Nuove rivelazioni bomba potrebbero sconquassare ulteriormente il castello criminale del clan dei montanari Li Bergolis-Miucci-Lombardone. Dopo le verità del pentito Matteo Pettinicchio, ex braccio destro del boss Enzo Miucci, stavolta a parlare è Matteo Lauriola, 34 anni, professione barbiere, secondo dei tre collaboratori di giustizia, l’ultimo è il viestano Giuseppe Stramacchia. Pentimenti giunti dopo il maxi blitz “Mari e Monti” contro il clan.
“Ho deciso di collaborare per dare un futuro diverso alla mia famiglia e dissociarmi dalla vita che ho condotto finora. Quella vita porta solo sofferenze, sono dispiaciuto per i reati commessi; è un mondo che non mi appartiene. Sebbene abbia cercato di uscirne mi hanno fatto intendere che, farlo, sarebbe stato rischioso per me, perché non mi avrebbero dato il loro appoggio. Avrei avuto contro sia i nemici che gli stessi appartenenti al mio clan. Mi hanno anche fatto intendere che, loro stessi, avrebbero potuto uccidermi“.
Lauriola, oggi in località protetta, ha spiegato di aver fatto parte del gruppo Miucci. “Per primo ho conosciuto Tommaso Tomaiuolo che già ne faceva parte. Poi ho conosciuto Antonio Miucci, figlio di Enzo, tramite Tomaiuolo, e dopo aver instaurato un’amicizia con lui sono entrato nel gruppo. Questo è avvenuto tra la fine del 2019 e gli inizi del 2020 a Manfredonia. Abbiamo iniziato a parlare di droga; io facevo il corriere. Prendevamo la droga dal quartiere San Samuele di Cerignola e la portavamo a Monte Sant’Angelo. A Cerignola andavamo io, Lorenzo Scarabino (cognato di Enzo Miucci, ndr) e Antonio Miucci. Prendevamo la droga, me la davano, la nascondevo sotto il sedile e poi tornavamo verso Manfredonia o Monte”.
Informazioni anche sulla successiva vendita: “lo stesso la passavo a Giuseppe Vitulano a Manfredonia. I quantitativi più cospicui li portavamo a Mattinata ad Antonio Battista che adesso è morto. Altre volte l’abbiano portata a Peschici a Michele Mongelluzzi. Scarabino e Miucci la davano anche ad altri spacciatori”.
Lauriola ha tirato in ballo varie persone ritenute vicine al clan: “Antonio Miucci e Lorenzo Scarabino per un po’ hanno interrotto l’attività di spaccio. Poi, dopo essere stati chiamati da Enzo Miucci, presero contatti con i Pesante. Fui io a contattarli insieme a Scarabino. Fu lui a parlare direttamente. I Pesante sono amici di vecchia data con Miucci, e Scarabino gli propose di tornare a fare di nuovo affari insieme. Loro si dissero d’accordo, ma non volevano spacciare su Manfredonia dove erano ancora presenti gli appartenenti all’altro clan (il gruppo Lombardi-Scirpoli-Raduano, ndr). Accettarono di occuparsi di Vieste ed altre località”.
E ancora: “I Pesante si misero in contatto con Roberto Prencipe e Michele Guerra e fecero un accordo. Di questo mi ha parlato Scarabino. La droga, materialmente, la portavano Marco Piemontese detto ‘Il re’, e Scarabino. Del gruppo, in quel periodo, facevano parte Enzo Miucci, Matteo Pettinicchio, che erano detenuti, Roberto Prencipe, Michele Guerra, Lorenzo Scarabino, Antonio Miucci, io, i Pesante, Marco Piemontese. Miucci e Pettinicchio comunicavano attraverso telefoni cellulari illegalmente detenuti in carcere. In una occasione ho acquistato un telefono a Manfredonia, un paio di giorni dopo l’arresto del padre. Lo usava Antonio per comunicare con lui”. Contatti per la droga anche con Foggia: “Ultimamente si rifornivano a Foggia da Mario Lanza“, ha rivelato Lauriola.
Affari con la città del Pizzomunno: “A Vieste potevano contare su Gianmichele Ciuffreda che aveva un’azienda di cavalli, che ho conosciuto in carcere dopo il blitz. Qui mi ha detto che fino a che era in vita Perna Gigi era stato nel giro della cocaina e a causa di alcuni problemi, aveva provato ad allontanarsi, ma non credo ci sia riuscito. In seguito, sempre su Vieste, c’era Cariglia“.
