Foggia, l’invasione di campo della criminalità mafiosa su calcio ed equitazione


Quando la mafia invade il campo. Se l’amministrazione giudiziaria del Foggia calcio ora disposta dal Tribunale di prevenzione di Bari è una prima volta assoluta in Italia nel mondo del pallone, le attenzioni della “Società foggiana” su tutto ciò che ruota intorno a una sfera che rotola e fa gol non rappresentano una novità.

La memoria va al blitz “Decimazione” del 30 novembre 2018 contro la mafia del pizzo: 30 arresti, cui seguirono 27 condanne anche per 16 estorsioni e tentativi di estorsioni. Nell’ordinanza cautelare pur se non c’era alcuna imputazione formale, Direzione distrettuale antimafia e gip accesero i riflettori sugli interessi della mafia cittadina verso il club rossonero, con riferimento a una precedente gestione rispetto a quella attuale.

Per rimarcare la capacità dei mafiosi di “inquinare tutti i gangli vitali delle attività foggiane”, il giudice scrisse: “è emerso che i membri della ‘Società’ hanno imposto alla società calcistica la stipula di contratti d’ingaggio di soggetti vicini al sodalizio mafioso pur non disponendo di qualità sportive significative”.

E ancora. “Dirigenti e allenatori, lungi dal denunciare l’accaduto come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione dovendo affidarsi alla forza dello Stato per sradicare fenomeni di mantenimento parassitario come quello attuato dalla ‘Società foggiana’, hanno preferito in maniera pavida accettare le richieste formulate” (vanno peraltro ricordate anche le smentite di alcune delle persone chiamate in causa dal gip) “abiurando anche a quei valori di lealtà e correttezza sportiva che dovrebbero ispirare la loro condotta”. Da cosa nasceva questa pesante analisi della Procura antimafia di Bari condivisa dal gip firmatario delle ordinanze di “Decimazione”? Anche da un paio di intercettazioni. La prima chiamava in causa un emergente malavitoso (poi assassinato in una guerra di mafia) sospettato d’aver incaricato un familiare perché contattasse un dirigente della società calcistica per far sottoscrivere un precontratto a un giocatore. La seconda coinvolgeva un pezzo da novanta, o quasi, del clan Sinesi/Francavilla pure arrestato nel blitz che nell’intervenire per cercare di far ingaggiare un calciatore, si vantò con un amico di avere libero accesso agli spogliatori della squadra rossonera: “gli ho detto che vengo giù agli spogliatoi e prendi un sacco di botte, ti do forte”.

Non solo pallone nel mirino della “Società” che trovò “un’altra fonte di guadagni illeciti nell’alterazione dei risultati sulle corse dei cavalli; la disponibilità di ingenti somme di denaro e la comprensione dei meccanismi per alterare le competizioni sportive indusse gli indagati a ipotizzare di poter inquinare le corse che si sarebbero svolte in tutti gli ippodromi italiani”. Lo si legge negli atti dell’inchiesta “Decimabis”, prosecuzione di “Decimazione”, che portò a 44 arresti tra novembre/dicembre 2020, cui sono seguite una quarantina di condanne.

Tra le 23 estorsioni e tentativi di taglieggio contestati, un paio vedevano vittime 3 fantini. Il primo fu costretto a pagare 2mila euro a un mafioso in quanto “colpevole” di avergli fatto perdere una scommessa di 5mila euro su una corsa truccata, come emergeva da questa intercettazione: “gli ho detto: ‘tu fai quello che dico io, non quello che dici tu’”. Altri due furono minacciati poco prima di una corsa all’ippodromo di Castelluccio dei Sauri perché non si piazzassero nelle prime tre posizioni, in quanto 4 mafiosi avevano puntato su altri vincenti cercando di truccare la corsa; “mi hanno detto che se io arrivavo al traguardo, loro non mi avrebbero fatto arrivare a casa, avvertendomi: ‘non devi arrivare in una delle tre prime posizioni perché qua è casa nostra’”, disse terrorizzato il fantino agli investigatori.

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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2025-05-25 12:17:41 da


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