In Capitanata cresce la gente di Cicogna bianca: il ripopolamento iniziato oltre 20 anni fa


BARI – Cresce e si consolida la gente di Cicogna bianca (Ciconia ciconia) in provincia di Foggia, dove ha cominciato a riprodursi grazie ad un progetto di ripopolamento iniziato oltre 20 anni fa e che ora ha portato alcuni esemplari anche nel territorio di Cerignola. Lo annuncia il Centro studi naturalistici onlus.
Il progetto di reintroduzione della Cicogna bianca in Puglia- spiega una nota – ha preso avvio nel 2004, quando esemplari provenienti dal Centro de Recuperacìon de Fauna Los Hornos de Sierra de Fuentes di Caceres (Spagna) furono allevati e riprodotti nelle voliere di acclimatamento e in seguito liberate. Questa iniziativa di conservazione della Natura rappresentava un ambizioso tentativo di riportare una specie simbolica che aveva caratterizzato per secoli i paesaggi della Capitanata.

La gente originaria, partita dalle aree umide del Lago Salso di Manfredonia – è detto ancora – ha gradualmente colonizzato il territorio circostante, dimostrando una straordinaria capacità di adattamento e riproduzione. Oggi si contano oltre 30 coppie nidificanti distribuite tra Manfredonia, Zapponeta, Trinitapoli, San Giovanni Rotondo e Cerignola, segnando un successo senza precedenti per la conservazione di questa specie in Italia meridionale. Particolarmente significativo è il recente insediamento di coppie nidificanti anche nel territorio di Cerignola (ben 4 coppie fra cui una nel contesto urbano), città il cui stesso nome, secondo la tradizione popolare, deriverebbe da “cichignola”, termine dialettale per indicare proprio la cicogna. Il 3 gennaio 1943, Vittorio Emanuele III concesse a Cerignola lo stemma comunale che raffigura una cicogna che uccide un serpente, riconoscendo ufficialmente il legame ancestrale tra la città e questo magnifico uccello. La leggenda narra che la città dovesse il proprio nome alla presenza storica di numerose cicogne che nidificavano sui tetti e sui campanili del centro abitato che salvarono i contadini dalle «serpi» che impedivano loro il lavoro nei campi. «Il ritorno della specie – conclude la nota – rappresenta quindi non solo un successo conservazionistico, ma anche il recupero di un elemento identitario profondamente radicato nella cultura locale».

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www.lagazzettadelmezzogiorno.it è stato pubblicato il 2025-05-31 14:12:57 da Redazione online


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