“So che Enzo prendeva il punto sulla droga portata a Vieste, almeno fino al 2022. I Pesante prendevano la droga, la maggior parte, da Sforza che é un fornitore di Cerignola. Poi Sforza fece un accordo con foggiani, ed in particolare con Emiliano Francavilla, amico fraterno di Enzo Miucci. I Pesante avrebbero potuto vendere la droga su Vieste, ma dovevano dare diecimila euro al mese a Miucci. Dell’accordo me ne hanno parlato Lorenzo Scarabino e Antonio Miucci. Fu Francavilla a parlare per conto di Miucci. I Pesante l’avrebbero portata a Cariglia e a Ciuffreda”.
Poi su Scarabino: “Lorenzo con me si confidava molto; si lamentava del fatto che suo cognato prendesse i soldi delle varie attività criminali e a lui non desse nulla. Una volta mi disse di aver portato ottomila euro a casa di sua sorella Marilina, moglie di Enzo. Questo accordo inizialmente fu rispettato, poi non più. Per i tre mesi estivi portarono solo ottomila euro, poi più niente”.
Non solo Marilina Scarabino, anche la madre di Claudio Iannoli, uno dei riferimenti del clan a Vieste, risulta indagata in “Mari e Monti”. Si tratta di Maria Gaetana Santoro detta “Nella”, citata da Lauriola: “Fino alla sua morte anche Gigi Perna ha fatto parte del gruppo di Miucci. So che appartenevano anche i cugini Claudio e Gianni lannoli. Quando andavamo al mare, la madre di Claudio, Nella, veniva con noi; andavamo al Paradiso Selvaggio a Vieste. In quelle occasioni parlava del figlio con la moglie di Enzo Miucci. A volte chiamavano in disparte anche Lorenzo Scarabino. So che a Claudio dovevano arrivare i soldi della droga, ma non ne arrivavano abbastanza tant’è che sua madre si lamentava del fatto che andava a fare le pulizie per mantenere il figlio in carcere. Del gruppo faceva parte anche Colangelo Libero, ma si occupava di armi ed era un uomo di fiducia di Perna. In seguito a delle frizioni sorte con alcuni appartenenti al clan Raduano, Prencipe Roberto ed i Pesante mandarono a sparare Danilo Notarangelo, Antonio Germinelli ed un altro ragazzo. Di questo fatto ne ho parlato con Lorenzo Scarabino. Inoltre, ho assistito ad una battuta fatta de Antonio Miucci a Marco Piemontese, quando gli disse che non erano stati buoni a fare quel lavoro. In quella occasione, Piemontese non negò, ma gli disse di parlare più a voce bassa per evitare che qualcuno potesse sentire”.
Tra gli interessi del clan c’era anche il settore delle estorsioni: “Con Lorenzo Scarabino abbiamo confezionato del messaggi di minacce ad alcuni imprenditori e li abbiamo consegnati ad Angelo Totaro. Con lui abbiamo diviso anche una estorsione di mille euro all’imprenditore che ha realizzato i lavori di rifacimento dell’asfalto davanti a casa di Miucci Enzo“.
Incalzato dai magistrati antimafia, Lauriola ha ricordato le pressioni sulla ditta Cosmic: “La Cosmic è la ditta che si è occupata del rifacimento della piazza e della villa di Monte Sant’angelo. Antonio Miucci e Lorenzo Scarabino andarono a chiedere se voleva metterli a lavorare come guardiani. Gli fu detto di no. Non accettarono questo rifiuto e ne parlarono con Enzo in carcere. Lui si arrabbiò. Inizialmente dissero di incendiare i mezzi ed incaricarono me. lo proposi di mettere dei proiettili, loro accettarono; pertanto misi delle cartucce di fucile che Lorenzo Scarabino mi diede dopo averle ricevute da Bisceglia Donato, il quale era consapevole di cosa avremmo dovuto farne. Al momento dello scambio io ero con Lorenzo. Erano due cartucce; mi procurai la benzina da un distributore di Macchia e la portai a casa di Lorenzo Scarabino. Una sera mi accompagnò lui stesso sul luogo dove misi le cartucce e la benzina ai piedi dell’escavatore. So che il titolare dell’azienda ha denunciato il fatto quindi fu deciso di incendiare i mezzi. Di ciò ne parlammo io, Dino Miucci (imprenditore edile e fratello maggiore di Enzo, ndr) e Lorenzo Scarabino durante una comunione. La richiesta era stata dapprima di 20-30mila euro in una soluzione unica e poi di 3mila euro al mese fino all’ultimo giorno dei lavori. Avremmo diviso io, Antonio Miucci, Lorenzo Scarabino, Enzo Miucci e Matteo Pettinicchio. A Bisceglia avremmo fatto un regalo per l’aiuto che ci aveva dato. Dino non avrebbe dovuto percepire soldi, ma era contento del fatto che avremmo dovuto incendiare i mezzi. lo ho provato a farlo ma non ci sono riuscito anche perché, mentre lo stavo facendo, vidi una macchina grigia e pensando che fossero i carabinieri, scappai. Rimasi una notte in una casa lì vicino dove buttai anche i vestiti che indossavo. Dino aveva dei contrasti con il titolare della Cosmic. Nel gruppo a decidere era Enzo“.
