La situazione politica al Comune di Palermo è attualmente segnata da una crisi interna alla maggioranza che sostiene il sindaco Roberto Lagalla. La controversia è esplosa a seguito degli attacchi di Davide Faraone, capogruppo alla Camera di Italia Viva, contro il governo regionale di Renato Schifani, che hanno causato un effetto domino. I partiti di centrodestra, inizialmente Forza Italia e poi anche Fratelli d’Italia, Nuova DC e Lega, hanno chiesto una verifica di maggioranza, in particolare esprimendo disappunto per la presenza di Italia Viva nella coalizione, pur se formalmente “camuffata” all’interno della lista civica del sindaco.
Al centro del dibattito c’è la figura dell’assessore ai Lavori Pubblici, Totò Orlando, un renziano che Lagalla si rifiuta di rimuovere, difendendo la sua posizione e la continuità amministrativa. Lagalla ha infatti ribadito che Italia Viva non è formalmente presente né in giunta né in consiglio, e che gli uomini vicini a Faraone sono stati eletti all’interno della sua lista civica.
Nonostante le richieste della coalizione, Lagalla ha tenuto ferma la sua posizione e, in una riunione con i consiglieri, ha persino minacciato le dimissioni, sebbene la minaccia appaia più come una mossa provocatoria. Il sindaco ha difeso il lavoro di Orlando, ricordando i successi ottenuti, come la gestione del cimitero e delle opere pubbliche.
La questione è resa ancora più delicata dal fatto che all’interno della maggioranza ci sono altre tensioni su temi diversi, come la mozione sulle coppie omogenitoriali. Lagalla, pur essendosi schierato a favore della mozione, ha lasciato libertà di coscienza ai consiglieri, una posizione che ha provocato la divisione tra Lega, Fratelli d’Italia e altri partiti della coalizione.
In parallelo, i partiti di centrodestra chiedono una verifica politica non più rinviabile, minacciando di mettere in discussione l’unità della coalizione. Il rimpasto sembra inevitabile, ma Lagalla ha già anticipato che sarà un intervento globale e non focalizzato su singoli assessori, comprendendo anche le presidenze di commissione e le nomine del sottogoverno.
La crisi, pur non esplosa del tutto, evidenzia la fragilità della maggioranza e la difficoltà di Lagalla nel mantenere equilibri stabili tra partiti alleati e componenti locali legate a dinamiche nazionali.
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