ANCONA – Digiuno intermittente, cos’è e come si concilia con la pratica sportiva. Il punto con la dottoressa Jessica Ferrini, medico dello sport.
Cosa si intende per digiuno intermittente?
«Il digiuno intermittente è una definizione contenitore che include diversi piani dietetici che prevedono una costante alternanza tra periodi di assunzione di alimenti e periodi di totale (o quasi) astensione dal consumo di cibo. Il digiuno intermittente 16:8 prevede di mangiare solo in un intervallo di otto ore al giorno e digiunare per le restanti sedici. Il digiuno a giorni alterni (ADF) presume, invece, un tempo di digiuno di circa 36 ore: dalla cena di un giorno fino alla colazione del secondo giorno successivo. Simile ad esso è il digiuno intermittente 5:2 giorni, nel quale si digiuna per due giorni non consecutivi alla settimana e ci si alimenta normalmente nei cinque giorni rimanenti. Nel digiuno intermittente a grassi si assumono esclusivamente delle quantità controllate di grassi puri e di buona qualità, per un totale di circa 800-1200 kcal giornaliere. Infine, un altro tipo di digiuno intermittente è il protocollo OMAD (One Meal in A Day), cioè il consumo di un solo pasto al giorno, in cui si raggiunge il fabbisogno calorico giornaliero, ottenendo una finestra di digiuno di circa 23 ore».
Cosa si intende per autofagia e chetosi?
«Nei soggetti sani, il più grande vantaggio del digiuno intermittente è la capacità di promuovere il processo dell’autofagia, un meccanismo di manutenzione e pulizia del corpo che abbiamo tenuto allenato per millenni grazie a frequenti periodi di mancanza di cibo. Durante lo stato di digiuno, si assiste, infatti, ad una diminuzione della secrezione di insulina e un aumento dell’ormone glucagone, che stimola la sintesi di glucosio a partire da altre molecole organiche, come gli amminoacidi gluconeogenici, e interviene anche nel metabolismo lipidico, promuovendo la mobilitazione degli acidi grassi dal tessuto adiposo. Il corpo generalmente utilizza, in questo periodo, l’energia immagazzinata nello stato di alimentazione, principalmente sotto forma di glicogeno epatico (carboidrati immagazzinati nel fegato). Tra le 12 e le 24 ore, le riserve di glicogeno si depauperano quasi completamente e, se si continua a digiunare, da circa 16 ore dopo dell’ultimo pasto il corpo entra nello stato di chetosi. Questo accade, quindi, quando la scorta di glicogeno inizia a diminuire e la processazione di acidi grassi e amminoacidi chetogenici produce molta più energia rispetto ai carboidrati immagazzinati, generando corpi chetonici. I principali utilizzatori dei corpi chetonici a scopo energetico sono cervello, cuore e muscoli».
Quali benefici apporta questo tipo di alimentazione?
«Un cambiamento del regime dietetico può, certamente, migliorare la qualità della vita e prevenire lo sviluppo di alcune malattie, soprattutto quelle cronico-degenerative. Le ricerche più recenti evidenziano come il digiuno intermittente sia correlabile a una riduzione della resistenza insulinica e della massa grassa, alla diminuzione della risposta infiammatoria e a un potenziale miglioramento delle funzioni cognitive. Esso sembra modulare anche i valori della pressione sanguigna, i livelli di lipidi nel sangue e la frequenza cardiaca a riposo. Riprendendo, infine, le conclusioni di diversi studi epidemiologici, si evince che il digiuno intermittente potrebbe favorire il mantenimento della salute cerebrale e avere così un potenziale ruolo preventivo nei confronti di malattie quali l’ictus cerebrale, l’Alzheimer e il Parkinson».
Cosa si mangia?
