Un collegio femminile in Italia all’alba del 1800, durante l’Ancien Régime, un gruppo di ragazze che sognano una vita fuori da quel collegio riunendosi nottetempo, di nascosto, attorno a un pianoforte, al lume di candela, sfidando una società che permette alle donne di suonare, ma che percepisce come un oltraggio il fatto che possano comporre. Gloria!, uscito nelle sale italiane ma già in gara per l’Orso d’oro a Berlino, rappresenta l’esordio alla regia di Margherita Vicario, romana classe 1988, attrice (I Cesaroni, To Rome with Love) e cantautrice, tra le più interessanti firme del circuito musicale indipendente. La sua pellicola non poteva essere più schietta, una precisa metafora della situazione delle donne nella musica di oggi, una storia che inevitabilmente, in quanto musicista l’ha coinvolta. «Attraverso la protagonista – racconta a Open – ho messo in scena i miei processi creativi, l’idea che ho io della musica, che per me è un rifugio, una consolazione». Il tutto senza mai cedere alla tentazione del femminismo come forma di vezzo: «Quando pubblico un disco o una canzone – prosegue infatti – ho a che fare spesso con degli interlocutori che, invece di chiedermi qualcosa sul disco o la canzone, mi chiedono subito cosa ne penso delle donne nella musica, come se adesso vada un po’ di moda fare la polemica. Allora mi ero un po’ rotta perché è una situazione che esiste in ogni ambito, io non ne faccio una questione ideologica, ne faccio una questione puramente statistica. Il film nasce dall’esigenza di rispondere a quella domanda».
Le scelte di regia
Una risposta che viene trovata partendo da lontano, da una storia vera, quella delle orfane che in Italia, negli istituti assistenziali femminili, ai tempi, ricevevano un’altissima formazione musicale, e da una velleità creativa che, come spiega la stessa Vicario nelle note di regia, non poteva non esistere anche in loro, nonostante la situazione sociale, come è facile immaginare, estremamente avversa. Esordio dietro la macchina da presa misurato, si dribbla la classica foga dell’opera prima, quando si pretende di mettere sul fuoco tutta la carne disponibile, Margherita Vicario invece resta fissa sull’obiettivo. Tutto così è ridotto all’osso, quasi immobile, non a caso infatti la fotografia è evidentemente studiata come quella di un quadro antico, la luce è fioca aiuta a raccontare un contesto cupo ravvivato, salvato, solo dalla musica. Ecco, la musica in Gloria! avvolge tutto, rende i dialoghi sottofondo, sottotesto, sottinteso, a tirare avanti la storia sono gli sguardi, i silenzi, da leggere esattamente come pause su uno spartito musicale. Dade, coautore e producer storico di Margherita Vicario, che ha cofirmato le musiche originali del film, ha scelto di rappresentare la fremente ma occlusa creatività di queste ragazze con una sorta di paradosso musicale. Infatti accanto alla musica di Maddalena Laura Lombardini Sirmen, l’unica orfana dei tempi le cui composizioni sono riuscite ad arrivare ai giorni nostri, nel film le protagoniste manifestano se stesse, le proprie aspettative di vita, i propri sogni, le proprie aspirazioni, i propri rimorsi, attraverso la leggerezza liberatoria del pop, creando un’affascinante distopia con l’ambientazione in costume. Pop come la splendida canzone originale del film, firmata naturalmente dalla Vicario e che si intitola Aria!.
Ottima la scelta del cast, che prevede Galatea Bellugi, Carlotta Gamba, Maria Vittoria Dallasta, Sara Mafodda e Veronica Lucchesi, che nasce come attrice ma è ormai conosciuta ai più come voce de La Rappresentante di Lista. Ed è proprio lei che a Open ammette un particolare coinvolgimento, come donna e come artista: «Sono una musicista e mi tocca particolarmente questo tema, condivido con Margherita un certo circuito musicale con determinate logiche che spesso e volentieri non sono giuste, sono sbilanciate e rischiano alle volte di essere molto scorrette. È sempre come se ci fossero poche caselle da riempire per noi musiciste, come se dovessimo dimostrare sempre di più di quello che sappiamo fare o presentarci esteticamente in un certo modo. Purtroppo esistono ancora questo genere di stereotipi, in questo senso c’è ancora molto su cui lavorare, veramente tanto. Con questo film gridiamo a gran voce, siamo un bel coro che dichiara delle cose e lo fa con intensità»
Diversi volti noti anche per quanto riguarda i ruoli maschili, troverete un bravissimo Paolo Rossi, impegnato in un ruolo drammatico di spessore, interpreta infatti il Maestro di Cappella che gestisce la piccola orchestra del collegio, chiamato ad una composizione nuova in vista dell’avvento di Papa Pio VII, ma in totale crisi creativa. A Open l’attore di Monfalcone racconta il motivo per cui si è convinto ad accettare questo ruolo così complesso: «C’è una storia in un’epoca in cui fai fatica a trovare belle storie. Mi pareva da subito che fosse una buona scommessa puntare su Margherita, perché era lucida, determinata, illuminante, quando l’ha proposto. Sembrava una esperta, una al suo quindicesimo film». Impressione confermata anche da Elio (degli Elio e le Storie Tese), che si concede per quello che è poco più di un cameo nel ruolo del bonario Romeo, e racconta: «A me ha convinto fin dal primo istante la sua convinzione, lei è sempre stata molto certa di quello che andava a fare».
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www.open.online è stato pubblicato il 2024-04-12 12:35:09 da Gabriele Fazio
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