In Lombardia, in Valtellina, le più alte incisioni rupestri d’Europa. La Lombardia si conferma così come un vero e proprio libro di storia e di biodiversità a cielo aperto e si arricchisce di una nuova eccezionale scoperta: i petroglifi del Pizzo Tresero nel Comune di Valfurva (Sondrio) nel Parco Nazionale dello Stelvio.
Dalla segnalazione del 2017
Una scoperta che nasce dalla segnalazione, nell’estate 2017, da parte dell’escursionista comasco Tommaso Malinverno alla Soprintendenza, della presenza di alcuni segni incisi su una roccia ai piedi del ghiacciaio del Pizzo Tresero, a 3.000 metri di altitudine. Si tratta di incisioni rupestri databili alla Media età del Bronzo, tra 3.600 e 3.200 anni fa. A questa scoperta si ‘associa’ la notizia, diffusa il 13 novembre, di un ritrovamento paleontologico nel Parco delle Orobie Valtellinesi. Nello specifico, un ecosistema fossilizzato 280 milioni di anni fa e risalente all’ultimo periodo dell’era paleozoica.
In Lombardia le incisioni rupestri più alte d’Europa
La scoperta e gli studi sono stati presentati, a Palazzo Lombardia, dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana; dall’assessore regionale a Enti locali e Montagna, Massimo Sertori; dal direttore del Parco dello Stelvio, Franco Claretti; dalla prorettrice dell’Università di Bergamo, Elisabetta Bani; da Sara Masseroli della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese; da Stefano Rossi, archeologo della Soprintendenza e da Stefano Morosini, dell’Università di Bergamo e consulente del Parco Nazionale dello Stelvio.
I petroglifi del Tresero
I petroglifi del Tresero sono una testimonianza della presenza di lunghissimo periodo dell’uomo nelle terre di montagna. Le incisioni sono collocate sopra il Passo di Gavia. E sono in stretto collegamento con i siti rupestri in Valtellina e in Valle Camonica, primo sito italiano a ottenere, nel 1979, il riconoscimento Unesco quale Patrimonio dell’Umanità.
Fontana: uomo oltre 3.000 metri già nell’Età del Bronzo
“Siamo di fronte a una scoperta di importanza molto rilevantissima – ha detto il presidente Fontana – perché si tratta dei graffiti rinvenuti, in Europa, alla quota più alta, a oltre 3.000 metri. Una notizia eccezionale che assume un valore scientifico e storico particolarmente rilevante e che rendono queste montagne lombarde ancora di più al centro dell’interesse non solo degli appassionati della materia, ma più in generale a tutti coloro che si recheranno in Valtellina per visitarle”.
Sertori: Parco libro ricco di storia e biodiversità
“Il Parco Nazionale dello Stelvio – ha detto l’assessore Massimo Sertori – è veramente un libro cielo aperto perché ogni giorno ci regala delle sorprese. In questo caso parliamo di ritrovamenti molto importanti. Questo è un ritrovamento eccezionale che testimonia la presenza dell’uomo ad altitudini così elevate anche in tempi in tempi molto lontani”. “Regione Lombardia continuerà a seguire questa scoperta con grande attenzione. È un ritrovamento che interessa l’area del Parco Nazionale dello Stelvio e che coinvolge tante università esaltando la ricerca scientifica anche sulle specie animali, sulla biodiversità e sulla natura del paesaggio”.
Caruso: scoperta di altissimo valore culturale
L’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso, ha voluto evidenziare come “questa scoperta abbia un significato fondamentale proprio in chiave culturale. Una notizia che ci consentirà di conoscere meglio il nostro passato, potenziare l’attrattività culturale delle nostre aree di montagna e di promuoverle per il futuro. Tutto ciò anche al di là dei già qualificati aspetti turistici”.
Franco Claretti (direttore Parco dello Stelvio): aumenta importanza storica dell’area protetta
“Allo già straordinario valore delle sue componenti ambientali e paesaggistiche, si aggiungono – ha rilevato il direttore del Parco Nazionale dello Stelvio, Franco Claretti – le testimonianze, per ora solo sfumate ma di grandissimo interesse e fascino, che ne fanno un territorio vissuto da millenni. Quello dei petroglifi del Tresero è solo un caso dei tanti filoni di indagine storica su cui stiamo lavorando assieme ai molti altri partner istituzionali. Un caso unico per le terre alte. Qui uomo e natura interagiscono e si plasmano l’un l’altro da sempre. L’idea della coesistenza affiora dalla storia profonda”.
Elisabetta Bani (Prorettrice Università di Bergamo): raccordo Ateneo-territorio
“Nell’analisi della scoperta – ha detto Elisabetta Bani, prorettrice dell’Università di Bergamo – c’è un ruolo di riflessione raccordo e rilancio nel caso dell’Università degli Studi di Bergamo è importante aver creato una serie di collaborazioni reticolari e saldamente legate con il territorio. Noi abbiamo anche un polo territoriale nella provincia di Sondrio. Ciò consente di allargare e riportare sul territorio le ricerche che vengono fatte”.
