I paesi europei che dipendono di più dalle importazioni di energia



In questi giorni è in corso a Baku, in Azerbaijan, la ventinovesima conferenza delle parti (Cop29), l’appuntamento annuale nel quale si discute lo stato degli impatti dei cambiamenti climatici e si definiscono gli impegni che ogni stato si assume per contrastarli. In particolare, al centro delle discussioni ci sono le questioni legate alla produzione e al consumo energetico degli stati aderenti alla conferenza, elementi su cui ha insistito anche l’intervento del governo italiano. D’altronde, tra i grandi paesi dell’Unione europea, l’Italia è uno di quelli che dipende di più dall’importazione di energia, sebbene questo sia un aspetto che riguarda tutti i paesi membri.

La creazione di un mix energetico sostenibile che permetta un sostegno costante ai consumi è una necessità impellente, non soltanto per quel che riguarda l’impatto sull’ambiente ma anche per evitare gli effetti di possibili instabilità geopolitiche che possono avere delle ricadute sulle importazioni di fonti fossili, come è stato per il caso della guerra in Ucraina. In questo quadro è importante comprendere, attraverso i dati disponibili, in che direzione sta andando il vecchio continente.

La dipendenza energetica

Ogni paese ha il proprio fabbisogno energetico. Questo viene rappresentato all’interno dei bilanci energetici europei dalla variabile dell’energia lorda. Per valutare quanto uno stato riesce con la propria produzione a gestire i consumi, si calcola il tasso di dipendenza energetica, che mette in relazione le importazioni nette (ovvero la differenza tra importazioni e esportazioni totali) e l’energia lorda. Questo numero, espresso in percentuale, dà un’idea generale di quanto uno stato dipenda dalle importazioni.

Se si ottiene un valore negativo, vuol dire che il paese è un esportatore netto di energia mentre se è positivo significa che è dipendente dalle importazioni. Un numero superiore al 100% indica invece che il paese sta accumulando i prodotti energetici.

Prima di entrare nel dettaglio dell’indicatore, è però utile fornire alcune informazioni di contesto. Stando ai dati Eurostat, in Unione europea, l’ammontare totale di energia lorda era nel 2022 pari a 58.461 petajoule. Si rileva un calo rispetto all’anno precedente del 4,5%. In particolare, è diminuito il fabbisogno di gas naturale (-13,3%). Si tratta di una diminuzione legata principalmente alle tensioni tra Russia e Ucraina, anche se il gas rimane la seconda fonte del mix energetico, dietro a petrolio e prodotti derivati. Un aspetto rilevante riguarda il fatto che le fonti rinnovabili sono in crescita, sorpassando i combustibili fossili solidi (come il carbone) dal 2018.

Per quel che riguarda invece importazioni ed esportazioni, nel 2022 ammontavano rispettivamente a 54.488 petajoule e 17.909 petajoule. Il continente registra un calo della produzione primaria di energia, al quale segue un incremento delle importazioni di prodotti energetici. Un aspetto che si riflette anche sull’indice di dipendenza energetica.

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FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(consultati: martedì 12 Novembre 2024)

Negli ultimi dieci anni più della metà del fabbisogno energetico europeo è stato coperto dalle importazioni. Scendendo nel dettaglio, la percentuale è in aumento fino al 2019 (60,5%) per poi calare tra 2020 e 2021 fino al 55,5%. Nel 2022 si registra invece un ulteriore aumento, raggiungendo il 62,5%.

È possibile analizzare il dato a livello di singola fonte energetica. Nel 2022, la domanda europea più alta riguardava il petrolio e i derivati, raggiungendo i 21.523 petajoule. Le importazioni per questo tipo di prodotti ammontano al 97,7%. Per quel che riguarda il gas naturale, la domanda (pari a 12.324 petajoule) viene coperta da importazioni per il 97,6%. Parlando invece di fonti fossili solide, le importazioni coprono il 45,8% della domanda. Bisogna comunque puntualizzare che sia la produzione domestica che la domanda interna per questo ultimo tipo di prodotti è in calo.

GRAFICO

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(consultati: giovedì 14 Novembre 2024)

I primi tre stati europei che dipendono maggiormente dalle importazioni sono Malta (99%), Cipro (92%) e Lussemburgo (91,3%). Tuttavia, parliamo in tutti i casi di paesi di dimensioni molto ridotte. Subito dopo, invece, si trovano Paesi Bassi (80,3%), Grecia (79,6%) e Italia (79,2%). Sono in tutto 19 i paesi in cui le importazioni nette coprono più del 50% della domanda. Sono invece caratterizzati dall’incidenza minore Romania (32,4%), Svezia (26,8%) e Estonia (6,2%).

Il quadro complessivo quindi è quello di un continente che dipende ampiamente dalle importazioni energetiche, in particolare per i combustibili fossili che ancora compongono una parte importante del mix energetico generale dell’Unione europea.

Risulta quindi importante compiere scelte concrete per direzionare sensibilmente la produzione domestica verso fonti rinnovabili, a partire dagli impegni che i singoli stati si potranno assumere nel contesto della Cop.

Foto: Arvind Vallabhlicenza


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www.openpolis.it è stato pubblicato il 2024-11-15 13:00:00 da Martina Lovat


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