IMPRONTE DIGITALI PER COLD CASE



E’ costituito da una nanoparticella di diossido di silicio, un polimero organico derivante da gusci di insetti o crostacei e un colorante fluorescente. Ed ecco a voi un nuovo materiale, finissimo, impalpabile, che può rilevare impronte digitali difficili da trovare, anche ad anni di distanza. Insomma un nanomateriale utile agli scienziati forensi per far luce sui cold case, casi finora irrisolti. Lo hanno messo a punto i ricercatori del sincrotrone nazionale del Regno Unito, insieme all’università di Leicester, all’Università federale di Alagoas e alla polizia federale brasiliana.  
Nick Ross, ricercatore:  “Ci auguriamo di riuscire a ottenere impronte digitali che le polveri attuali, più grandi non riescono a ottenere, poiché con questo nuovo materiale  si possono catturare più dettagli con una porzione minima dell’impronta digitale” 
Le impronte digitali sono composte principalmente da oli naturali e da acqua, sotto forma di sudore. In determinate condizioni e con l’evaporazione anche le prove si dissolvono. Ma i test su questo nanomateriale dimostrano che si possono recuperare tracce piccolissime.
Robert Hillman, professore di chimica Università di Leicester: “con questa polvere si possono ottenere dettagli infinitesimali e un’immagine ad altissima fedeltà”. 
La polvere si attacca infatti su tante superfici diverse, tra cui metallo, plastica, vetro e oggetti più complessi come le banconote. L’aggiunta della fluorescenza, poi, aumenta ulteriormente il contrasto visivo tra qualsiasi impronta digitale e la superficie su cui si trova e consente di raccogliere le prove più rapidamente, sulla scena del reato, piuttosto che in seguito in un laboratorio. E’ passato più di un secolo dall’accettazione delle impronte digitali nei tribunali di tutto il mondo. Questa ricerca potrebbe aiutare a far luce su prove cruciali, rimaste finora invisibili .

 


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