, “ciò che
conta è la qualifica soggettiva al momento del fatto” e cioè che
i magistrati fossero in servizio quando sono stati commessi i
reati contestati.
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www.ansa.it è stato pubblicato il 2024-12-16 17:57:07 da
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