«Fuori i fascisti dalla piazza»

«Fuori i fascisti dalla piazza»


ANCONA – Doveva essere il giorno dedicato a chi, per garantirci la libertà ha sacrificato la propria vita. E invece, volente o nolente, il 25 Aprile 2025 ad Ancona è diventato il giorno delle polemiche. Al centro di tutto la sobrietà richiesta dal consiglio dei Ministri per Festa della Libertà e relative cerimonie, a causa del lutto nazionale indetto per la morte di Papa Francesco. Un provvedimento sin troppo generico che ogni autorità locale ha attuato ascoltando le disposizioni giunte dai Prefetti i quali a loro volta hanno fatto il possibile per giungere a una soluzione logica. Però, come era facilmente prevedibile, tutta questa fumosità è andata a creare dubbi, sospetti, incomprensioni e divisioni di ogni tipo.

Così in piazza Cavour, dove erano in programma i discorsi di sindaco e rappresentante Anpi, prima un folto gruppo di presenti ha iniziato a contestare la fascia tricolore in quanto autorità espressione del centrodestra, proprio come il Governo nazionale. «Fuori i fascisti dalla piazza» è stato il coro più ripetuto, prima e durante la gran parte del discorso di Daniele Silvetti. Poi, lo stesso primo cittadino dorico, a metà del suo discorso tutto incentrato sull’antifascismo e i valori della Costituzione, ha fortemente criticato il modo di fare adottato dal Governo in questa occasione: «Ritengo un grave errore – ha detto il sindaco – aver voluto oggi limitare l’espressione di questa manifestazione». La frase riesce nell’intento di placare in buona parte gli animi di chi stava contestando e strappa applausi dalla gran parte dei circa mille presenti. «Credo che sia stato estremamente grave – ha poi proseguito – aver taciuto e aver dato responsabilità ai sindaci di dovere in qualche modo interpretare un messaggio mal espresso dalle istituzioni sopra di me. Troppo spesso i sindaci sono lasciati soli di fronte a delle responsabilità che non guardano la destra e la sinistra». Poi un messaggio diretto a tutti i presenti «Dico al popolo anconetano di diffidare da chi cerca di strumentalizzarvi in un modo o in un altro perché non è questo il momento di fare politica, ma di celebrare il sacrificio di chi ha sacrificato la propria vita per giungere alla Liberazione del 25 aprile». Alla fine quindi la contestazione è rientrata in gran parte nei ranghi grazie alla presa di distanza del sindaco dal provvedimento del Cdm. A infastidire Silvetti, a quanto risulta, è stato anche il fatto che poco prima, durante la Cerimonia al Monumento ai caduti al Passetto, gli è stato impedito all’ultimo di leggere il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a quanto pare sempre per sobrietà.

Giunto poi in piazza Cavour, dopo aver percorso tutto il viale della Vittoria con il corteo, una fetta dei presenti lo ha sommerso di cori e contestazioni sin dalla prima frase: «Cari concittadini e care concittadine buongiorno a tutti». Una situazione paradossale, tanto che la presidente provinciale dell’Anpi Nicia Pagnani, sul palco con lui, ha tentato una strenua difesa: «La democrazia è anche ascolto poi potete protestare» ha detto urlando al microfono, ma non c’è stato niente da fare. Silvetti si è così stretto a sé per trovare la forza di andare avanti e farsi sentire da tutti: «Saluto e ringrazio l’Associazione nazionale partigiani d’Italia e la presidente Nicia Pagnani per la collaborazione e la co-programmazione di tutti gli eventi in programma in questi giorni. Saluto tutto il popolo anconetano che è qui per celebrare il 25 aprile. Questo giorno – ha proseguito non senza difficoltà – è molto importante per noi, è l’ottantesimo anniversario non solo per celebrare un fatto storico, ma per riaffermare i valori della libertà, della democrazia, del pluralismo e dell’antifascismo» e «per noi questa è una cosa fondamentale che vogliamo riaffermare. Perché quella è la forma di patriottismo che riconosciamo. Con questi valori e contro quelle che sono le nuove forme di imperialismo politico, militare e finanziario». Ancora a fatica, ma Silvetti è andato avanti: «La ‘guerra mondiale a pezzi’, così come l’aveva definita Papa Francesco, sta dilaniando i popoli, non solo della Palestina e dell’Ucraina che sono sotto le bombe, ma sta anche dividendo l’opinione pubblica, la società civile del nostro Paese e dell’Europa». Pertanto «sono qui non solo per interpretare un ruolo istituzionale. Sento per davvero il significato di celebrare l’ottantesimo anniversario dalla liberazione dal nazifascimo. Lo ritengo assolutamente fondante. Ce lo hanno insegnato i padri fondatori che hanno scritto la Costituzione sulla quale ho giurato ho assunto l’incarico di sindaco. Credo fortemente nella collaborazione con le associazioni, gli uomini e le donne che oggi hanno voluto manifestare».

