«Figlie a scuola in maniche corte in inverno, insultate e picchiate», ma…



«Paurose, introverse, intimorite. La sola presenza di un adulto le portava a chiudersi. In inverno arrivavano a scuola con addosso solo magliette a maniche corte che non cambiavano anche per settimane. Avevano il terrore di essere rimproverate e se ci si avvicinava al loro banco, queste si ritraevano come per schivare una potenziale percossa. Talvolta ho visto alcuni lividi». E’ in sintesi ciò che ha spiegato ai giudici un insegnante delle scuole medie nella mattinata del 24 ottobre nell’ambito del processo che vede imputata per maltrattamenti la mamma di due ragazzine oggi 16enni e affidate ai servizi sociali ma collocate dal padre.

La donna, difesa dall’avvocato Grazia  Eufrasia Longo, è accusata di aver umiliato, percosso, insultato le due figlie. Gli accertamenti iniziarono nel 2021 a seguito di una segnalazione dei servizi sociali e degli insegnanti delle ragazzine affette anche da disturbi specifici dell’apprendimento. «A scuola cerchiamo di proteggere i nostri ragazzi perché spesso a casa vivono situazioni nelle quali i genitori non hanno la mano leggera – ha spiegato il docente. – come insegnanti ci siamo confrontati e compreso che, nonostante non sia facile fare il genitore, a casa le ragazzine vivevano in uno stato di disinteresse e noncuranza». «Mi hanno raccontato che la mamma le chiamava troie o stronze e che le malmenava. In una occasione ad una delle due ha dato un pugno sul naso. Visti i loro disturbi facevamo molta fatica a svolgere i compiti a casa (la scuola aveva approntato un piano didattico a loro dedicato). E vivevano quel momento con la paura di essere insultate perché ritenute indolenti, pigre, svogliate quando invece avevano solo grosse difficoltà». Ha spiegato una psicologa che ha avuto alcuni colloqui con le ragazzine. «Mi dicevano che non trovavano il pranzo quando tornavano a casa e che si dovevano arrangiare come potevano».

Infine è toccato al padre delle ragazze rispondere alle domande del pm Daniela Di Girolamo: «Ero fuori dalla mattina alla sera per lavoro ogni giorno e prima di essere contattato dai servizi sociali che mi hanno aperto un mondo, avevo certo notato modalità eccessive di rimprovero e vedevo le mie figlie intimorite, ma non immaginavo tutto quello che ho capito man mano, solo successivamente ho scoperto infatti che non si confidavano con me perché la loro madre le minacciava». «Le umiliava, urlava, le aggrediva verbalmente, spesso le chiamava idiote. Mi hanno raccontato che la madre avrebbe detto loro che erano un peso, una sfortuna. In una occasione le aveva fatte scendere dall’auto per strada simulando di abbandonarle perché colpevoli di averle disobbedito, ma queste cose le ho scoperte nel tempo».​ «Non ho mai assistito a episodi di violenza fisica, ma negli ultimi tempi, prima della denuncia in due occasioni ho visto le mie figlie con un livido sul labbro e sulla fronte. Ho chiesto sì spiegazioni ma lei ha sempre negato, mentre le ragazze hanno cominciato a raccontarmi e ad aprirsi». Una proteggeva l’altra, erano sempre insieme e si aiutavano, questo è emerso in aula. Due ragazzine fragili e intimorite dalla mamma che cercavano di evitare per paura di urla e umiliazioni continue. 

In un caso la madre  avrebbe spinto con violenza la faccia di una delle due sulla scrivania, e all’altra figlia avrebbe provocato un livido in fronte dopo averla strattonata e averla spinta contro una porta. «Quando arrivò la lettera dei servizi sociali, lei si arrabbiò moltissimo e diede la colpa alle nostre figlie dicendo loro: ecco, chissà cosa avete raccontato in giro», ha concluso. Le sorelle oggi vedono la madre due volte a settimana ma solo alla presenza del padre con il quale vivono.


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www.ilpiacenza.it è stato pubblicato il 2024-10-25 07:21:00 da


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