DALL’ETIMOLOGIA ai simboli, di ieri e di oggi, l’Epifania chiude le festività natalizie. E ad Ascoli c’è anche una rua dedicata
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di Gabriele Vecchioni
«La Befana vien di notte/ con le scarpe tutte rotte» recita una filastrocca, ma chi è questa Befana che nella nostra città ha l’onore di avere una rua a lei dedicata? Una breve storia di questa signora e del perché la sua “venuta” è così attesa.
Dal dizionario sappiamo che il termine “befana” indica una «Figura immaginaria di vecchia brutta mal vestita, ma benefica, che nella notte dell’Epifania porta doni ai bambini scendendo dalla cappa del camino [definizione del Sabatini-Coletti, NdA]». La società del “politicamente corretto” consiglia di evitare il termine che nel linguaggio popolare si attribuisce a una donna non proprio attraente (“È ‘na bbefàna” si dice in dialetto); però, considerando l’aspetto positivo, si tratta di un personaggio benvisto.
L’etimologia sembra derivare da una voce della tarda latinità, epiphàniam, cioè “manifestazione” [della divinità]. La Befana si celebra lo stesso giorno dell’arrivo dei Re Magi e, come loro, porta doni; è una figura tipica del folklore del nostro Paese ed è la celebrazione conclusiva delle festività legate al Natale; si può affermare, scherzosamente, che con la sua scopa, spazza via tutte le feste di quel tempo.
La Befana è una figura mitologica legata, probabilmente, a riti propiziatori agrari dei popoli indigeni dell’Italia centrale (secc. X-VI AC) relativi al periodo solstiziale quando la scansione temporale in mesi e anni non era ancora in vigore, mutuata poi da Romani e “nobilitata” in manifestazioni più o meno rituali nelle celebrazioni del solstizio d’inverno e nei Saturnalia, con lo scambio dei doni (le cosiddette “strenne”, da Strenia, la divinità romana dell’anno nuovo).
La Befana “moderna”, la vecchia signora vestita di stracci e sporca di fuliggine (entra in casa passando per il camino!), sarebbe una raffigurazione simbolica dell’anno “vecchio” e i doni sarebbero di buon auspicio per quello “nuovo”. È una tradizione tipicamente italiana ma è simile ad altre, diffuse nell’Europa centro-settentrionale, celebrate dodici giorni dopo il Natale, con una vecchia dai capelli arruffati e malvestita che simboleggia il freddo e, anch’essa, l’anno che muore e con pupazzi di stracci che vengono bruciati in falò, dall’evidente simbologia purificatrice.
LA SCOPA – Anche il veicolo di locomozione della Befana, la scopa sulla quale vola (cavalcandola al contrario), ha una sua origine e simbologia: rimanda alla credenza antica di figure femminili misteriose che, per le dodici notti successive al solstizio d’inverno e guidate da Diana (dea della vegetazione), volavano di notte sui campi per favorire i futuri raccolti; per altri, è la ramazza con la quale spazzare via il tempo delle feste.
Una brevissima digressione sulla ricorrenza del numero dodici: nell’antichità romana, la morte e la rinascita della natura si celebravano durante la dodicesima notte dopo il solstizio invernale; il numero, inoltre, celebrava quello dei mesi diventati dodici dopo essere stati, per lunghissimo tempo, dieci (come ricordano i nomi degli ultimi quattro – dal settimo, Settembre, al decimo, Dicembre). La festa dell’Epifanìa (ricordiamo che è una festa religiosa di precetto, cioè “obbligatoria”) si celebra, già dai secc. IV-V, dodici giorni dopo il Natale.
LA CALZA – I doni per i bambini erano contenuti in un sacco che la Vecchia portava in spalla. Oggi, il sacco lo porta Babbo Natale (una figura che vedremo in un’altra occasione…) e la Befana porta la calza, un contenitore più adatto per i dolciumi, a lei associati: probabilmente deriva dal fatto che l’uso prolungato del sacco lo ha deformato, facendogli assumere la forma di una grossa calza.
Il fatto che la Befana porti doni è, secondo alcuni, una contaminazione culturale, un’associazione cioè con altri personaggi (i Magi e il già citato Papà Natale) che lo fanno. Alla Befana è associata anche la minaccia (raramente realizzata) di portare “cenere e carbone” ai bambini discoli; era una punizione simbolica, attuata con i resti dei falò rituali.
Infine, per quanto riguarda l’aspetto esteticamente poco gradevole della Befana, è facilmente spiegabile perché con l’avvento del Cristianesimo fu demonizzato tutto quello che riguardava la tradizione pagana, e la Befana lo era; in altre lingue il termine per identificare la Befana è proprio “strega”.
LA BEFANA OGGI – In epoca moderna, la Befana è sempre stata una festa associata ai doni. Durante il Ventennio, c’era la Befana fascista, un’occasione per donare regali ai bambini delle classi sociali svantaggiate. Fino alla seconda metà del Novecento, c’era la Befana dei vigili e altre regalie per i figli dei dipendenti di diverse attività. Oggi, è un’occasione di festa laica, con rappresentazioni di “befane volanti”: i figuranti si calano da palazzi o campanili, distribuendo caramelle e dolciumi.
Sono occasioni che richiamano migliaia di persone e che si tengono annualmente; nella nostra zona: ad Ascoli, le befane scendono dal Palazzo dei Capitani, nella centralissima Piazza del Popolo; a San Benedetto del Tronto, «Arecala la Befana da lu Campanò», a Piazza Sacconi del Paese Alto; a Fermo, la discesa è dal Palazzo comunale e a Campli, la Vecchia “cala” dal bellissimo campanile di Santa Maria in Platea…).
Nella Marche settentrionali, a Urbània (provincia Pesaro-Urbino) si celebra da decenni la Festa Nazionale della Befana, con manifestazioni e festeggiamenti che attraggono, anche qui, migliaia di turisti.
Come abbiamo visto, la Befana è vecchia perché simboleggia la fine di un ciclo: dopo il solstizio d’inverno, le giornate si allungano, il freddo si attenua e si aspetta la ripresa (della vegetazione): in altre parole, è una vera festa!
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www.cronachepicene.it è stato pubblicato il 2025-01-06 11:30:33 da Maria Nerina Galiè
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