Poi, come detto, rientrata in ampia parte la contestazione, il discorso del sindaco è proseguito con molta più scioltezza: «Abbiamo voluto dopo molti anni ripristinare il luogo dedicato alla resistenza e che sta al Pincio e che abbiamo fortemente voluto restituire alla città anche per momenti come questi. Arriverà un momento in cui sarà possibile per tutti, nessuno escluso in questa piazza, poterla celebrare al Pincio visto che questa volta non è stato possibile». Infine «Grazie ancora all’Anpi per aver dato la possibilità anche a noi, con cui c’è un’appartenenza politica differente, di poter celebrare assieme un messaggio unico di libertà, unione, unificazione e coesione sociale con cui lavoriamo ogni giorno assieme ai volenterosi e a chi non strumentalizza occasioni come queste per fare politica».

«Fuori i fascisti dalla piazza»Nicia Pagnani, presidente provinciale dell’Anpi, ha anzitutto letto il messaggio che Sandro Pertini lesse alle 8 del mattino del 25 aprile di 80 anni fa alla radio per chiamare all’insurrezione tutte le forze partigiane, i patrioti e la società civile, per poi affermare che «Il 25 aprile è una giornata di festa per gli antifascisti che si erano opposti al regime, alcuni sin dagli albori, e per questo erano stati picchiati, torturati, esiliati, purgati e uccisi». Antifascisti che «dopo l’8 settembre del 1943 avevano imbracciato le armi per porre fine al fascismo e al nazismo. Antifascisti che il 25 aprile 1945 hanno reso l’Italia un paese libero. È grazie a loro se l’Italia, pur avendo perso la guerra, non è stata trattata come nazione sconfitta come accaduto alla Germania». Però «Il 25 aprile è anche la giornata istituzionale che fonda la Repubblica italiana per come la conosciamo oggi: democratica, antifascista e che affonda le proprie radici in quella Costituzione che nasce proprio dalle ceneri della guerra di Liberazione ed è impregnata del sangue di chi è caduto per la libertà». Una Costituzione che «per la prima volta pone al centro dello Stato la persona in quanto tale, titolare di diritti inalienabili e inviolabili. Sancisce l’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini e delle cittadine che pone il voto come diritto e dovere in quanto strumento di partecipazione politica fondamentale che deve essere esercitato con coscienza».

A quanto pare però il passato poco insegna: «Sono passati ottanta anni da quel 15 aprile – è sempre Nicia Pagnani a parlare – e ci troviamo a vivere un tempo che ci sconvolge. Ci sconcerta che si sia tornato a parlare di guerra come se fosse il modo normale e legittimo per risolvere le questioni. Quanto sta accadendo a Gaza è vergognoso. Stiamo assistendo allo sterminio del popolo palestinese nel silenzio delle istituzioni e nell’indifferenza della maggior parte del mondo civile. Il cessate il fuoco è fondamentale e il riconoscimento dello Stato di Palestina è imprescindibile. Più di 3 anni di guerra russo-ucraina ci hanno dimostrato l’inutilità di uccidersi a vicenda e la necessita che le istituzioni europee e internazionali siano protagoniste serie e responsabili, memori di essere nate anche loro dopo la fine della seconda guerra mondiale allo scopo di trovare soluzioni diplomatiche e pacifiche alle eventuali situazioni complicate che si fossero potute venire a creare tra i popoli». Un tema che lascia spazio agli scenari più cupi: «La situazione è spaventosa e la corsa al riarmo è folle e pericolosa, oltre che costosa e non è utile a nulla se non a far tornare la guerra nelle nostre vite e nei nostri paesi». Per questo «citando Papa Francesco, che è stato uomo di pace coraggioso, diciamo che anche noi non vogliamo più “echi di morte” come ha detto il giorno prima di venire a mancare. Ci chiediamo però se le parole di cordoglio che stiamo ascoltando da giorni si concretizzeranno in azioni coerenti o se rimarranno ipocrite parole vuote».

Infine «il ritorno dei nazionalismi, dei fascismi, dei razzismi, gli attacchi alla democrazia ci fanno orrore. Credevamo di essere riusciti a debellare questi concetti 80 anni fa. Evidentemente ci sbagliavamo. Siamo poi tutti vittime dell’impoverimento dei popoli e della mancanza di lavoro. E anche le morti sul lavoro esprimono numeri da guerra. Ci dovremmo occupare molto di più degli ultimi al fine di farli essere sempre più parte di un vero Sistema Stato. Chiediamo quindi – conclude la presidente provinciale dell’Anpi – che la costituzione venga pienamente attuata e non riformata. È tempo di resistere e quindi viva la resistenza, viva l’antifascismo, viva il 25 Aprile». Fine del discorso. Applausi, abbracci, foto e tutti a casa. Che giornata.

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www.anconatoday.it è stato pubblicato il 2025-04-25 16:51:00 da


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