“Dino Miucci otteneva gli appalti grazie al suo cognome, ed era in concorrenza con il gruppo Cosmic. In caso di grandi estorsioni, Dino avrebbe ottenuto sicuramente una parte del provento. So che Raffaele Palena fu mandato da Dino Miucci a fare un’estorsione anche se non so dire chi ne fu il destinatario”.
Nel mirino anche un’autoscuola: “Titolare autoscuola Prencipe? So che Marco Piemontese lo ha picchiato facendogli chiudere l’autoscuola e facendolo andar via da Monte“.
E ancora: “Il nome di Miucci incuteva timore. Personalmente da quando sono entrato a far parte del gruppo ho goduto di trattamenti di favore da parte dei negozianti. So che i Pesante si servono da P. (noto negozio di calzature, ndr), con trattamenti di favore”.
Rivelazioni su alcune rapine che terrorizzarono Manfredonia pochi anni fa: “Il giorno della rapina vennero al salone, si prepararono e andarono a fare la rapina. Vennero due ragazzi, minorenni, portati da Antonio Miucci; non so quanti soldi abbiano preso, ma so che hanno accoltellato il proprietario. Tutte le rapine che venivano effettuate in quel periodo a Manfredonia erano per conto di Antonio; rapina a Tuppi, negozio di libreria, e Rubino ad un negozio di detersivi. Un’altra rapina l’ha commessa proprio Antonio a Deterpiù. In un’altra circostanza, lui ed un altro ragazzo sono stati fermati in prossimità della chiesa prima di compiere una rapina. La rapina alla Jenny Diffusion, organizzata da Antonio ma compiuta da altri ragazzi”.
“Attualmente del clan fanno parte Renzo Miucci, suo figlio Antonio, che attualmente ne fa le veci nel carcere di Lecce. Ha mandato a casa dei miei suoceri, la sera che ho manifestato la volontà di collaborare, Giuseppe Guerra, un suo sodale, per ottenere informazioni riguardo il mio conto. So che Giuseppe Guerra fu indicato a mio padre che era stato Antonio Miucci a mandarlo dai miei suoceri. Vi sono poi Matteo Pettinicchio, Lorenzo Scarabino e io fino all’inizio della collaborazione. Che io sappia Giulio Guerra e Libero Lombani, il primo già allontanato anni fa in quanto inaffidabile, hanno preso le distanze del gruppo. Vi sono inoltre Roberto Prencipe, alias ‘Piter’, Michele Guerra alias ‘Scarparill’, i fratelli Pesante, Marco Piemontese, Dino Miucci, quest’ultimo non riguardo alla droga, ma in riferimento ad altri avvenimenti del gruppo. Aggiungo che il soggetto si è recato per le condoglianze presso l’abitazione di Pasquale Ricucci (boss rivale detto “Fic secc”, ucciso nel 2019 dai montanari stando alle indicazioni di Pettinicchio, ndr). Anche Palena Raffaele era a disposizione del gruppo. Tommaso Tomaiuolo ha fatto parte del gruppo fino al 2017, anno in cui fu sparato. Tomaiuolo aveva da ridire circa il trattamento che il gruppo gli aveva riservato. Anche Giuseppe Silvestri, detto ‘l’apicanese’ (ucciso dal clan rivale nel 2017, ndr) era uno dei componenti del gruppo. Era un fidato di Renzo Miucci, l’unico che poteva permettersi di fumare in casa di Miucci. Ha avuto un ruolo nell’omicidio Vescera. Girolamo Perna, i cugini lannoli, erano anch’essi componenti del gruppo”.
“Sia Enzo Miucci che Matteo Pettinicchio ricevevano proventi dalle attività del gruppo. So che Miucci Dino cura il mantenimento carcerario di Caterino Giovanni (all’ergastolo per la strage di San Marco, ndr). So che di Silvestri Giuseppe fu pagato il vestito del funerale. È una cosa risaputa in tutta Monte Sant’Angelo. Simboleggiava l’appartenenza di Silvestri al gruppo. La stessa cosa avvenne per Perna”.
Leggi tutto l’articolo Il barbiere del clan svela i segreti dei montanari: affari, droga e racket. “Volevano uccidermi se lasciavo il gruppo̶
www.immediato.net è stato pubblicato il 2025-06-01 19:59:26 da Francesco Pesante
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