Stefano Morosini (Università Bergamo e coordinatore scientifico Parco Nazionale dello Stelvio)
“Il Parco Nazionale dello Stelvio – ha detto Stefano Morosini, docente dell’Università degli studi di Bergamo e coordinatore scientifico del Parco Nazionale dello Stelvio – non persegue solamente le sue importanti funzioni di tutela degli equilibri ecologici e delle peculiarità paesaggistiche, a garanzia e trasmissione alle generazioni future dei suoi straordinari habitat d’alta quota, ma svolge anche una serie importante di attività di tutela e valorizzazione del proprio patrimonio storico, archeologico e architettonico, in un’area montuosa di straordinario valore ambientale posta al centro delle Alpi che da millenni è abitata dall’uomo”.
Stefano Rossi (archeologo Soprintendenza)
“Il complesso di incisioni rinvenute al Tresero – ha dichiarato Stefano Rossi, archeologo della Soprintendenza – costituisce un contesto eccezionale di ricerca. E pone interrogativi fondamentali per la comprensione del complesso rapporto tra l’uomo e la montagna nel corso degli ultimi millenni. Si tende forse a pensare che l’alta montagna sia una conquista recente, fatta da alpinisti a partire dal secolo scorso, ma i numerosi rinvenimenti effettuati nei ghiacciai, a partire naturalmente dall’Uomo del Similaun, danno conto di una lunga frequentazione, iniziata nella preistoria, dopo la fine dell’ultima glaciazione. In questo senso, l’area del Gavia è un osservatorio unico e privilegiato. È una zona che consente di ripercorre a ritroso queste frequentazioni per oltre diecimila anni. La comunicazione di questa scoperta segue quella relativa all’ecosistema fossile rinvenuto in Val d’Ambria, a Piateda. Ciò a testimonianza della fortunata stagione di rinvenimenti che sta vivendo la Valtellina nell’ultimo anno”.
LA SCHEDA DELLE INCISIONI RUPESTRI PIÙ ALTE D’EUROPA
I petroglifi si concentrano su alcune rocce lisciate dall’azione dei ghiacci poste in posizione defilata lungo il margine occidentale del bacino del ghiacciaio, ai piedi di Punta Segnale. Le tecniche impiegate nella realizzazione delle incisioni e alcune caratteristiche nella composizione figurativa suggeriscono che i segni siano stati realizzati da mani diverse. E, forse, in periodi successivi. Le incisioni del Tresero si collocano quindi al confine tra due dei comprensori più ricchi di manifestazioni d’arte rupestre dell’arco alpino. Ovvero le rocce e i massi incisi camuni, patrimonio Unesco e ormai note a livello mondiale, e le altrettanto significative testimonianze valtellinesi, come la Rupe Magna di Grosio, tra le rocce incise più estese delle Alpi, o le statue-stele rinvenute numerose nell’area di Teglio.
Le tracce sulle rocce
Tracce dell’azione di erosione e di sfregamento causate dalla nuova avanzata del ghiacciaio, a partire da 3.000 anni fa, sono ancora visibili sulle rocce. E riguardano anche le incisioni, che presentano striature e risultano parzialmente cancellate. Ciò potrebbe far supporre che in origine i segni incisi fossero in numero maggiore. E che siano stati in parte cancellati dall’avanzata glaciale, che avrebbe risparmiato solo quelli posti in posizione più protetta. Se questa ipotesi fosse corretta, i petroglifi rinvenuti sul Tresero potrebbero essere quanto resta di un complesso figurativo più vasto- Una sorta di ‘santuario’ di arte rupestre. Una versione a piccola scala di quello riconosciuto fin dall’Ottocento sul Monte Bego, sulle Alpi Marittime, a oltre 2.000 metri di altitudine.
Parco Stelvio e Alta Val di Gavia
Questa scoperta conferma che il Parco Nazionale dello Stelvio e l’Alta Val di Gavia rappresentano un osservatorio unico e privilegiato per ricostruire l’interazione tra uomo e terre alte. Sulle domande che ruotano attorno al ritrovamento è in corso un articolato progetto di ricerca.
L’obiettivo è quello di ricostruire le modalità di occupazione del territorio e le strategie di sfruttamento delle risorse delle comunità umane in tutta l’area dell’Alta Valle di Gavia. Una zona nota per aver restituito tracce di frequentazioni molto antiche. L’esito delle indagini archeologiche condotte dal 2022 in diversi siti a breve distanza dal Tresero, alla Malga dell’Alpe, alla Grotta Cameraccia e al Lago Nero, ha infatti confermato che queste aree, oltre diecimila anni fa, furono percorse dai cacciatori mesolitici, che hanno lasciato le tracce di bivacchi e di postazioni per la caccia. E la Lombardia, anche come Regione, vuole conoscere di più e meglio il suo passato umano e quello delle sue montagne, uno dei preziosi tesori regionali.
Alcune delle foto allegate, relative alle incisioni e ai contesti paesaggistici delle scoperte, sono pubblicabili specificando che sono concesse gratuitamente dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese.
www.lombardianotizie.online è stato pubblicato il 2024-11-18 17:47:33 da Moreno Gussoni
0 Comments