FOGGIA – Si è parlato ancora del rinnovo della convenzione urbanistica tra la società “Coer” dell’imprenditore Paolo Tonti e il Comune nel processo a 14 imputati per le presunte mazzette a Palazzo di città, proseguito ieri con l’interrogatorio di tre testimoni. Uno dei filoni dell’inchiesta nei confronti di ex sindaco, ex presidente del consiglio comunale, ex assessori, dipendenti municipali, imprenditori, commercianti e privati cittadini riguarda una presunta tangente di 32mila euro che Tonti avrebbe pagato nel 2020 perché l’assise municipale rinnovasse la convenzione urbanistica cui era interessato. I soldi sarebbero stati consegnati all’allora sindaco Franco Landella che con la complicità della moglie Iolanda Daniela Di Donna, funzionario del Comune, li avrebbe spartiti con i consiglieri Leonardo Iaccarino, Dario Iacovangelo e Antonio Capotosto. Iaccarino, ex presidente del consiglio comunale, nel corso delle indagini confessò d’aver ricevuto una mazzetta di 5mila euro e chiamò in causa i coimputati che si dicono innocenti.
Un istruttore direttivo del servizio amministrativo-contabile delle risorse umane del Comune ha parlato non di mazzette di cui non sa nulla, ma di cosa prevedesse la convenzione. Rispondendo alle domande di pm e difensori, il teste ha ribadito quanto riferì il 25 giugno 2021 alla Digos durante le indagini; si occupò dell’attività istruttoria e di predisporre gli atti per l’accordo di programma tra Regione Puglia e Comune per una variante urbanistica con trasformazione in edificabile di un terreno agricolo; e successivamente della convenzione tra Comune e la “Coer” di Tonti, sottoscritta nel 2013. Come interesse pubblico la “Coer” doveva realizzare un plesso per ospitare la facoltà di medicina, alcune strade su via Napoli e via Perosi, un asilo comunale, un edificio destinato al Comune; mentre come interesse privato la ditta doveva costruire immobili residenziali. Solitamente queste convenzioni prevedono un 70% di opere di interesse privato e il 30% di interesse pubblico. La convenzione aveva un cronoprogramma delle opere pubbliche e private da realizzare in 5 anni.
Per quanto ricostruito dall’accusa, le opere pubbliche furono iniziate entro 18 mesi dall’accordo come previsto, ma l’ultimazione dei lavori tardò, tant’è che la convenzione fu rinnovata. E questo avvenne previo voto favorevole in consiglio comunale dell’estate 2020; per ottenere quel voto Tonti – sostengono i pm – pagò non meno di 32mila euro di mazzette.
La seconda tranche della presunta mazzetta riscossa per l’affare Tonti e che gli sarebbe stata consegnata dalla moglie di Landella a dicembre 2020, Iaccarino ha confessato d’averla utilizzata lo stesso giorno per acquistare una collana con tre diamantini; il gioielliere sentito ieri, e che non sa nulla della provenienza del denaro, ha detto che a dicembre 2020 Iaccarino comprò il monile pagando mille euro in contanti.
Sono 14 gli imputati sotto processo in Tribunale a Foggia dal marzo 2023 perché accusati a vario titolo di 19 imputazioni: tentata concussione, 2 corruzioni, tentata induzione indebita a dare o promettere utilità; istigazione alla corruzione; 10 peculati; un ulteriore peculato o in alternativa il favoreggiamento. In attesa di giudizio ci sono l’ex sindaco Franco Landella; la moglie Iolanda Daniela Di Donna, funzionario del Comune: l’ex presidente del consiglio comunale Leonardo Iaccarino; la sorella Donatella Iaccarino; gli ex consiglieri Dario Iacovangelo e Antonio Capotosto; gli imprenditori Paolo Tonti e Francesco Landini; l’ex dipendente comunale Giuseppe Melfi; Giuseppe e Rosario Casparrini titolari di un negozio di ferramenta; Michele De Carlo, procacciatore d’affari; Giada Pirazzini; e la società “Coer” di Tonti. Le accuse riguardano un tentativo di concussione da 300mila euro per l’appalto per l’illuminazione pubblica (Landella); 2 corruzioni da 32mila euro (Landella, Di Donna, Leonardo Iaccarino, Iacovangelo, Capotosto, Tonti e la “Coer”, in relazione al voto in consiglio comunale cui era interessato Tonti ) e 20mila euro (Iaccarino, Melfi e Landini per la liquidazione di un pagamento a favore di un’azienda della moglie di Landini, estranea all’inchiesta, fornitrice di fitofarmaci all’azienda “Masseria Giardino” del Comune); istigazione alla corruzione da un milione, ancora legata all’appalto per l’illuminazione pubblica (Landella e De Carlo); tentata induzione indebita da 20mila euro (Iaccarino e Capotosto in relazione alla somma che sarebbe stata chiesta per il riconoscimento di un debito della cooperativa “San Giovanni” estranea all’inchiesta); peculato e tentato peculato per l’acquisto andato in porto o fallito di merce varia e del valore complessivo di poche migliaia di euro comprata con soldi pubblici destinati alla presidenza del consiglio e destinata a privati. Tranne Iaccarino che confessa una delle due corruzioni (la presunta spartizione della tangente di 32mila euro), gli imputati si dicono innocenti.
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