I magliari della tratta dei migranti capaci di farli arrivare in Is…



Mentre si litiga sulle politiche dei migranti con centri vuoti in Albania sorvegliati da 100 agenti, 12 disperati che vanno avanti e indietro nell’Adriatico, e c’è una bufera sulla mail di un magistrato che finisce sui social della premier, ci sono magistrati e polizia giudiziaria che in silenzio lavorano per anni in un’indagine molto minuziosa come quella che ha sgominato in Calabria una rete di secondo livello composta da 13 persone in larga parte irachene ma anche afghane, bengalesi e pakistane.  Perché puoi anche gridare al mondo che i trafficanti di uomini li vai  a cercare in tutto il globo terracqueo ma se non segui un metodo non prenderai mai nessuno.
L’operazione Levante è figlia di metodo e pazienza e la Dda di Catanzaro e i molti poliziotti impegnati nelle indagini ne hanno dimostrata molta per intercettare numerose prove del gruppo di stranieri che si erano acquartierati in Calabria, in prevalenza a Crotone, per reclutare e offrire servizi illegali a migranti del centro Cara di Isola Capo Rizzuto bisognosi di raggiungere la loro destinazione finale dei viaggi della speranza in tutta Europa, considerato che l’Italia è terra di approdo e transito dove i migranti non hanno il più delle volte necessità di restare. Gli arrestati sono persone non di prima fila. Da un’intercettazione si ricava che il loro capo quando ha iniziato il suo sporco lavoro non aveva neanche i soldi per comprarsi le sigarette mentre ora da qualche anno si assicurava un guadagno di circa 65.000 euro l’anno come un dirigente della pubblica amministrazione italiana.

Mediatori di servizi illegali

Capaci di prendere i soldi dai malcapitati e assicurare loro trasferimenti con bus, treni e automobili, anticipare denaro e governare la logistica affidando i clandestini soprattutto ai passeur in Francia. Bravi gli investigatori a far partire l’inchiesta dalla denuncia di un interprete curdo che aveva ricevuto minacce da parte dei tipacci. E ancora più bravo l’interprete a rivolgersi alla Giustizia.  Con pedinamenti e appostamenti si sono seguiti i soldi che passano attraverso la modalità dell’hawala. È questo un trasferimento anomalo di denaro basato sulla credibilità e l’appartenenza identitaria e religiosa che coinvolge appartenenti ai diversi gruppi etnici musulmani nei paesi di origine e in quelli di emigrazione. Di solito ha queste modalità. Un cliente o il trafficante avvicina un ḥawala in una città e gli consegna una somma da trasferire ad un destinatario che si trova in un’altra città, di solito straniera. Il broker  chiama un suo omologo presente nella città del destinatario, dà delle disposizioni sui fondi prendendo una commissione e promette di saldare il debito in una data successiva.

Da Crotone la rete aveva tre vertici di contatto e smistamento del denaro

Il più attivo un negozio alimentari di Ventimiglia sul confine francese, simile anche un market allocato nella suburra di via Volturno a Roma e un negozio di telefonini situato vicino alla stazione di Milano in via Scarlatti. Interessante il dato su quest’ultimo luogo della rete che abbiamo riscontrato avere delle recensioni in inglese su Google di questo tenore. Scrive tale Muhammed Sahil, «buon negozio e buon lavoro e le persone che lavorano in questo negozio sono così gentili e ti accolgono in modo gentile, soprattutto il signor Alagmgir è un uomo simpatico che aiuta i poveri». Alagmir dovrebbe essere il proprietario dell’attività colpito come gli altri due suoi colleghi di Roma e Ventimiglia da sequestro preventivo dall’autorità giudiziaria.
Dall’ordinanza contenente intercettazioni telefoniche e conversazioni WhatsApp si ricava che i trafficanti, per quanto orientati soprattutto a viaggi in Francia e Germania, erano in grado di avere contatti di approdo fino all’Islanda, non disdegnando neanche Bosnia e isola greche di grande transito come Igoumeniza. A leggere le conversazioni la Svizzera risulta più ferrea nei controlli mentre la Francia molto più sbracata dell’Italia nonostante i pattuglioni di Ventimiglia che ogni tanto fanno un po’ di rumore.
I magliari mediorientali cercano luoghi, acquistano biglietti, trovano auto per piccoli gruppi, raramente prenotano qualche albergo. Dotati di luciferina intelligenza sono in grado di spostare il punto di partenza da Crotone verso un bus in partenze da Castrovillari per poter raggiungere Milano e poi scegliere il prossimo punto d’arrivo. Le cifre di servizio sono modeste rispetto al “biglietto” via mare ma necessari a far gruzzolo sui bisogni e i desideri dei profughi.  Si sta indagando anche su documenti falsi iracheni che la piccola organizzazione affermava di poter garantire. Ingranaggi del grande meccanismo trafficante che ha le sue sedi occulte in Turchia e Grecia e sta al riparo da ogni danno. Unica eccezione nelle carte inchiesta un riferimento di un indagato ad un ricco residente in Turchia che vuole comprare una barca per entrare nel redditizio business. Solo un indizio che sicuramente non sarà lasciato al caso.  

L’ennesimo tassello di una lotta ai trafficanti difficile e complicata

Servirebbe un coordinamento internazionale investigativo da parte dell’Europa per arrivare a recidere la testa di un Drago che assomma guadagni incredibili schermato da chi opera nei porti turchi e in diversi città d’Europa. Nonostante le difficoltà non si lascia nulla di intentato. Una settimana fa in carcere sono stati individuate 6 egiziani arrivati in Calabria con una nave dalla Libia nel marzo del 2023. Sarebbero gli scafisti, comandante e pilota della barca clandestina. 
È complesso cercare i trafficanti di uomini come ci ricorda il complesso caso di Maysoon Majidi, attivista iraniana accusata di essere una scafista e in carcere da molti mesi. Lei si professa innocente vanamente. Ma i trafficanti arrestati di ieri a quanto pare appartengono a tutta altra vicenda. ([email protected])

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www.corrieredellacalabria.it è stato pubblicato il 2024-10-22 07:00:07 da Redazione Corriere


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