CROTONE La Calabria ha tanti volti, in termini geologici, e tutti estremamente interessanti. Ce n’è uno, in particolare, che racconta la storia di un ritaglio di terra dove il tempo si è posato, invisibile, lasciandola intatta. Da qualche anno la scienza ne racconta la meraviglia. Siamo a Zinga, una piccola frazione del comune di Casabona, un posto dove il cielo sembra più ampio, il sole più forte e dove la natura si mostra in tutta la sua felice potenza. Qui, tra le gole della Valle del Vitravo, il Mediterraneo, milioni di anni fa, ha lasciato una parte di sé. Si è ritirato piano, come un gigante che si allontana, e lì, nel ventre della terra, il suo sale si è accumulato, trasformato, per poi riprendere un’altra vita.
Di quello stupefacente sconvolgimento naturale è rimasta la traccia in quel sale che si è fatto roccia, veri e propri fiumi di salgemma, alcuni solidificati, altri ancora “vivi”. Li chiamano diapiri salini: formazioni evaporitiche di superficie, rare e scintillanti, che si stagliano bianche come colonne e pareti di cristallo di una cattedrale mai costruita. Sono formazioni minerali che possiedono il primato in Europa per dimensioni ed estensione: in pochi chilometri se ne trovano molti esempi, almeno tre conosciuti, ciascuno con caratteristiche proprie. Per la loro rilevanza geologica, questo luogo è stato ufficialmente riconosciuto come Geosito dall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (Ispra) del Ministero della Transizione Ecologica, con interesse internazionale.
L’oro di Casabona
A guidarci in questo mondo è Mario Cimieri, geologo e profondo conoscitore della valle. Racconta del viaggio geologico e della trasformazione del sale, così come delle minuscole gocce d’acqua all’interno dei cristalli che contengono, a loro volta, piccoli resti del Mediterraneo antico: «I diapiri salini di Zinga – spiega Cimieri – hanno dato un grosso contributo alla scienza perché, grazie agli studi fatti dal professore Rocco Dominici dell’Università della Calabria, si è riusciti a risalire alla salinità e alla temperatura del mar Mediterraneo di 5,6 milioni di anni fa. Questo perché all’interno di queste rocce, forse in alcuni punti anche visibili, si trovano vere e proprie gocce di mar Mediterraneo risalente a quel periodo, al cui interno sono state trovate delle microalghe». Il periodo geologico cui si riferisce l’esperto è quello «della crisi di salinità del Messiniano, quando il mar Mediterraneo, a causa della chiusura dello stretto di Gibilterra, iniziò ad evaporare quasi completamente e quindi il sale iniziò a depositarsi, prendendo parte della Calabria e parte della Sicilia». Grazie alla collaborazione tra l’Università della Calabria e quella di Bergen, si è aperto uno studio per tentare di riportare in vita le microalghe e studiarle. Per secoli, il sale di Zinga è stata una risorsa ricercata. In epoche greca e romana, il fiume Vitravo era navigabile, e le piccole imbarcazioni potevano giungere fino a qui per caricare il minerale, l’“oro bianco” che assicurava la conservazione dei cibi e la ricchezza delle comunità. Fino agli anni Sessanta, l’attività estrattiva era sorvegliata dalla Guardia di Finanza – della quale resta ancora il rudere della loro stazione – ed evitavano il possibile contrabbando. Ancora oggi, alcuni abitanti della zona scendono a raccogliere il sale sostenendo che sia speciale, purissimo, perfetto per le conserve e gli insaccati. Non lontano dalla linea di costa, a decine di metri di profondità, ci sono riserve di idrocarburi, frutto di una delle trasformazioni geologiche che il sale regala. Oltre ai diapiri che sono su terraferma, infatti, c’è un’enorme «piastrone di sale che interessa tutto il bacino di Crotone – aggiunge Cimieri – ma anche parte del resto della Calabria fino in Sicilia, che viene perforato dalla società Eni, a largo di Crotone. Al di sotto di questo strato di sale ci sono altre due formazioni rocciose che contengono dei reservoir di gas metano, che viene tuttora estratto».
A tutto questo si aggiungono gli altri regali della natura. Ogni anno, in primavera, arriva il Capovaccaio, un avvoltoio raro che i locali chiamano “la Pasqualina”, perché è proprio nel periodo pasquale che viene a nidificare tra queste rocce. Di recente, anche una coppia di rare cicogne nere ha trovato rifugio nelle gole del Vitravo. E nei mesi più freddi, scendono perfino i lupi della Sila che non si vedevano a valle da almeno sessant’anni, attratti dai cinghiali. Cimieri, guarda questa valle e la sente come un luogo rimasto intatto, un equilibrio naturale che pochi paesaggi conservano. Non è solo una questione di geologia o di natura; qui c’è un’interezza che racconta la biodiversità con una precisione sbalorditiva, e rende la valle di Zinga un prodigio unico da studiare e tutelare. ([email protected])
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Leggi tutto l’articolo I diapiri di Zinga, l’oro bianco di Casabona – VIDEO
www.corrieredellacalabria.it è stato pubblicato il 2024-11-03 08:03:20 da Redazione Corriere
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