«Durante la finestra alimentare, il consumo di frutta, verdura, cereali, proteine magre e grassi sani è fondamentale per garantire all’organismo il giusto apporto di vitamine, minerali e antiossidanti che aiutano a sostenere l’organismo anche durante i periodi di digiuno. Tra i carboidrati, si consiglia di prediligere le forme integrali e di evitare quelle raffinate o, ancora, snack zuccherati, dolci e prodotti da forno in generale. L’assunzione di proteine è particolarmente importante, per preservare la massa magra e favorire la sazietà. Tra le fonti proteiche la scelta deve variare tra carni magre, pesce, uova, latticini magri, legumi e opzioni proteiche di origine vegetale come tofu e tempeh. È altresì importante consumare grassi sani, poiché dirottano il metabolismo verso il consumo di lipidi e favoriscono una produzione ormonale ottimale. Esempi di grassi sani sono l’avocado, la frutta oleosa, i semi, l’olio extravergine d’oliva e i pesci grassi come il salmone o lo sgombro e tutto il pesce azzurro. Durante le ore di digiuno, invece, è essenziale curare l’idratazione, pertanto è raccomandato consumare abbondanti quantità di liquidi sotto forma di acqua, the (soprattutto il the verde), tisane e caffè non zuccherati. Da evitare, viceversa, bevande zuccherate o ad alto contenuto calorico che potrebbero interrompere il processo della chetosi».
Eventuali effetti collaterali e controindicazioni?
«Il digiuno, come l’allenamento, è uno stimolo ormetico, cioè una forma di stress psicofisico che stimola nell’organismo una risposta adattativa, attraverso la quale esso si rafforza e potenzia le proprie capacità riparative. Ad oggi, la pratica del digiuno intermittente sul breve termine è stata associata alla possibile insorgenza di effetti collaterali minori come fame, irritabilità, spossatezza, vertigini, nausea, mal di testa. Di norma, si tratta di disturbi leggeri che tendono a scomparire dopo un mese dall’inizio della pratica. Negli individui predisposti e che non assumano adeguate quantità di liquidi, il rischio maggiore è quello della disidratazione e dei cali di pressione. Il digiuno intermittente, in tutte le sue forme, deve essere intrapreso con cautela dalle donne, il cui equilibrio ormonale tende a scompensarsi in caso di eccessiva restrizione calorica e importante riduzione della massa grassa, ed è sconsigliato in bambini, anziani, donne in stato di gravidanza e che allattano, per il potenziale rischio di carenze nutrizionali. Infine, è bene ricordare che una riduzione calorica prolungata nel tempo può diminuire la funzionalità del sistema immunitario e aumentare, pertanto, la suscettibilità del soggetto a varie patologie, in particolare dell’apparato respiratorio, soprattutto in caso di climi freddi o umidi».
Come (e se) si concilia con la pratica sportiva?
«Il protocollo più popolare tra chi pratica sport è il digiuno 16/8. Alcune ricerche suggeriscono che esso possa migliorare la performance aerobica e la resistenza, grazie alla maggiore efficienza nel consumo di grassi come fonte di energia. I pochi studi effettuati su soggetti attivi che hanno seguito questo protocollo durante un periodo di allenamento, hanno evidenziato una maggiore riduzione della massa grassa e, pertanto, un miglioramento della composizione corporea. Dato che il nostro organismo è in grado di stabilizzare il livello di glucosio nel sangue durante esercizio, è possibile allenarsi anche nella finestra di digiuno, preferendo allenamenti di forza, aerobici leggeri, hiit veloci o di mobilità, come lo yoga. Conviene, al contrario, praticare allenamenti di endurance, a cedimento o prolungati nel tempo durante la finestra di alimentazione. Un digiuno prolungato, infine, è assolutamente controindicato per chi fa sport perché porta alla soppressione dei segnali responsabili dei processi di crescita, in particolar modo IGF-1 e mTOR, interferendo con i processi di recupero e sopprimendo la sintesi di nuova massa muscolare».
www.anconatoday.it è stato pubblicato il 2024-02-26 20:37:57 da
0 Comments